Intenso dialogo con la studiosa Gemma Tisci

Ricerca delle cause psicologiche e sociali della devianza, riconoscimento della complessa realtà per cui bene e male possano convivere nelle stesse persone, e possano annidarsi ovunque, significato profondo dei simboli, nella rappresentazione delle vicende della criminalità, ma anche nelle costruzioni fantastiche delle fiabe: questi, ed altri temi, sono presenti in un intenso dialogo con la studiosa Gemma Tisci. Giornalista di testate di spessore, tra cui “Il Mattino” di Napoli, originaria di Ottaviano, Gemma Tisci ha due Lauree, in Sociologia e Psicologia, ed è esperta di Criminologia, tanto da avere collaborato autorevolmente con il Ministero della Giustizia. Scrittrice dal talento ispirato, è autrice di opere di genere favolistico (ad esempio, “Racconti”, “Giovanna la strega di Salussola), psico-sociologico (tra cui “Ho drogato la mia vita”, “Falsa euforia”, “Perchè a me-storie di ordinaria violenza”, “Bulli per noia”), e diverse altri ancora, anche teatrali. Impegnata nobilmente per l’umanizzazione, dove possibile, del carcere (di recente si è iscritta, durante uno speciale di Radio Radicale, all’associazione “Nessuno tocchi Caino”, contro pena di morte e carcere troppo duro), Gemma Tisci ha non meno a cuore le vicende delle vittime: uno dei suoi libri, tra l’altro, è dedicato alle ragazze vittime dei maniaci del Circeo. Ha destato grande attenzione, ed in un certo senso scosso molte coscienze, il suo libro “Ricordi in bianco e nero”, in cui ricostruisce la tragedia delle guerre tra fazioni camorristiche, e del loro rapporto a volte ambivalente con settori dello Stato; soprattutto, il libro è frutto di un lungo rapporto epistolare della giornalista con l’ex boss della cosiddetta Nuova Camorra Organizzata, Raffaele Cutolo, che aveva trovato la possibilità di aprirsi umanamente, scrivendo spesso ogni giorno. Diverse scene vengono interpretate e ricostruite grazie alle lettere, alcune delle quali riportate integralmente; sono presenti, inoltre, anche alcune missive di “don Raffaele” alla moglie, Immacolata Iacone. Il libro non censura certamente le lotte di potere di una camorra sleale, che hanno portato sangue fuori e dentro le carceri stesse; la stessa Nuova Camorra Organizzata (NCO) era stata, in questo senso, una organizzazione temibile, per quanto meno potente, e probabilmente meno violenta, della fazione rivale, la cosiddetta “Nuova Famiglia”. L’organizzazione di Cutolo era però molto nota per il modo con cui sostituiva lo Stato, dove forse mai era arrivato del tutto, anche assistendo i più diseredati, ma coinvolgendo spesso anche professionisti nei suoi interessi. Nel libro, comunque, emergono appunto, non solo ombre, ma anche luci, aspetti di bene, con innegabile forza, ed emergendo dai fatti stessi, nella vita dell’ex leader della NCO: da lì, il titolo, che fa riferimento anche al suo essere in parte rimasto “fermo mentalmente” agli anni ’60…risale infatti al remoto 1963 il primo arresto, al lontano 1979 l’ultimo arresto: il tutto, con poche interruzioni della detenzione continuativa, avvenute nei primi e negli ultimi anni ’70. In “Ricordi in bianco e nero”, emerge in effetti un Raffaele Cutolo che si dice pentito di fronte a Dio dei suoi errori, pur non sentendosi di percorrere la strada del collaboratore di giustizia; un Raffaele Cutolo che, commosso per la nascita della figlia Denyse, concepita grazia alla fecondazione assistita (e che tutto il carcere festeggia, in modo solidale), ricorda con commozione anche un’altra bambina: la piccola Denise Pipitone, scomparsa a Mazara del Vallo…un