1861 – Calvi Risorta, briganti e rivoltosi in azione
Cavi Risorta ebbe in Provincia di Terra di Lavoro un ruolo non secondario nel fenomeno del “brigantaggio” post unitario, termine così superficiale ma che compendia sanguinose misure repressive, sequestri, ricatti, fucilazioni, rivolte e sogni di riscatto che animarono il primo decennio unitario. Un periodo storico difficile ancora avvolto da luoghi comuni, privi di validità scientifica e le innumerevoli rivolte popolari sono la dimostrazione evidente di un diffuso dissenso verso il processo unitario.
Il “personaggio” caleno di maggior rilievo che diede voce e azione alla rivolta e al “brigantaggio” fu l’ex garibaldino ed ex combattente della Legione del Matese, don Nicola Santillo, della borgata Zuni. Il “brigantaggio”, come sostiene lo storico Angelo D’Ambra, ebbe luogo in una provincia di importanza strategica, Terra di Lavoro, data la sua posizione di confine tra lo Stato Pontificio e il Regno di Francesco II e favorito dalle sue montagne e dalle sue foreste che costituivano luoghi adatti alla guerriglia.
La data di nascita del “brigantaggio” a Calvi Risorta risale al 31 marzo 1861, festività agitata della Pasqua nella borgata Petrulo dove esplose una forte e violenta rivolta contro il nuovo governo. Il capo della rivolta fu lo zunese don Nicola Santillo, che abbandonata la famiglia, iniziò l’arruolamento dei proseliti con la promessa di corrispondere loro la somma giornaliera di 50 grana. Il denaro necessario a retribuire i rivoltosi- briganti fu messo a disposizione da Gaetano Punzo di Teano, appaltatore della ferrovia regia, che avrebbe ricevuto 400 ducati dagli emissari di Francesco II per il loro mantenimento. Il primo obiettivo dei rivoltosi-briganti fu quello di portare un assalto alla Guardia Nazionale allocata nel palazzo baronale di Zuni. Il Santillo, nei primi giorni di aprile del 1861, si incontrò, insieme al fratello sacerdote Tommaso, con Alessandro Santagata, pericoloso e latitante criminale di Riardo e questi, successivamente, rese di pubblico dominio di aver ricevuto per quattro giorni consecutivi 80 grana di retribuzione. Dopo vari contatti il capobanda Santillo radunò i suoi seguaci sulla montagna di Zuni, dove si era portata una moltitudine di persone. L’8 aprile 1861 Santillo issò sulla montagna di Rocchetta una bandiera bianca e la lasciò sventolare per 4 giorni e in tale località accorsero uomini di Rocchetta, Calvi, Pignataro e Riardo e a tutti questi volontari promise una retribuzione di 50 carlini giornalieri.
A Calvi alle ore 22 del 9 aprile 1861 arrivarono da Capua al barone Girolamo Zona, capo della Guardia Nazionale Calena, 120 uomini del 6° Reggimento Fanteria, comandati dal capitano Lamberti, che presero possesso del territorio di Calvi. Ciò stravolse le strategie dei rivoltosi che vistisi alle strette decisero di assaltare il vicino posto di Guardia di Riardo e alle 23 della stessa notte iniziarono la spedizione aggirando il Monte Grande a Visciano e si portarono, in breve tempo, alle ore 4 della notte, a Riardo e qui vennero messi in fuga dai soldati. Al mattino alcuni testimoni rivelarono i nominativi dei rivoltosi che delusi e costernati si diedero ad una precipitosa fuga. Il capobanda Nicola Santillo si rifugiò a Montanaro, nella tenuta del barone di Francolise e gli altri a Taverna Zarone (Teano), Caianello e sulle montagne circostanti. I briganti individuati furono 35 e di questi nello stesso giorni ne vennero arrestati 10, ma il Barone Zona si attivò non poco per assicurare tutti i rivoltosi alla giustizia. Dei 35 rivoltosi-briganti arrestati, per lo più provenienti da Calvi, Riardo, Pignataro, Rocchetta e Pietravairano ben 13 erano caleni: don Nicola Santillo, Giovanni Cangano, Casto Sanniti, Francesco Izzo, Bruno Verolla, Pietro Iana, Luigi Izzo, Salvatore Marrapese, Giovanni Izzo, Silvestro Marrapese, Antonio Izzo, Michele Torrese e Pietro Prata. A conclusione delle indagini 64 rivoltosi-briganti furono imputati, 38 dei quali furono condannati a pene carcerarie e 26 furono rimessi in libertà provvisoria. Don Nicola Santillo, consegnatosi alle autorità il 10 novembre 1862, finì i suoi giorni nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.