Da Venezia a Taranto passando per Matera: l’Italia crolla tra gli applausi della speculazione globale
Sembrano finalmente sopirsi le polemiche legate all’ennesima “invasione” d’acqua marina nelle bellezze storiche di Venezia, una città tanto affascinante quanto fragile, simbolo dell’estrema negazione che l’essere umano continua a raccontarsi sul Global Warming. Ma con Venezia, polemizzata all’inverosimile a causa di un MOSE che, rispetto all’accentato liberatore del popolo ebraico, non è stato ancora capace di aprire le acque e separarle dalla Serenissima, pare siano cadute tante altre belle città del nostro Paese. Matera, Capitale europea della cultura 2019, è stata sommersa da un fiume d’acqua e fango capace di sventrare intere porzioni delle sue antiche e particolarissime strade di pietra. Nello stesso periodo, sostanzialmente negli ultimi tremendi quindici giorni, sono stati letteralmente massacrati tanti altri territori da nord a sud. In Liguria delle trombe d’aria hanno fatto enormi danni proprio mentre a Frosinone due persone perdevano la vita per il maltempo o, ancora, nell’agrigentino (Licata) un mini tornado metteva a ferro e fuoco mezza città. Stessa storia in Toscana con la piena dell’Arno e l’esondazione del più piccolo Sieve con tanto di smottamenti, allagamenti e danni vari. Ancora una volta, però, mi tocca parlare di un allarme che la speculazione economico-finanziaria non vuole cogliere per ovvi motivi di opportunità. Ad oggi la notizia che la guerra economica USA-Cina segna il nuovo passo della messa al bando dei dispositivi Huawei nelle infrastrutture americane, tanto che a breve, ne son certo, scoppierà un vero e proprio caos visto che questa innovativa “norma bellica” potrebbe costringere migliaia di aziende d’oltreoceano a dover sostituire tutti i propri server e sistemi TLC acquistati a suo tempo dal colosso cinese. Ma non è solo una questione informatica. La speculazione globalizzata non vuole recedere assolutamente dalle attuali modalità produttive e dalle conseguenti materie prime usate. Non si vuole cedere sul petrolio, non si pensa minimamente a contrastare fermamente la plastica, non ci si sogna minimamente di convertire definitivamente le “fabbriche del carbone”, come pure non si vuole seriamente mettere mano alle bonifiche. La ragione? Perché la speculazione rende, e rende davvero tanto. La speculazione, però, non va intesa unicamente come fenomeno economico, direttamente inserito nella catena di movimentazione del denaro. La speculazione agisce su tanti diversi fronti, spesso molto più pericolosi del “vil denaro”. La speculazione di oggi si basa su di una vera e propria macchina della propaganda in grado di mascherarsi addirittura da pecorella smarrita, qualche volta addirittura con le treccine bionde. E badate bene, altro concetto fondamentale, essa non è un corpo unico, un grande organismo con un cervello che ne controlla tutti i tentacoli. La speculazione è piuttosto un multistrato, una composizione artistica fatta di microrganismi che “tirano l’acqua” al proprio mulino, una serie di cellule che si innestano, tra le pieghe di questo nostro stranissimo concetto di democrazia, nel più grande organismo che controlla le maggiori aree economico-finanziarie mondiali tra cui, appunto, la produzione di energia, la mobilità, la sanità, le infrastrutture tecnologiche e tanto altro. La speculazione, quindi, parte dal piccolo furbo che ride del terremoto perché servirà una ricostruzione sulla quale fare una montagna di soldi, fregandosene della sofferenza di tante persone, passando dal colletto bianco che fa triplicare il costo di un grattacielo a Milano o si trova nei complicati meandri della costruzione del MOSE che dovrebbe proteggere Venezia già da molti anni. Ma la troviamo anche, in modo orribilmente peggiore, nella Terra dei Fuochi, in quel camionista che coscientemente va a gettare i rifiuti in un terreno agricolo, come pure nei labirinti amministrativi della Sanità italiana dove si è spesso generato uno spropositato aumento dei costi di gestione con la conseguenza di un decremento della qualità delle necessarie prestazioni al pubblico. È comunque la stessa storia della speculazione industriale globalizzata. La Ex-Ilva di Taranto ne è l’esempio più clamoroso insieme alla nostra compagnia di bandiera. Da anni si disperano i lavoratori di tante aziende mentre i dirigenti di imprese in difficoltà continuano ad aumentare o ad aumentarsi lo stipendio. A Taranto, però, abbiamo il massimo successo della propaganda messa in campo dagli speculatori. La dicotomia Salute-Lavoro della questione Ex-ILVA riesce da sempre a mantenere in vita una situazione che si autoalimenta e rigenera costantemente. Nessuno, giustamente, vuole che tante famiglie restino senza reddito, come nessuno si sogna minimamente di rinnegare la necessità di salvare la città dall’inquinamento proveniente da quel complesso industriale, un’azienda che tanti studi associano al picco di patologie tumorali dell’area urbana. Eccolo il Global Warming. I cambiamenti climatici, l’acqua alta a Venezia, i morti a Frosinone, lo scempio a Matera, gli allagamenti in Campania, le distruzioni in Sicilia, sono tutte figlie di una speculazione generale che ci tiene in pugno. In Spagna c’è la siccità, e nella mia amata Siviglia nelle ultime settimane c’erano ancora 24 gradi, con un allungamento dell’estate di ben 5 settimane, dopo aver già superato le tremende ondate di calore agostano con picchi di 50 °C! Questo esempio mostra con quanta semplicità è possibile rendersi conto del disastro in cui ci stiamo “affogando da soli” o, dovrei dire, vogliamo farci affogare dalla speculazione grande o piccola che sia. E mentre la macchina della propaganda mondiale ci fa concentrare su questioni di distrazione di massa, è soprattutto l’Italia a crollare tra gli scroscianti applausi dei tanti speculatori che, dietro le quinte, stanno consumando il pianeta, le economie, gli Stati, i cittadini. Lo sapevate che da anni tanti “facoltosi personaggi”, non solo quelli dal nome famoso, stanno acquistando isolotti e costruendo degli habitat tecnologici autosufficienti per affrontare le “rivolte del futuro”, sopravvivere a moti popolari ed a nuove guerre globali causate dai già previsti stravolgimenti climatici, isolandosi completamente dal resto del mondo? Nel frattempo la barca va… alla deriva? Speriamo di no, ma il sospetto che si sia imboccata una strada senza ritorno è quantomeno realistica. Meditate gente, meditate!