L’Altare del Duca Ratchis
Ratchis, figlio del Duca di Cividale Pemmone, fu il sovrano che ascese al trono dopo la destituzione di Ildebrando: per un lustro fu Re dei Longobardi e Re d’Italia a partire dall’anno 744, e in seguito, per pochi mesi dal dicembre 756. Il suo regno venne caratterizzato da attriti e divisioni: pur cercando di sostenere la classe guerriera di rango inferiore, la sua politica pacifista nei confronti dell’Impero d’Oriente non fu condivisa e sostenta dalle caste aristocratiche e dai gruppi sociali delle classi elevate: a causa di forti pressioni, dopo aver firmato un trattato di pace con l’Esarcato d’Italia, entrò in guerra contro il Ducato della Pentapoli, occupando i territori della costa adriatica. Quando obbedì alla richiesta di Sua Santità Papa Zaccaria di desistere dall’intento, fu detronizzato a favore del fratello Astolfo. Ratchis decise allora di prendere i voti, e si ritirò a vita monastica nell’Abbazia benedettina di Montecassino, mentre Tasia e Ratruda, rispettivamente regina consorte e figlia del Duca, presero il velo presso il Monastero villese di Santa Scolastica. La fase artistica del tempo viene designata come “Rinascenza liutprandea”: i canoni estetici si arricchirono di elementi d’arte della civiltà romana e il fulcro della corrente fu la città friulana di Cividale, l’antica Civitas Forum Iulii, dove furono costruiti, nell’“area della Gastaldaga”, l’Oratorio di Santa Maria in Valle e il complesso episcopale del Patriarca Callisto, inseriti tra i sette luoghi del sito seriale “Longobardi in Italia: i luoghi del potere (568-774)”. Il Museo diocesano cristiano e del tesoro del Duomo cividalese conserva una preziosissima ara scultorea in pietra carsica, su cui è incisa un’epigrafe dedicatoria al Duca Ratchis; testimonianza artistica del Regnum Langobardorum scolpita intorno al 740, sui lati presenta a mezzo rilievo temi concernenti la tradizione cristiana: la visitazione della Beata Vergine Maria narrata da San Luca Evangelista, una Maiestas Domini circoscritta in una vesica piscis tenuta da un gruppo di creature celesti, la cosiddetta epiphanīa, cioè l’adorazione dei Magi riportata nel Vangelo di San Matteo Apostolo, e, secondo la tradizione liturgica, una fenestella confessionis con croci greche, ovverosia un’apertura avente funzioni funerarie. Le alterazioni dei tratti fisici dei personaggi sono volute e le astrazioni disarmoniche, procedendo per gradi, portano ad una percezione sacrale dell’opera: lo scultore si adegua al costume consuetudinario delle cosiddette proporzioni gerarchiche, dove le dimensioni dei soggetti maggiormente rilevanti hanno un formato superiore, e protende ad elidere gli spazi vuoti secondo la tradizione del tempo con croci e corolle. Le effigi in rilievo mancano di profondità: il tratto è a due dimensioni, e di conseguenza difetta di contrasti luminosi, tuttavia l’artista si esibisce in virtuosismi geometrici scolpendo nei visi piriformi trigoni nasali, globi oculari ovoidei e bocche flesse verso il basso. L’opera presentava decorazioni in oro, screziature, e argilla con polvere di vetro. La Maestà del Signore, nella parte antistante, è raffigurata con Cristo Pantocratore aureolato tra due spiriti celesti in una formella a mandorla, sovrastata dalla dextera Dei con figure decorative, il tutto sostenuto da quattro creature divine e rilievi abbassati di coripetali e fiori attinomorfi nei vuoti. A sinistra il Mistero della Visitazione ricorda, appunto, la visita della Madonna alla madre di San Giovanni Battista, Santa Elisabetta: motivi ornamentali, una teoria di arcate ed un palmizio, rispondono all’esigenza di riempire il vacuo. A destra la visita e l’adorazione dei Magi, episodio riportato nel Nuovo Testamento: Gesù Bambino è seduto sulle ginocchia della Vergine Maria, e sta prendendo un dono da uno dei Saggi d’Oriente, mentre uno spirito angelico in volo mostra il percorso da seguire e una figura orante staziona a destra della scena; schiacciati di dialipetali, un arbusto e corolle a simmetria raggiata completano lo spazio dello scenario. Sul retro una greca sinusoidale racchiude l’apertura attraverso cui sarebbero visibili le ipotetiche spoglie, due croci greche ed un emblema schematico penta stellato quale rappresentazione grafica del Chi Rho, l’Alfa e l’Omega dell’Apocalisse di San Giovanni Apostolo.