La Corte dell’Oca: un “museo del ‘900” che vive in un hotel di Subbiano (AR)
L’era delle riforme museali probabilmente non finirà mai. Tutti a caccia della formula magica per attirare più visitatori, vendere più biglietti e comparire nelle statistiche istituzionali, a torto o ragione, mentre grandi e piccoli scrigni della bellezza italica si impolverano mestamente. Se il marketing del consumismo non riesce a spingere i cittadini a vivere un po’ la propria “civiltà”, la propria storia, i propri beni culturali, magari è anche a causa dei troppi discorsi accademici, scientifici, quasi mistici e, per buona parte delle persone, incomprensibili che si continuano a sciorinare. Sono in pochi a rendersi conto, secondo la mia umile opinione, che un buon approccio potrebbe essere quello della “macchina del tempo rallentata”, di un racconto del nostro passato più graduale, più prossimo, meno lontano da chi, pur voglioso di cultura, non riesce a collegare immediatamente la propria esistenza moderna ai tanti simboli antichi racchiusi nei musei. La formula giusta, forse, l’ha trovata il sig. Franco Donati, proprietario del bellissimo e particolare hotel diffuso, con annesso ristorante, “LA CORTE DELL’OCA” di Subbiano, a due passi da Arezzo. Il sig. Franco, che ti accoglie con il sorriso, insieme all’altrettanto simpatico assistente Stefano, tipicamente toscano e quindi, come noi campani, sempre pronto alla battuta, ritiene di fare il “ristoratore-albergatore” ma, non so se per modestia, pare non essere particolarmente cosciente che la sua struttura andrebbe tutelata dall’Unesco insieme ai tantissimi reperti storici del secolo scorso che vi conserva appassionatamente. Un hotel dove ti giri e trovi le “vespa”, motorette dal sapore felliniano, auto d’epoca, carretti dei gelati, giocattoli d’altri tempi, liquorini monoporzione da collezione, saponi con una confezione da opera d’arte, come pure libri e tante suppellettili che ricoprono un arco temporale vasto ma non troppo distante dalla modernità cui i cittadini di oggi sono abituati. Soprattutto tiene perfettamente insieme, e questo gli fa onore, la tradizione toscana e italiana degli anni ’50 e ’60, non solo nelle caratteristiche camere che mette a disposizione dei visitatori, ma anche e soprattutto quando ti accoglie, di fianco al gigantesco bancone in legno, dove resti a bocca aperta per le bottiglie di “Latte di gallina” (un liquore!), con una vera cucina attrezzata di un’epoca che oggi mette tanta nostalgia. Ma ovunque lo sguardo si soffermi, in un’aria che riporta alla mente film come La dolce vita, I soliti ignoti o Amici miei, il povero illuso commensale viene catapultato nella reale storia d’Italia, in un libro tridimensionale che ti parla attraverso un aeroplanino di latta, un televisore bianco e nero con sole due manopole, una macchina da cucire Singer a pedali, una tazzina da caffè con quei fiorellini sbiaditi che solo le nostre nonne potevano “portare con orgoglio” a tavola. Si, avete capito bene, il povero turista, il commensale, si illude di andare a mangiare, magari prima di un sonnellino nelle camere di questo caratteristico hotel diffuso. Ma con grande maestria il furbissimo Franco lo ha già fregato, lo ha già strappato alla becera modernità del telefonino, al consumismo usa e getta, alle bottigliette di plastica, al cibo spazzatura e al conformismo del terzo millennio! Si, alla Corte dell’Oca lui, Franco, dice di accogliere i visitatori, ma io, che son più furbo di quel diavoletto toscanaccio, l‘ho scoperto: La Corte dell’Oca è un museo. E poi dicono che la cultura è in crisi in Italia. Provate a passare da Franco a Subbiano!