caso di cronaca straziante che aveva colpito profondamente l’Italia, lui compreso, che aveva appunto manifestato l’intenzione di chiamare la neonata così, in suo onore… La nascita dell’innocente Denyse poteva dargli più pace, ma certamente non poteva nè doveva cancellare il ricordo di un altro figlio, avuto parecchi anni prima da una precedente compagna, Filomena Liguori: il giovane Roberto, assassinato per vendetta trasversale a soli 27 anni: morto dopo oltre quattro ore di dolorosa agonia. Nel libro, dalle parole dello stesso Raffaele Cutolo, emerge il senso di colpa per avere involontariamente esposto il figlio alla vendetta di altri mafiosi: l’immagine del figlio Roberto torna, nelle notti fortunate in cui sogna tanto, che si alternano a giorni impastati di ricordi, di dolore, ma anche di amore, soprattutto per moglie e figlia, che è possibile che possano ancora fargli amare la vita, almeno in alcuni momenti: nonostante tale sia come “mutilata”, chiaramente, della gran parte delle sue direzioni. Ancora, nell’opera rivive un tempo di amori spensierati, poi quello più profondo, unico per intensità, per la moglie; un tempo di potere, poi di grave isolamento, spesso in compagnia dei soli piccioni del cortile del carcere, che gli si avvicinano senza paura: nutrirli con briciole di pane, a volte, era uno dei pochi “svaghi”. Nell’intervista a Gemma Tisci emergono ancora di più alcuni aspetti assolutamente da riformare del 41 bis, dove perfino il lavoro (che può risarcire, per quanto possibile, la società) viene ostacolato; misura quasi di guerra, dopo le atroci stragi di mafia del 1992, questo articolo è però, dopo tanti anni, certamente da rivedere. Il 41 bis, previsto solo per reati contro la sicurezza dello Stato, vieta solitamente qualunque beneficio senza collaborazione con la giustizia: teoricamente temporaneo, la tendenza è stata spesso a prorogarlo in modo acritico, almeno in passato. Nonostante le più drastiche misure di sicurezza, molti detenuti al 41 bis, più di quelli “normali”, vengono più frequentemente sottoposti a forme estreme di perquisizioni, con denudamento e flessioni, per “visionare” anche parti intime, e per escludere che si nasconda qualcosa all’interno del proprio stesso corpo. Perfino acqua e capi intimi (si possono tenere circa 5 mutande, cinque, calzini, eccetera) sono in quantità modiche. La posta di familiari e di altri che per qualche motivo scrivano loro viene sottoposta ad apertura preventiva, e inoltrata ai detenuti solo quando ritenuta innocua; ciò causa, quando non blocchi (a volte discutibili), quantomeno rallentamenti di rilievo nella corrispondenza; spesso anche i block notes per scrivere sono troppo “razionati”. Eppure, proprio nel 2020 la Corte Costituzionale ha stabilito l’incostituzionalità dell’articolo 4 bis, che vietava benefici senza collaborazione con la giustizia: così, pur non crollando del tutto, vacilla lo stesso impianto del 41 bis. Con importantissimo principio di civiltà, la Corte Costituzionale nota che non sempre la non collaborazione sia stata dovuta a non ravvedimento e non distacco dalla criminalità: a volte, dietro la non collaborazione, possono esserci timori di ritorsioni, contrarietà alla delazione, eccetera; e non sempre i collaboratori di giustizia sono anche pentiti in senso etico.