Pino Aprile convoca gli Stati Generali del sud alla Grancia
In questi giorni di confusione politica nazionale, i CDS hanno lanciato l’idea di un incontro “meridionalista” a Caserta per il 5 ottobre 2019, un invito trasversale che parte dalle posizioni sinistrorse di Marco Esposito e appunto Aprile fino a esponenti sudisti di chiara estrazione di destra come Pio Del Gaudio e Salvatore Ronghi, un progetto di “salute pubblica” per la salvaguardia dei territori sudisti, ma c’è in atto una sorta di anteprima, infatti Aprile invita quanti vorranno esserci per il 24 agosto, alla Grancia (Potenza), per far nascere una iniziativa politica di emergenza democratica.
Inizia così il percorso per formare una alternativa per le prossime elezioni, sbarrare la strada a Salvini e capovolgere il sistema che ha retto finora questo Paese: sottrarre a una parte, accusandola pure di essere mantenuta, per mantenere e arricchire l’altra.
Siamo in totale armonia con Aprile noi borbonici che si rifanno a Gennaro De Crescenzo, anche se naturalmente abbiamo una visione ideologica abbastanza distante da quella di Pino, ma la sua chiamata di responsabilità non può essere assolutamente disattesa e quindi l’invito da parte di tutti noi è quello di esserci, partecipare e contribuire a far si che il progetto politico possa finalmente essere un fatto concreto.
Non è, come pure potrebbe sembrare, una rivendicazione meridionalista come dice il comunicato di Terroni : “un Paese che non riconosce a tutti i suoi cittadini uguali diritti non è un Paese, ma un sistema malato. In tal senso, l’Italia non è mai stata unita, ma divisa. Un Paese così fatto genera disaffezione, distacco, risentimenti e persino odio (la Lega si nutre solo di quello ed è nata sfruttando il razzismo contro i meridionali). Sino all’apparente assurdità (ma la psicologia e la psicosociologia spiegano bene il fenomeno) che vede tanti meridionali votare per la Lega e Salvini stesso, che per decenni li hanno insultati e ancora li privano (complici gli altri) di diritti elementari: alla salute, all’istruzione, alla mobilità; persino al rispetto. Un Paese così era, esasperando le differenze, il Sud Africa, prima di abolire l’Apartheid che di fatto c’è sempre stata in Italia, e che ora si vuole sancire per legge.
Questa situazione è entrata nelle coscienze e persino chi ne è vittima la giustifica incolpandosene (quei meccanismi psicologici: la donna violentata spesso si sente sporca e si vergogna, a volte diviene succube del violento e la stessa società cerca le colpe della vittima: “Lo ha provocato…”). E non ci si accorge nemmeno più di quanto sia discriminatoria e oppressiva, di quanto mortifichi la dignità di un terzo degli italiani.
Ma l’azione politica che si vuol far nascere per correggere queste storture non è, ripeto, una pura rivendicazione meridionale: i valori sono universali, o non sono tali. Se a una città viene negato il treno, poco importa che sia Matera o Sondrio: ci sono degli italiani ritenuti di serie B e il cui diritto ad avere quanti altri hanno già viene sempre dopo il superfluo da aggiungere a chi già ha. Ovunque ci sia un nostro simile la cui qualità umana viene ridotta, la nostra qualità umana è in pericolo (da uno si comincia, poi tocca agli altri…).
Quindi, una azione politica risanatrice non può avere come valore un territorio o i suoi abitanti (questo lo fanno i razzisti), ma il principio che cittadini di uno stesso Stato debbano avere diritti, possibilità e trattamenti uguali. Per quanto possa suonare male: l’equità è il valore, non il Sud o altro riferimento geografico, etnico. La denuncia diviene (appare) meridionale, perché il Mezzogiorno e i suoi abitanti sono stati discriminati e deprivati.
Ora la misura è stracolma. Mai, nei quasi 160 anni di finta unità a mano armata, il divario fra Nord e Sud è stato così ampio; ed è voluto, costruito. Il Mezzogiorno è in calo demografico, come avvenuto soltanto per le stragi risorgimentali dei piemontesi e per la più assassina epidemia della storia dell’umanità: la “spagnola”, dopo la prima guerra mondiale. E il futuro del Sud se ne va con i giovani, costretti a cercarne uno in giro per il mondo. Le nostre regioni, che mai, in millenni erano state terra di emigrazione, si stanno riducendo a un gerontocomio in fase di spopolamento. “
Aprile garantisce : “Non ci sono patti preconfezionati, soluzioni già in tasca. C’è qualche idea e altre ne arriveranno. Ci vediamo alla Grancia, il 24 agosto, alle 9,30. Il Sud riparte da sé, avendo qualcosa da dire.
Punto primo: il tempo della discriminazione, del meridionale “meno” (diritti, infrastrutture…) comincia a scadere il 24 agosto prossimo. È durato troppo. Ma ce ne siamo accorti.”
Non c’è altro tempo per reagire.