Fact Checking: il Molise esiste
“Ho studiato a lungo la geografia (…) dell’Italia, e sono giunto alla conclusione che il fatto che nessuno ricordi il capoluogo del Molise, il piatto tipico del Molise, una canzone popolare del Molise o perfino il dialetto di questa regione, si può spiegare così: il Molise non esiste”
Ok, sono già un po’ di anni che “Il Molise non esiste” spopola in rete e sulla carta stampata, l’ipotesi scanzonata e divertente della presunta inesistenza ha fatto sorridere molti, molisani e no, ed ha avuto il merito di serrare le fila di chi ha voluto contribuire ad inventariare, rivendicare, e per certi versi riappropriarsi, riscoprendolo, di un patrimonio storico, artistico, turistico, ambientale, enogastronomico, di grandissimo valore.
Ne sono sortite anche iniziative dal basso che sono riuscite a sfruttare la felice locuzione caricandola di valore identitario, altri ne ha tratto spunto per riflessioni che quasi sempre concludono evidenziando una insufficienza (non importa quale) degli stessi molisani.
È vero che il Molise non è sintetizzato in qualcosa di facilmente identificabile, ma è vero pure che l’assenza di un brand non può costituire, da solo, un limite. La popolarità e lo sviluppo di un territorio sono determinati da altri fattori, gli stessi che operano nel resto del Sud, ed è troppo disonesto caricare di responsabilità un popolo laborioso, generoso e avveduto come quello erede dell’Homo Aeserniensis.
Il torto maggiore è quello di una classe dirigente, soprattutto nazionale, rea di aver deliberatamente trascurato le esigenze di questa regione disinvestendo sull’esistente, trascurando il passato e saccheggiando pezzi importanti di futuro.
Lo hanno fatto per la scuola, settore nel quale il Molise conquista il primato nazionale negativo del taglio dei docenti e del personale ATA: in un decennio l’organico totale è passato da 1.823 a 1.329 con una perdita secca di quasi 500 posizioni. Ridimensionamenti che non hanno tenuto in nessun conto la complessità della scuola molisana, fatta di plessi sparsi in aree interne, ben diversa dalle realtà metropolitane e da quelle ad alta densità demografica.
Lo hanno fatto per la sanità, dove in piena emergenza è ipotizzato l’impiego di medici militari, con i sindaci di molti comuni sul piede di guerra in opposizione alla chiusura di alcuni reparti ospedalieri e dove si è dovuta registrare una contrazione di medici e infermieri pari rispettivamente al 31% e al 23%, mentre gli analoghi dati nel resto del Paese sono del 6,9% e 4,4%.
Lo hanno fatto per il sistema dei trasporti ferroviari, dove si è registrato uno dei più importanti cali di passeggeri d’Italia, -12%: da una media di 4500 al giorno del 2011 si è passati a neanche 4.000 nel 2018, un dato che va di pari passo all’aumento delle tariffe (+9%) e al taglio dei servizi che nello stesso periodo è stato del 33%. E per non farci mancare niente: la Campobasso-Roma figura ancora nella top ten delle dieci tratte peggiori d’Italia; e il collegamento con il mare è stato cancellato, così i treni che da più di 130 anni collegavano Campobasso con Termoli, puff!, non ci sono più.
Il tutto in una regione completamente priva di aeroporti, i più vicini dei quali sono quelli di Napoli, Bari e Pescara, distanti tutti oltre le due ore di macchina (senza soste e traffico permettendo).
Quando si tratta di tagli e risparmi i decisori pubblici dimostrano di conoscere bene quali sono le caselle degli outlook relativi al Molise, ne deriva la prova inconfutabile che Il Molise esiste! Anche se i suoi incantevoli borghi restano appartati, anche se le pignate di fagioli di Riccia le conoscono in pochi, anche se sulle sue qualità non è abituato a metterci il bollino blu.