-morale. Già molti anni prima, comunque, Raffaele Cutolo, in privato ed in pubblico, tramite lettere a giornali, aveva espresso la sua chiusura con la camorra, ammettendo i proprio errori, ed invitando il giovani a non seguirla, ma incoraggiandoli a seguire, invece, studio e lavoro; in tutto ciò, è possibile che ci sia stata anche una influenza dell’amicizia di “don Raffaele” con monsignor Raffaele Nogaro, già vescovo di Caserta: straordinaria personalità spirituale (peraltro noto anche per il contrasto alla camorra), che aveva scritto anche una prefazione ad un suo libro di poesie. Dal 2020, la situazione di Raffaele Cutolo ha avuto alcuni sviluppi: aveva ricevuto cure esterne, per più settimane, agli inizi del 2020, uscendo così dal carcere di Parma: prigione luogo anche di una disperata rivolta per le condizioni di vita, in tempi di coronavirus, che aveva causato perfino un morto tra i detenuti. Tuttavia, non gli erano stati concessi gli arresti domiciliari, e, dopo il periodo in ospedale, era dovuto tornare in carcere, dove si diceva si fossero attrezzati per le sue patologie: tra le altre cose, anche con un materasso anti piaghe da decubito. Il 31 luglio 2020, Raffaele Cutolo è stato nuovamente ammesso a cure esterne al carcere, in un centro sanitario: il suo difensore, avv. Gaetano Aufiero, lo aveva chiesto da un certo tempo. Si tratta di una situazione non diversa da altre per cui, solitamente, direttore sanitario del carcere, magistrato di sorveglianza, Tribunale di Sorveglianza hanno più volte concesso il differimento della pena in luogo diverso dal carcere. Il 2 ottobre 2020 vi sarà una udienza per stabilire la possibile revoca dell’articolo 41 bis a Raffaele Cutolo, che lo ha avuto ininterrottamente per 28 anni: del resto, si sono ampiamente moltiplicate le voci, di numerose persone, che non sono mafiose, nè camorriste, in favore di un trattamento più umano, verso una persona attualmente particolarmente inerme. Al momento attuale, Raffaele Cutolo ha problemi respiratori, ha manifestato momenti di disordine mentale (forse dovuti anche a psicofarmaci, ma è da approfondire), è cardiopatico, diabetico, presenta problemi ad un cristallino, per cui vede poco, ha artrite alle dita delle mani, per cui ha difficoltà a scrivere più di tanto, oltre che problemi alla prostata. Soprattutto, poco sotto gli 80 anni, è da moltissimi anni non più interno ad una camorra che ormai, seguendo le illuminanti analisi di Gemma Tisci, è ormai tutt’altro da quella di un tempo: in un certo senso, non corrisponde neanche più alla definizione di camorra, ma è più criminalità fine a sè stessa.

Ricciardi: “”Ricordi in bianco e nero” è il titolo di un tuo libro dal forte impatto, frutto della tua conoscenza minuziosa degli intrecci e delle lotte tra Stato e fazioni camorristiche, oltre che di una tua corrispondenza con Raffaele Cutolo: sorta, appunto, per i tuoi approfondimenti di studiosa; ci sono “messaggi”, significati particolari in più, che hai colto sul quel periodo, espressi nell’opera, rispetto a quelli solitamente raccontati? “
Tisci: “Sicuramente, quelli sociali: l’impatto sociale. Avendo avuto poi l’opportunità di scrivergli, di avere questo contatto, anche se epistolare, ho scoperto l’uomo, e non il camorrista che era stato. Ribasdisco, comunque, che l’impatto sociale c’era stato in una piccola società, locale, ma che poi si è estesa, con tutti i suoi adepti, di coloro che stavano dalla sua parte.”
Ricciardi: “Aveva una presa sociale, insomma..”

Tisci: “Molto; logicamente, non positiva, a parte che per quelli che stavano con lui, però, appunto, l’ha avuta.”

Ricciardi: “Ha avuto anche un consenso, in parte?”
Tisci: “In parte, lo ha avuto un consenso, sì: da una certa fascia sociale, e da chi si è in qualche modo affiliata”.
Ricciardi: “Forse erano più sottoproletari?”
Tisci: “No, no, no, assolutamente.”
Ricciardi: “Anche professionisti?”
