Teatro Elicantropo di Napoli – Civico 33 – Monologhi di donne di Emanuela Panatta
Due donne abitano lo spazio dell’attesa. Sono due e mille le donne protagoniste di Civico 33 – Monologhi di donne dall’omonimo libro di Emanuela Panatta (Il Torchio Editrice), che debutterà giovedì 30 gennaio 2020 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 2 febbraio) al Teatro Elicantropo di Napoli, nell’adattamento e la regia di Emanuela Panatta e Alessandra Fallucchi.
Presentata da Sycamoretcompany con Associazione Culturale Civico 33 e Il Torchio Editrice, l’allestimento vede interpreti in scena Emanuela Panatta e Alessandra Fallucchi, che firmano anche la drammaturgia e la regia, con i costumi a cura di Conquer, le scene di Carlo De Marino, il disegno luci di Marco D’Amelio e le musiche di Gabriele Calanca.
Tutto avviene al civico 33, un palazzo nel quale s’incrociano le vicende di diversi personaggi femminili, accattivanti e variopinti, che fanno di Civico 33 un crocevia dell’universo femminile, in cui le donne si raccontano in chiave tragicomica.
Le protagoniste si sfogano, si liberano dalle loro repressioni attraverso il linguaggio. Il loro monologo interno viene fuori come un pensiero ad alta voce, e tutte hanno la necessità di essere ascoltate, amate, comprese, salvate, ma non è l’uomo il loro “salvatore”. L’importante per ognuna sarà riuscire a trasformare il sentimento negativo e trovare l’equilibrio interiore per andare avanti da sole, non in balia degli eventi o dell’altro, così da poter incontrare qualcuno di speciale per intraprendere insieme il cammino.
Civico 33 porta in scena episodi di quotidianità da uno, mille e centomila, legati da un quesito esistenziale comune: “Se è vero che la donna è arrivata da una costola dell’uomo, perché siamo noi a doverci rompere sempre le ossa per loro?”
Quasi tutte si lamentano della precarietà dell’amore e del lavoro, si sentono incomprese, abbandonate e disilluse, ma non hanno perso la voglia di lottare, ritrovandosi a dover convivere con se stesse, con i loro fallimenti, le loro paure e le loro speranze.
Le interpreti, in scena, incastrano e sovrappongono tante storie individuali in un’unica e corale voce, che porta simbolicamente in sé la forza e le sofferenze di tutto l’universo femminile. Attraverso il linguaggio del corpo si raccontano, e, come in uno specchio, le figure si riconoscono e dialogano, complici di un sentire comune.
Lo spettacolo è concepito come un girotondo di storie, dove l’evocazione dei diversi personaggi è costruita attraverso un gioco scenico che svela, e non nasconde, le infinite trasformazioni delle donne-attrici, proprio a voler testimoniare che l’essenza femminile non si può rinchiudere in una sola cornice, ma è possibile, anzi necessario, declinarla in infiniti colori.