La Pietà Rondanini
L’epilogo artistico dello scultore universale Michelangelo Buonarroti è rappresentato dal gruppo statuario incompiuto della Pietà Rondanini, conservato presso il Castello Sforzesco del capoluogo meneghino. La scultura legata al culto religioso della “Pietà” nasce dall’arte alemanna della “Vesperbild” (rappresentazione del Vespro), dove il corpo senza vita del Figlio di Dio è sostenuto dalla “Mater Dolorosa” Maria, tema delle sacre scritture cristiane: il soggetto del “Compianto sul Cristo morto” ebbe ampia estensione in ogni forma d’arte già in epoche precedenti. Michelangelo provava un profondo sentimento religioso, che divenne maggiormente sensibile all’indomani della dipartita della Marchesa marinese Vittoria Colonna, sua amica, avvenuta nell’Urbe il 25 febbraio 1547: l’evento portò il Nostro in uno stato di profonda prostrazione e l’artista capresano cominciò a riflettere maggiormente sull’aldilà e sul transito terreno. Così, alla veneranda età di 75 anni, cominciò a scolpire per sé una scena della Pietà a più soggetti, ma a causa di numerose mende marmoree l’opera fu danneggiata e l’artista desisté dall’intento cercando addirittura di mandarla in frantumi: fortunatamente lo scultore fiorentino Tiberio Calcagni, su mandato del finanziere Bandini, ricostruì la scultura, che oggi è visibile presso il Museo dell’Opera del Duomo della “Città del Giglio”. Circa quattro anni più tardi si cimentò nuovamente nell’impresa che non terminò a causa della morte sopraggiunta il 18 febbraio 1564. L’impianto delle figure è originale: la Vergine Maria, contrariamente alla tradizione iconografica artistica del “Compianto”, è posta all’impiedi, e costanti rianalisi in molti anni hanno modificato più volte l’impianto iniziale di simmetrie, posizioni e forme, tra snellimenti anatomici, indirizzo degli sguardi e ubicazione degli arti. Giovanni Angelo Medici di Marignano, Sua Santità Papa Pio IV, dopo la dipartita dell’artista, inviò un pubblico ufficiale nel suo atelier per stilare un repertorio sulla consistenza patrimoniale presente: il funzionario, nel vedere la Pietà incompiuta, annotò di essersi trovato al cospetto di “un’altra statua principiata per uno Christo con un’altra figura sopra, attaccate insieme, sbozzate e non finite”. L’opera, nel XVIII secolo, risulta di proprietà della nobile famiglia dei Marchesi Rondanini, e fu posta nella biblioteca della loro residenza romana. Nel 1807, un expertise dello scultore marchigiano Carlo Albacini, confuta l’attribuzione dell’opera all’artista aretino facendone diminuire l’interesse e la rilevanza. La storia del Palazzo romano di via del Corso annovera diversi proprietari, e con esso la statua michelangiolesca: tra gli intestatari anche la famiglia patrizia dei Capranica, le casate principesche dei Borghese e degli Odaleschi, e il ramo comitale dei Sanseverino. Nel 1952 la “Pietà Rondanini” fu venduta all’Amministrazione comunale milanese e collocata presso il quattrocentesco Castello Sforzesco. I lavori di dislocazione furono affidati allo Studio BBPR di Gian Luigi Banfi, Lodovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti ed Ernesto Nathan Rogers: gli Architetti apportarono delle variazioni alla Sala degli Scarlioni, che custodì la statua per lungo tempo. Dal 2 maggio 2015, dopo un trattamento di pulitura del marmo, la Pietà è custodita nell’antico Ospedale spagnolo del Castello, ospite dell’allestimento museale dell’accademico estense Michele De Lucchi.