Tisci: “Anche professionisti, sì. “
Ricciardi: “A proposito di tale corrispondenza, ci sono aspetti che erano particolarmente non scontati, tornando di più al lato umano, che ti hanno trasmesso un lascito diverso, rispetto a prima dell’inizio di tale dialogo epistolare? Intendo, quindi, se hai trovato in Raffaele Cutolo una persona diversa, a tratti, da quella che ci si potrebbe forse aspettare. “
Tisci: “Certo: io immaginavo quest’uomo un po’ inarrivabile, di non facile comunicativa, e comunicazione; poi, in effetti, ho scoperto un uomo, il “ragazzone”…”
Ricciardi: “Quindi il dialogo era possibile..”
Tisci: “Sì, anzi, anzi, è lui che ha iniziato a scrivere lettere: ha parlato di sè, tanto di sè: dei suoi “momenti no”, dei suoi momenti di rammarico, dei suoi momenti di depressione, dei ricordi…quindi, non mi aspettavo questo, e invece questa è stata la sorpresa.”
Ricciardi: “Si è molto aperto, insomma, ha avuto il coraggio di farlo”.
Tisci: “Sì; le poesie, le canzoni: tutto quello che mi poteva scrivere, me lo ha scritto. Penso, certo, ha scritto la sua verità: non ho mai indagato se ci potesse essere qualche bugia, o fosse tutta verità…ma non m’interessa: ha scritto la sua verità, la sua versione dei fatti; è appunto la sua verità, e va bene così: non spetta a me indagare. “
Ricciardi: “Certo…quindi si è rilevato anche interessato ad un contatto umano: ad aggrapparsi a qualcosa? In effetti, è comprensibile: era come chiunque, forse, in quelle condizioni…”
Tisci: “Sì, certo! Ecco: come chiunque in quelle condizioni, e anche nel concreto: uno immagina chissà quanti privilegi, ma tutti questi privilegi sono stati, su alcuni aspetti, anche una favola, probabilmente, anzi sicuramente: riguardo l’abbigliamento in cella: non era tutto quello che ci hanno fatto credere.”
Ricciardi: “Con una certa iconografia?”
Tisci: “Sì, voglio dire: ad esempio, nel film si vede con la vestaglia di raso: lui diceva: “ma quando mai”… è vietato avere vestaglie, cravatte, e tutto ciò che ha cinture.”
Ricciardi: “Per rischi di autolesionismo?”
Tisci: “Sì, quindi, lui portava le t-shirt, le camicie, le scarpette, e non con i lacci. Già questo, ecco, è un modo che si apre, ti si apre davanti: scopri che c’è un’altra verità, rispetto a quella che ti è stata propinata, e per creare poi il personaggio.”
Ricciardi: “Personaggio che sembrava di conoscere, e non si conosceva…”
Tisci: “Certamente”.
Ricciardi: “Molti hanno elogiato la bellezza del libro: valido studio, che offre pure spazi, appunto, all’interiorità dei sentimenti umani universali, e che non censura certamente la crudezza e pericolosità delle guerre di camorra, per il potere sul territorio; appunto approfondendo ulteriormente, allo stesso modo, emergono, dai fatti stessi, più che da commenti, alcuni aspetti più umani dello Raffaele Cutolo, di cui in parte hai già detto: alcuni si sono sentiti, però, “urtati” da ciò… cosa ne pensi?”
Tisci: “Sì, perchè volevano un libro solo di condanna, un libro di sangue: un libro dove secondo loro, l’aspetto umano non doveva proprio esserci”.
Ricciardi: “Magari poteva invece dare sollievo sapere che ci fosse un aspetto umano…”
Tisci: “Alcuni non ne vogliono sentir parlare; quando si crea uno stereotipo, molte persone, la maggioranza, vogliono quello. Nel momento in cui tu presenti un’altra cosa: dici, sì, è così, c’è stato questo, ma c’è anche dell’altro…quindi non hanno accettato neanche l’idea di alcuni capitoli, di alcuni passaggi scritti nel libro, che io ho preso dalle lettere.”
Ricciardi: “Però ci sono, autentici”.
Tisci: “Alcuni dicevano però che era lui a reclutare i ragazzi, ma lui quando li reclutava? Stava in carcere”.
