Carlo Alianello – L’Alfiere: la bibbia di un vero duosiciliano
Carlo Alianello è il mio profeta per quel che concerne la mia riscoperta delle Due Sicilie, amo ogni virgola, punto e pausa dei suoi lavori letterari indirizzati alla storia dei Borbone e del periodo del regno duosiciliano; egli è stato una sorta di Messia per quel che riguarda il mio risveglio identitario. Don Bruno Catalano giovane ufficiale borbonico né Saldati del Re, il protagonista dell’Alfiere Pino Lancia, il nobile Andrea Guarna in L’Eredità della Priora, il soldato Salvatore Marturana in cerca della sua tomba nella Conquista del Sud sono i miei Eroi, quelli che mi hanno spinto a essere quel che ora sono cioè un folle e consapevole innamorato delle Due Sicilie. “Brutta cosa – disse – figlio mio, nascere napoletani! – E perché papà? – Perché siamo vecchi, figlio. Le grandi cose, le grandi virtù, gli ideali si son logorati fra le mani in tanti secoli e han perduto quel lustro, quel brillio, quella certezza che attrae e fa muovere la gente giovane. Non c’è più una virtù vergine, qui da noi; e agli uomini noi non crediamo più. A nessuno. Ma li perdoniamo di essere uomini, purché ci lascino ridere di loro. Non c’è rimasta che la fede in Dio, perché Dio è troppo alto lassù, non corruttibile. E anche questa i liberali ci vogliono togliere … maledetti fessi! Come potrà vivere questo popolo se non gli rimane una sola certezza? (L’Alfiere p. 121)” “Gli porse la mano e s’avviava a uscire. Ma s’arrestò di nuovo: -Ah! mi dimenticavo! Senti, Pino: c’è una cosa che tu devi considerare ora che resti solo … Non vorrei che tu ti credessi, per quel che ti dissi l’altro giorno, quando ancora stavi a letto, che il progresso non c’è e l’uomo sta immobile. Tu adesso rimani qua con questa impressione: papà è un retrogrado. Nossignore: il progresso c’è, e io ci credo. E che cristiano sarei se non ci credessi? Solo che d’una cosa sono sicuro: che il progresso non ci viene da fuori. Da dentro ha da venire. Tu non ti fare montare la testa da quelle fesserie sanguinose di Rousseau e degli Enciclopedisti, che l’uomo è buono naturalmente e che bastano le leggi a far felice un popolo. È una cosa troppo semplice e magari fosse! L’uomo è una bestia perfettibile con istinti ferini; ma con una coscienza che se lo lavora e tende a portarlo in alto. La tua coscienza però tu non la trovi sul “Giornale Ufficiale delle Due Sicilie” e nemmeno sulla “Gazzetta Piemontese” … in corpo ce l’hai e con lei ti devi mettere d’accordo se vuoi andare avanti o no. Non esistono buone leggi per un popolo corrotto e sono gli uomini che fanno le leggi, non le leggi gli uomini. Tu il progresso vuoi? Sissignore: anche io. Sii onesto, se l’onesta’ ti mancava, e questo è certamente un bel progredire. E se già eri un galantuomo, cerca di diventare migliore. Ma a quel progresso che ti porge la politica, tu non ci credere, ch’è roba sporca. (L’Alfiere p. 147).
I romanzi ambientati nel Regno delle Due Sicilie, da parte di Alianello, sono stati 4, l’Alfiere che considero la sua opera più alta, ma tutti e quattro i libri meritano interesse; il romanzo ruota attorno alle vicende di Don Giuseppe Lancia, chiamato Pino, soldato nel Reale Esercito borbonico come alfiere, che, nel corso della sua attività di militare, vede cadere il Regno delle Due Sicilie, a causa dell’incapacità e soprattutto del tradimento dei suoi generali, ma nonostante tutto ciò, comprende che è suo dovere continuare a lottare, nonostante le difficoltà, per il Regno delle Due Sicilie: combatte perciò una guerra ormai senza speranza, convinto però di fare il suo dovere, come d’altronde pensano i suoi compagni, tra cui l’amico Franco. Le affermazioni degli scrittori antirisorgimentali cominciano ad avere valore storico, soprattutto in quei territori che ora chiamano mezzogiorno, perché abbiamo voglia di prendere coscienza della realtà storica cancellata dai tosco-padani. Certo, se a un popolo si cancella volutamente la propria storia lo si rende indegno di chiamarsi Nazione e può continuare a vivere nella miseria più assoluta, anzi, con la complicità degli storici prezzolati (vedi tale Barbero) e con la scusa della mafia che molesta il nostro territorio, come la televisione di Stato, ciecamente ci ripete di continuo propinandoci film di delinquenza al sud (gomorra su tutte), ogni occasione è buona per ricordare, non per dimenticare, che nel mezzogiorno esistono gli uomini della malavita organizzata. «Finiamola di definirci “i buoni” d’Europa e nessuno dei nostri fratelli del Nord venga a lamentarsi delle stragi naziste. Le SS del 1860 e degli anni successivi si chiamarono, almeno per gli abitanti dell’ex Regno delle Due Sicilie, piemontesi. Perciò smettiamola di sbarrare gli occhi, di spalancare all’urlo le bocche, a deprecare violenze altrui in questo e in altri continenti. Ci bastano le nostre, per sentire un solo brivido di pudore. Noi abbiamo saputo fare di più e di peggio.»
Carlo Alianello, è in un certo senso, è stato – anzi è – il muro maestro, la colonna portante del revisionismo storico. Delle sue numerose pubblicazioni, L’alfiere e L’eredità della priora, furono adattate al piccolo schermo dal bravissimo regista Anton Giulio Majano. Pochi autori descrivono, come Carlo Alianello, avvenimenti di cui si conosceva soltanto la versione dei vincitori e rivelano, ribaltando l’inquadratura come in un controcampo cinematografico, un lato inatteso degli eventi. Così, quelli che nel lettore erano solo dubbi, diventano certezze.
La sua prosa, sempre avvincente e suggestiva, raggiunge sovente straordinarie punte di lirismo e suscita, a volte, una profonda commozione come quando, ad esempio, nell’ultimo capitolo de La conquista del Sud, immagina un virtuale colloquio con un soldato dell’Esercito Borbonico la cui fedeltà alla consegna ricevuta nella cittadella di Messina, trascende il tempo e lo rende immortale…
Il giorno in cui potremo disporre di spazio legislativo, una delle prime azioni da intraprendere è di certo quella di inserire i suoi testi nei programmi scolastici almeno per quel che concerne l’istruzione dei ragazzi del sud.