Cosa resterà dello smart working? il lavoro non sarà più come prima
Non è stato smart working ma lavoro da casa e questa esperienza sta segnando il nostro modo di vivere .Non sarà auspicabile tornare indietro e ricominciare a lavorare come prima del 21 febbraio 2020.
L’emergenza sanitaria pone lo smart working al centro delle organizzazioni perché il lavoro permette di rispettare le limitazioni del distanziamento sociale e allo stesso tempo, assicurare la continuità del business.
Sin da subito il governo con il DPCM del 23 febbraio ha cercato di incentivare e attivare come definita dalla legge n 81/2017
Gli ultimi dati dell’Osservatorio Smart Working (ottobre 2019) evidenziano che il fenomeno è diffuso soprattutto nelle grandi organizzazioni.
Ci accorgiamo quindi che questa definizione non rispecchia completamente la situazione che stiamo vivendo. Cosa manca? L’autonomia nella scelta del luogo di lavoro che ricade invece obbligatoriamente sulla propria abitazione. Inoltre, lo smart working richiede una trasformazione della cultura dell’organizzazione e dei comportamneti delle persone, del loro modo di vivere il proprio lavoro. C’è responsabilità sui risultati e maggiore autonomia come e dove svolgere il proprio lavoro. Supportato da iniziative di comunicazione ,formazione e accompagnamento delle persone.
Le aspettative delle persone:nella maggior parte dei casi in cui è stato possibile lavorare da casa ,l’esperienza è stata positiva e si è riusciti a svolgere in parte tutte le attività lavorative. Le persone hanno imparato a lavorare in modo diverso, sono diventate consapevoli dell’utilizzo degli strumenti digitali, lo stress diminuito per i tragitti casa -ufficio. Occorre quindi valutare questa esperienza e organizzare progetti Smart working, favorendo la diffusione di strumenti e iniziative a supporto dell’innovazione digitale.