Ricciardi: “Quasi sempre in cella, anche per quasi tutto il periodo della “Nuova Camorra Organizzata”…”
Tisci: “C’era chi li reclutava per lui? Non credo”.
Ricciardi: “Ci sono delle verità scomode, nel libro”.
Tisci: “Sì: molte, molte…ma come tutta la verità della vita, poi, in effetti: quando esce fuori la verità scomoda, nessuno la vuole, perchè è bello dire: “eccolo lì, il cattivo: noi stiamo dall’altra parte”. “
Ricciardi: “Può anche essere una semplificazione, un’astrazione eccessiva: una separazione eccessiva di aspetti della vita”.
Tisci: “Anche, anche…”
Ricciardi: “A proposito del conciliare, dove possibile, sicurezza e diritti umani, il punire e soprattutto il fermare i reati, con il “non distruggere” (anche in senso psicologico) chi in passato abbia commesso dei reati, hai partecipato ad uno speciale di Radio Radicale, dedicato anche al caso di Raffaele Cutolo. Puoi ricordare, anche qui, il senso primario della tua partecipazione, cioè cosa ti abbia motivata?”
Tisci: “Sì, beh, mi ha motivata il fatto che io la vicenda di quest’uomo la seguo da decenni, ovviamente. Vicenda dove lui è stato già rinchiuso all’Asinara: praticamente, lui il carcere duro lo vive da allora.”
Ricciardi: “Prima del 41 bis”.
Tisci: “Sì, prima del 41 bis: nell”82, dopo la vicenda Cirillo. Mi sta bene, è un uomo che deve stare in galera, con questo, non voglio dire lasciamolo libero e facciamogli fare i suoi comodi… anche se ora è anziano, è malato, e può anche cambiare qualcosa”.
Ricciardi: “Magari con qualche controllo, è pensabile un allentamento della situazione?”
Tisci: “Potrebbe anche ritornare a casa, può andare a casa, date certe condizioni, secondo me. Non credo che sia più pericoloso.”
Ricciardi: “Ha pagato come pochi, comunque.”
Tisci: “Soprattutto, però, che uno gli toglie tanta acqua, la biancheria intima in meno.. che c’entra l’igiene personale? Questa disumanizzazione cosa c’entra con il reato e la pena da scontare? Il fornello pure non si doveva cucinare… Io ricordo quando andavo ad intervistare la moglie: a volte io ci sono andata in momenti in cui lei si preparava ad andare a colloquio dal marito, raggiungendolo: lei quella biancheria la pesava cento volte, perchè doveva togliere quella in più, perchè col 41 bis lui ne doveva avere di meno. Io ricordo questa donna che come impazziva su questo…”
Ricciardi: “Si tratta di un sistema anche ottuso, da un certo punto di vista, su questo, perchè non c’entra con la sicurezza: la quintessenza dell’oppressione…”
Tisci: “Sì, non c’entra proprio. Allora noi viviamo delle contraddizioni incredibili: viviamo in una nazione dove c’è la famosa legge 365, su cui io feci la prima tesi di Laurea, dove si parla del recupero del detenuto: del carcere non più come pena, ma come recupero mentale, culturale…a prescindere se questa persona esce o non esce dal carcere, ma la dignità umana deve rimanere, e poi mettiamo il 41 bis, che disumanizza le persone.”
Ricciardi: “Sì, e poi la reiterazione continua forse è la cosa più discutibile?”
Tisci: “Già chi non è diventato un animale, chi non si è abbrutito totalmente, vuol dire che ha un sostrato incredibile di umanità, e chi non è impazzito”.
Ricciardi: “E la mente resiste, ma rischia di tentennare: ci può essere, per alcuni, il rischio di sentire delle voci..”
Tisci: “Lui non è che sentiva le voci; nel libro io dico di questi suoi ricordi; io ho immaginato quest’uomo, in una cella, da solo, 24 ore su 24, con un’ora-due ore d’aria; è un uomo che vive di ricordi: è normale che tutto, così, si “rianimi”.”
