Arrivederci Maestro Bosso
Ezio Bosso ci ha lasciato, abbiamo ancora il suo sorriso negli occhi ed il tocco delicato delle sue mani sul pianoforte. Un direttore d’orchestra, un compositore ed un pianista. Un grande artista, una perla luminosa nel panorama musicale. E si sa che le perle sono il prodotto del dolore, sono ferite guarite, rappresentano la capacità di migliorarsi e crescere come solo i grandi uomini sanno fare. Era un personaggio autentico, così come lo si vedeva in televisione, ci faceva commuovere e ci faceva volare nella musica. Con la sua forza attirava, totalmente, la nostra attenzione, e ci avvolgeva. Di sé stesso ha detto: “Sono un uomo con una disabilità evidente in mezzo a tanti con disabilità che non si vedono”. Bosso aveva 48 anni e conviveva dal 2011 con una malattia neurodegenerativa che gli fu diagnosticata subito dopo l’intervento per un tumore al cervello a cui fu sottoposto lo stesso anno. Inizialmente la sua malattia fu identificata dai media come la SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica), patologia in cui i primi sintomi, episodi di atrofia muscolare, si trasformano in pochi anni nella compromissione totale delle funzioni vitali. In occasione del coronavirus, dalla sua casa di Bologna, Ezio Bosso stilò i propositi per quando «si sarebbero aperte le gabbie» dicendo: “La prima cosa che farò è mettermi al sole. La seconda sarà abbracciare un albero”. La musica, l’arte, si sono presi cura di lui, cura di noi e sono state necessità. La musica cura, la musica si prende cura di noi, in questo momento così difficile. E credo che tutti abbiamo imparato quanto la nostra realtà sia effimera, quanto tutto quello che possediamo sia superfluo senza avere il bene della salute, ma abbiamo anche capito come è facile lasciare questa vita e che è giusto sforzarsi a dare il meglio e migliorarsi per lasciare il segno di ciascuno di noi, perché solo quello rimane. E l’arte resta, arrivederci Maestro Bosso!