Workaholism: la dipendenza comportamentale che spinge sempre più persone a dedicarsi ossessivamente al lavoro
Il valore attribuito al lavoro non è sempre stato lo stesso. Per molti secoli, infatti, è stato considerato come un’attività ignobile che veniva svolta principalmente da schiavi e prigionieri, l’etimologia stessa della parola in alcune culture stava ad indicare disprezzo. La parola spagnola trabajo, ad esempio, nasce dal termine latino Tripalium, uno strumento di tortura costituito da tre pali; questo per rendere l’idea di come veniva concepito un tempo il lavoro. Con l’evoluzione della società, il lavoro ha iniziato ad assumere agli occhi delle persone una connotazione diversa. Gli ultimi secoli hanno visto divenire il lavoro non solo un’attività necessaria per il proprio sostentamento e la propria indipendenza economica, ma soprattutto un mezzo di affermazione sociale ma anche un rituale che segna il passaggio verso l’età adulta.
Nell’odierna società, sempre più frenetica e prestazionale, hanno cominciato a farsi largo nuove tipologie di dipendenze comportamentali tra cui il workaholism cioè la dipendenza dal lavoro. Il termine fu coniato da Wayne Oates con la pubblicazione del libro nel 1971 “Confessions of a workaholic”. Il workaholism colpisce sempre più persone senza discriminazione di genere, complice la tecnologia e il fatto di essere sempre connessi e reperibili la sfera lavorativa ha finito per invadere quella privata; con la conseguenza che le persone tendono sempre più a ritagliarsi meno tempo per se stesse e a dedicare molte più ore del previsto al lavoro. I sintomi più ricorrenti per riconoscere un workaholic sono: tempo eccessivo dedicato al lavoro volontariamente e consapevolmente (la persona tende a lavorare più di 8 ore al giorno anche nei week-end e nelle vacanze) dove l’eccesivo tempo dedicato al lavoro spesso non cela un’esigenza economica o una richiesta lavorativa, pensare costantemente al lavoro anche al di fuori di esso con conseguente preoccupazione circa scadenze, appuntamenti e timore di perdere il lavoro; poche ore dedicate al riposo notturno che causano così irritabilità, aumento di peso e disturbi psicofisici, sbalzi d’umore, sindrome del burnout, ansia e panico legati all’astinenza dal lavoro. Tra i vari comportamenti caratteristici della persona dipendente da lavoro quello principale è spendere gran parte del proprio tempo in attività correlate al lavoro, con un conseguente effetto negativo nel funzionamento sociale, nelle relazioni personali e nello stato di salute, si è costantemente focalizzati sul lavoro e sulla ricerca di soluzioni per risolvere i problemi lavorativi, anche quando non si sta lavorando; si tende a lavorare oltre le altrui aspettative, richieste o necessità finanziarie o organizzative. Per quanto concerne gli stili di comportamento gli studiosi hanno individuato tre pattern, compulsivo-dipendente: correlato positivamente ad ansia, stress, problemi fisici e psicologici, negativamente a performance lavorative e a livelli di soddisfazione lavorativa e/o personale; perfezionista: correlato positivamente ad alti livelli di stress, problemi fisici e psicologici, relazioni interpersonali ostili, bassa soddisfazione lavorativa, scarsa performance e assenteismo dal lavoro; orientato al successo: positivamente correlato a buona salute fisica e psicologica, soddisfazione lavorativa e personale e comportamenti pro-sociali.
Sempre più aziende, preoccupati per la salute dei propri dipendenti, hanno adottato un nuovo approccio, quello del Work life balance, che consente di dare il giusto equilibrio tra vita professionale e vita privata. In questo modo si cerca di aiutare i lavoratori ad assumere un atteggiamento di distacco dal lavoro nel tempo libero, indirizzandolo verso quelle attività che dovrebbe svolgere normalmente una persona al di fuori dell’orario lavorativo. Dunque, più tempo per gli affetti, per gli hobby, per lo sport, per la cura del proprio corpo e della propria mente. Perché una cosa è certa, una persona dotata del giusto equilibrio psico-fisico non potrà che apportare positivamente benefici al proprio lavoro.