Ricciardi: “Certo, nella “dimensione senza tempo” dei ricordi”.
Tisci: “Si rianimano i momenti belli, i momenti di errori: lui ha avuto tempo di fare un bilancio. Probabilmente lui un bilancio serio, e lucido, l’ha fatto, nel momento in cui ha vissuto la sconfitta, sia come capo, come boss, che anche la sconfitta che gli ha portato lo Stato, che lo ha isolato…e quello sicuramente è servito. E quindi il bilancio lo avrà fatto, sicuramente, in modo più lucido e coerente. Però il bilancio a chi sta in galera deve arrivare: specie a chi sta isolato: è un fatto fisologico, che ricordi, che ricordi, che ricordi: e rimane lì, con la mente. Anche se poi è vero che lui legge il giornale, si aggiorna, guarda la televisione, anche se a ore: perchè dice che all’improvviso gli staccavano anche la televisione, con il 41 bis. All’improvviso, ti staccano tutto”.
Ricciardi: “Chissà perchè…comunque è un disturbo.”
Tisci: “E’ il 41 bis: è proprio parte della pena, della tortura anche mentale.”
Ricciardi: “Poi c’è il problema del vetro divisorio: è come un elettroshock, si diceva in Radio Radicale”.
Tisci: “Adesso sì, ora di più: non devono avere contatti fisici con nessuno, perchè anche un minimo, forse pensano, potrebbe portare forse un sospetto. Io so che molte volte, dopo il colloquio con la moglie, per quanto in età, gli hanno fatto fare le flessioni”.
Ricciardi: “ Eppure, filmando, poteva non essere necessario”.
Tisci: “Gliele hanno fatte fare; questa però è una notizia che mi è arrivata così, non ho mai appurato se fosse vero o meno, almeno attualmente, ma a volte accadeva”.
Ricciardi: “Questioni su cui riflettere”.
Tisci: “La galera va bene: chi sbaglia deve pagare; però, attenzione a non esagerare: no all’accanimento, no alla disumanizzazione, perchè poi c’è un non senso. Non vorrei che venisse scambiato per razzismo il mio, perchè ormai dobbiamo stare attenti, e non è discriminazione se si nomina qualcuno di colore per un reato: al riguardo, sono usciti quelli che hanno fatto a pezzi la ragazzina, stanno fuori. E non credo che quello sia stato un crimine leggero”.
Ricciardi: “Certo”.
Tisci: “Ci vuole anche un “coraggio” per fare a pezzi una ragazzina, lavarla con la candeggina, prendere i resti, i pezzi, e metterli in un trolley. Voglio dire, c’è una bestialità, da non sottovalutare”.
Ricciardi: “Izzo, del caso del Circeo, non aveva e non ha il 41 bis, e non lo hanno dato per gli esecutori dei delitti del mostro di Firenze.”
Tisci: “Eh, appunto!”
Ricciardi: “C’è di peggio anche della mafia, a volte, e della camorra, eccetera…”
Tisci: “Sì, sì. A volte penso che lui abbia pagato di più perchè fondatore di una fazione: probabilmente lui ha pagato per il potere che ha avuto”.
Ricciardi: “Forse ha pagato anche per altri, oltre che per i suoi, ovviamente, reati”.
Tisci: “Questo non so. Di solito è una legge un po’ “di natura”, per chi sta in carcere, ed ha già diversi ergastoli, perchè per la persona il destino è già fatto: voglio dire, non uscirà, avere quattro o cinque ergastoli non gli cambia la vita…Io credo però che lui il 41 bis lo abbia avuto dopo i contatti con le BR, dopo la liberazione di Cirillo, insomma la trattativa con lo Stato, poi scoperta. Poi non si è voluto pentire.”
Ricciardi: “Però interiormente hai riportato che si è detto pentito davanti a Dio.”
