Philippe Daverio, “l’arte di guardare l’arte”
Sì è spento all’età di 70 anni il noto critico d’arte, giornalista, conduttore tv e docente di francese Philippe Daverio. Nato in Alsazia si trasferì con la famiglia in Italia e frequentò la Scuola Europea di Varese. Giunse alla facoltà di Economia e Commercio alla Bocconi di Milano, ma a causa della mancata preparazione della tesi, pur superando tutti gli esami, non riuscì a laurearsi. È stato volto noto della Rai conducendo i programmi “Passepartout”, “Emporio Daverio” e il “Capitale di Philippe Daverio”, mentre nel 2019, inviato per Striscia la Notizia, diviene protagonista di una rubrica sull’arte. Tra le varie onorificenze ricevute, il Cavalierato delle Arti e delle Lettere e la Medaglia d’Oro di benemerenza del Ministro per i Beni Culturali. Tre le gallerie d’arte da lui inaugurate: la prima “Galleria Philippe Daverio” a Milano, dedicata all’arte italiana del XX secolo, e la “Philippe Daverio Gallery” a New York, anch’essa rivolta all’arte del XX secolo, appendice di quest’ultima una seconda Galleria a Milano con uno spazio dedicato all’arte contemporanea. Numerosi i volumi tra i quali “Il secolo lungo della modernità. Il museo immaginato”, “Il gioco della pittura”, “Le stanze dell’armonia”, ma sicuramente tra questi spicca un titolo “L’arte di guardare l’arte” molto simile ad un volume di Vittorio Sgarbi “L’arte di vedere l’arte”. Qual è dunque la differenza tra il vedere ed il guardare? Il vedere ci appare, secondo Daverio, come una dote, non esistono difatti i “non guardanti” quanto i non vedenti. Il mondo del “guardare” appare molto diverso in quanto intriso di introspezione, riuscendo addirittura a percepire i “sussurri che stanno tra le righe di una poesia e i silenzi che vi sono tra una nota e l’altra nel campo della musica”. Attraverso il guardare impariamo a conoscere gli altri, ed è forse questo il fine dell’arte.