L’Estasi di Santa Teresa d’Avila
La Chiesa carmelitana di Santa Maria della Vittoria di Roma, costruita dal Maderno nei primi anni del XVII secolo, è la splendida cornice dell’Estasi di Santa Teresa d’Avila, meraviglioso gruppo scultoreo dell’artista partenopeo Gian Lorenzo Bernini, considerato tra i massimi esponenti della corrente artistico-culturale del Barocco. L’opera è stata realizzata in marmo pregiato proveniente dai giacimenti delle Alpi Apuane e fusioni a cera persa di leghe bronzee color oro: il monumento rappresenta uno spirito celeste che colpisce con uno strale la Santa spagnola Teresa Sánchez de Cepeda Dávila y Ahumad. L’artista dovette sicuramente trarre ispirazione dalle parole che la stessa Teresa di Gesù, Dottore della Chiesa, scrisse nella sua autobiografia, perché il gruppo scultoreo presenta un’alta conformità e una profonda aderenza con i contenuti delle memorie. La Beata è adagiata su una nube, e, centrata dalla saetta del messaggero divino, passa dalla sensibilità immanente all’esperienza trascendente: la contemplazione dell’ultraterreno, mediante l’esperienza mistica della transverberazione, la porta alle soglie della spiritualità ascetica ed intelligibile con conseguente perdita di coscienza percettiva, e così, priva dei sensi e delle forze, la Santa non ha più contatti con la realtà esterna ed è assorta in una visione edenica. L’abito della religiosa presenta virtuosismi scultorei nelle ondulazioni e nelle piegature: la dinamicità delle vesti sottolinea il pathos del mistero mistico e la tensione del momento lirico. Il Cardinale veneziano Federico Corner incaricò il giovane scultore napoletano, noto per il suo ecclettismo artistico e la sua raffinatezza estetica, di realizzare una cappella dedicata al suo influente Casato che vantava notabili di rilievo, autorità dogali della Serenissima e alti porporati di Santa Madre Chiesa. Bernini, che fu anche drammaturgo e scenografo, allestii un vero e proprio proscenio, un palco su cui l’azione è data dal gruppo scultoreo del fenomeno contemplativo: l’arco scenico del tabernacolo, realizzato seguendo un profilo arcuato, presenta la ricchezza decorativa e la beltà screziata del marmor lunensis, mentre l’illuminazione naturale è garantita da una vetrata ocra che, quale sorgente luminosa, colpisce la fusione a cera persa della panoplia dei raggi dorati. Il theatrum sacrum si rendeva necessario a causa dell’alto tasso di analfabetismo: era necessario dunque, all’epoca, trasmettere l’esperienza dell’intangibile e del divino attraverso le arti visuali. Nel rispetto della struttura teatrale, ai lati del “palcoscenico”, sono stati realizzati due palchetti che ospitano alcuni membri dell’aristocratica progenie: a destra sono rappresentati le Loro Eminenze Francesco, Federico, Andrea, e il giovannita Alvise, mentre a sinistra il 96° Doge della Serenissima Giovanni I e i Cardinali Federico, Francesco e Marco. Valenti collaboratori dello scultore partenopeo hanno contribuito alla realizzazione del capolavoro barocco, come l’artista romano Giacomo Antonio Fancelli e l’artiere elvetico Antonio Raggi, noto come “il lombardo”, mentre le decorazioni in stucco della volta furono eseguite dal pittore tifernate Guido Ubaldo Abbatini.