Tisci: “Eh, ma lui lo ripete da sempre. Da quando non dico che si sia dissociato, ma da quando è finita la NCO, lui dice: “Mi sono pentito davanti a Dio”.”
Ricciardi: “Può anche darsi che sia più seria questa posizione”.
Tisci: “Può essere pure, perchè alla fine non si è sentito più niente, anche se si continua a parlare di questa NCO, ma non esiste più.”
Ricciardi: “Disgregata…”
Tisci: “Più ancora, sono morti quasi tutti; chi non è morto, si è dissociato, e poi è cambiata proprio la geografia, a un certo punto, dei territori: dopo un periodo, per la supremazia nei territori camorristici, loro non c’erano proprio più.”
Ricciardi: “Certamente c’è da rifletterci particolarmente… Ti sei profondamente interessata anche di altri casi, in altrii, che però hanno diversi denominatori comuni, nell’analisi di aspetti psicologici e sociali che favoriscono drammatiche devianze: vicende che vedono, forse, a volte colpevoli e vittime nelle stesse persone; puoi accennare qualche esempio, tra i tanti, di qualche vicenda che ti abbia colpita di più in proposito?”
Tisci: “Questi libri che ho scritto sono su tematiche sociali, ma sono anche libri su adolescenti: ragazzi, droga, bullismo, violenza di genere, violenza domestica; poi ho scritto dei monologhi sul femminicidio, scrivo anche per il teatro…io ho scritto tanto, e scrivo tanto. Ecco, riguardo le situazioni vittima-carnefice, è un sottile filo che divide le cose: certe volte, la vittima, che non è carnefice, ma potrebbe evitare di essere vittima”.
Ricciardi: “C’è una dipendenza a volte da carnefice?”
Tisci: “C’è una dipendenza, sì..ci sono tante altre cose, tra le motivazioni. Sono libri che però non hanno niente a che vedere con la camorra, con i fatti delle BR…”
Ricciardi: “A volte forse il carnefice diventa vittima, se troppo vessato?
Tisci: No, non credo che un carnefice possa diventare vittima; una vittima può diventare carnefice per reazione, ma non credo che un carnefice diventi mai vittima, solitamente.”
Ricciardi: “Anche se può subite a volte qualcosa di troppo…”
Tisci: “In questo caso, sono circa 800 persone che vivono in certe condizioni, tornando al 41 bis, e non è solo Raffaele Cutolo; oggi Raffaele Cutolo è una persona anziana e malata: ecco perchè fa specie immaginarlo ancora così; ma il 41 bis, a queste persone, gli ha anche tutelato vita, perchè si muore in carcere…”
Ricciardi: “Assolutamente, quante volte ci sono scontri di malavita…ed il 41 bis è nato da comprensibili esigenze di sicurezza…ma c’è qualche eccesso, di cui bisogna parlare: non deve essere un tabù.”
Tisci: “Sì, gli eccessi ci sono: bisogna parlarne, e bisogna modificare, davvero modificare tante cose di questo 41 bis, tante: quando vanno a toccare, in particolar modo, la sfera umana.”
Ricciardi: “Certo, e poi forse non stimola il cambiamento: lo Stato non appare migliore.”
Tisci: “Infatti, non stimola niente: è come metterli in gabbia; è come prendere il leone, e lo mettiamo in gabbia: una volta che lo abbiamo chiuso, non possiamo dire se quel leone è bravo, è cattivo.”
Ricciardi: “Non c’è nessuno che valuti, alla prova dei fatti, il cambiamento”…. Venendo inoltre ad altre opere, hai scritto anche del libri di fiabe: in tale altro filone c’è un collegamento, pur sottile, con i tuoi studi psico-sociologici e giornalistici? Nel corso dei secoli, spesso, nella letteratura fiabesca l’elemento fantastico, attraverso situazioni ricorrenti nella vita, archetipiche, ha una funzione di formazione, suggerendo probabili modelli di situazioni, che si incontrano anche nella vita reale… cioè fantastico e realistico si fondano.”
