Il Trittico Portinari
Hugo van der Goes è l’autore del “Trittico Portinari”, una terna di dipinti ad olio su tavola realizzato verso la metà del XV secolo e custodito presso la Galleria degli Uffizi della “Città del Giglio”. Il finanziere Tommaso Portinari del Banco dei Medici visse a lungo nelle Fiandre occidentali dove figura tra i responsabili dell’agenzia fiamminga del succitato istituto di credito, ed è lì che incaricò l’artista di Gand per la realizzazione della trilogia pittorica dell’episodio narrato da San Luca Evangelista nel “Nuovo Testamento” sull’“Adorazione dei pastori”. Il dipinto, dopo una traversata in mare ed un viaggio fluviale, arrivò nella città gigliata nel 1483 e fu collocato presso la Chiesa barocca di Sant’Egidio, situata nell’antico nosocomio di Santa Maria Nuova, fondato nel 1288 da Folco Portinari, Priore di Firenze e genitore della celeberrima Beatrice di dantesca memoria. Grande fu l’eco, la risonanza e la reazione degli artisti coevi alla vista del capolavoro del pittore fiammingo. Ottant’anni più tardi il polittico fu frazionato per rimpiazzare alcuni affreschi andati distrutti e ricongiunto successivamente nel 1871. Agli inizi del XIX secolo fu dunque sistemato presso gli Uffizi fiorentini. Nel dipinto centrale Gesù Bambino è ritratto in gloria e disteso al centro della scena, mentre la Corredentrice e il suo sposo, San Giuseppe, adorano il Messia in preghiera. Creature celesti in venerazione e esseri umani oranti sono uniti in un’universalità ecumenica, mentre sono in arrivo altri spiriti divini in volo e alcuni individui dalla collina. Il riferimento al “figlio di Iesse”, il Sovrano Davide di Giuda patrono dei musicisti e dei cantori, è visibile sul sovraportale del vecchio edificio nello sfondo, sul quale è impressa un’arpa. Di forte impatto simbolico è la natura morta rappresentata tra le creature aligere, e il sandalo nei pressi del Patrono della Chiesa cattolica, come il grano che ricorda il sacramento dell’Eucarestia e il dogma della Transustanziazione, o i fiordalisi cremisi che richiamano il Calvario del Figlio di Dio. Il calzare solitario evoca la necessità dell’uomo di essere a piedi nudi a causa della sacertà del luogo. Nella tavola di sinistra l’artista dipinge il banchiere toscano con i suoi primi due figli maschi, Antonio, nato nel 1472, e Pigello, nato nel 1476. Con loro San Tommaso Didimo di Galilea, discepolo di Cristo, e Sant’Antonio l’Anacoreta, riconoscibili iconograficamente anche per la peculiarità della lancia e il simbolo della campanella. Alle loro spalle è ritratto un episodio narrato da San Matteo di Cafarnao, protettore dei banchieri, la “Fuga in Egitto”, necessaria a causa del piano efferato di Erode Ascalonita. Il pannello di destra raffigura Maria Baroncelli, consorte di Tommaso Portinari, e la figlia Margherita, nata nel 1471, con Santa Maria di Magdala, l’Apostola degli Apostoli con la sua ampolla d’unguento, e Santa Margherita d’Antiochia di Pisidia vergine e martire, con il connotato del drago e del libro. A tergo i Santi Magi d’Oriente. Secondo le consuetudini formali ed estetiche dell’epoca, la grandezza delle figure variava a seconda della levatura della personalità rappresentata, ecco perché i rapporti di misura sono visibilmente alterati. Il polittico, una volta chiuso, mostra due tavole monocromate che ricordano l’annuncio dell’“Incarnazione del Verbo”: a sinistra, all’interno di un’edicola decorativa, è dipinta Maria Nostra Signora seduta nelle vicinanze di un leggio su cui è poggiato un libro sacro, mentre il Paracleto, la sacra colomba, si libra nell’aria; a destra, in una nicchia esornativa, è ritratto il messaggero di Dio, San Gabriele Arcangelo, con le ali spiegate e adorne di piume, mentre tocca terra dopo il volo in atto di genuflettersi dinnanzi alla Madonna.