Tisci: “Sicuramente, sì, è vero, ci sta, ci sta: perchè tranne una storia, che è proprio “fantastica fantastica”, c’è questo racconto di questi angioletti, che scendono sulla Terra, e diventano bambini, e commettono dei reati, perchè non sanno il significato di ciò fanno: loro vengono dal Paradiso, e non sanno che prendere una cosa da un negozio significa rubare.”
Ricciardi: “Forse pensano che tutto sia di tutti? Ricorda una specie di comunismo utopistico…”
Tisci: “E quanti bambini, quanti ragazzini pensano questo, e poi magari invece vengono segnalati in quanto persone traviate.”
Ricciardi: “Importante quindi il ruolo dell’educazione, ma c’è anche la natura del Vesuvio, una “strega” del Vesuvio..”
Tisci: “Sì, questa è un’altra favola: non è una strega, è una ragazzina, che incontra un drago che la vuole… che poi è il Vesuvio..”
Ricciardi: “Dopo questa bella metafora, puoi anticipare qualcosa su eventuali nuovi progetti cui stai lavorando o riguardo cui vorresti approfondire le tue analisi?”
Tisci: “Allora, sicuramente la camorra ci sarà ancora, perchè è un fenomeno sociale in evoluzione, sembra stagnante, ma non è vero.”
Ricciardi: “Forse è anche peggiorato”.
Tisci: “Non è neanche più camorra in senso stretto.”
Ricciardi: “Forse è ancora più acefala del solito?”
Tisci: “In un certo senso, la camorra in senso letterale è finita; oggi è criminalità e basta: è diverso; anche i camorristi sono criminali, ma diversamente. Innanzitutto, i pochi camorristi rimasti, se ce ne sono, hanno dovuto piegarsi a quelli che sono venuti da fuori. La camorra di un tempo non aveva il ladro che andava a rubare in casa…”
Ricciardi: “Aveva più delle regole, pur nella devianza?”
Tisci: “Sì, aveva più delle regole, sia pur nella devianza; certo poi c’erano lo spaccio di droga, la prostituzione…”
Ricciardi: “Un tempo era considerata “onorata società”.”
Tisci:” C’erano comunque dei ,ma, ripeto, oggi non è più camorra. La camorra è stata veramente sgominata, ma non perchè lo Stato sia stato capace di sgominarla, ma perchè sono cambiati i tempi: con questa globalizzazione, sono arrivate le varie culture, ma sono arrivati anche i crimini diversi: crimini di donne fatte a pezzi, crimini di stupri per strada, crimini di machete”.
Ricciardi: “Situazione perfino peggiorata, globalizzata in negativo?”
Tisci: “Credo sia soltanto l’impatto, l’inizio, ma poi tutto forse avrà una sua strada, perchè poi tutto si ridimensionerà, però troppe culture diverse, profondamente, ritrovate nello stesso luogo, che diventa stretto, per forza di cose: perchè se arriva una persona che viene da un luogo dove certe cose sono consentite, a volte la persona non lo sa, e le reitera.”
Ricciardi: “Poi spesso vivere di espedienti porta a deviare..dietro ci possono essere problemi sociali: è un dato di fatto?”
Tisci: “Vivere di espedienti, sì, è normale che porti a deviare: tutti avrebbero il diritto ad avere una casa, un tetto, e un minimo di lavoro: è sempre la dignità umana che viene intaccata, e quando ciò avviene, purtroppo i problemi si estendono. In ogni modo, ribadisco, non parlerei più di camorra, in questo periodo, e già da un bel po’ di anni.”
Ricciardi: “Molto interessante, comunque, questo concetto.”
Tisci: “Come non c’è più il terrorismo, nè nero nè rosso, c’è un altro tipo di terrorismo, ma non è il nostro terrorismo: non abbiamo più nulla di nostro, neanche la malavita…”
Introduzione e quesiti di Antonella Ricciardi, agosto 2020

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