“Ammazzateci tutti” compie 15 anni
Era il 19 ottobre del 2005 quando un gruppo di giovani studenti sfilò a Locri ai funerali del vicepresidente Fortugno con lo striscione “E adesso ammazzateci tutti”. Il ricordo del fondatore, Aldo V. Pecora
Sono trascorsi 15 anni da quando, il 19 ottobre del 2005 un gruppo di ragazzini poco più che diciottenni sfidava per la prima volta nella storia della Calabria la ‘ndrangheta a viso aperto, scendendo in strada a Locri, ai funerali del vicepresidente del Consiglio regionale Francesco Fortugno con lo striscione “E adesso ammazzateci tutti”.
Cosa ha fatto Ammazzateci Tutti
“Abbiamo sempre considerato quel giorno il nostro atto fondativo come movimento”, spiega, in una nota ufficiale dell’associazione antimafia che segue a quanto detto in una diretta streaming, il presidente Aldo V. Pecora, il quale passa in rassegna le tante battaglie portate avanti da ‘Ammazzateci tutti’ in questi anni: “dall’approvazione in Parlamento del progetto di legge che inibisce ai sorvegliati speciali di fare propaganda elettorale, al supporto dei familiari delle vittime di ‘ndrangheta, dei testimoni di giustizia, degli uomini e delle donne delle Forze dell’Ordine, alle decine di migliaia di studenti incontrati nelle scuole ed università di tutta Italia, fino alle prime manifestazioni antimafia in Lombardia, ho e abbiamo dedicato i nostri anni più belli ad una battaglia civile, che non avremmo mai potuto e dovuto circoscrivere soltanto alla Calabria, perché i tentacoli della criminalità organizzata calabrese erano ormai divenute metastasi del polmone economico d’Italia, ovvero Milano e il Nord”.
Il presidente di “Ammazzateci tutti”, Aldo V. Pecora durante un evento economico a Milano nel 2018
Il fondatore, Aldo Pecora
“A dispetto delle nostre giovanissime età – racconta Pecora, che oggi ha 35 anni, è giornalista e si occupa di startup e tecnologia – eravamo pienamente consapevoli, già allora, che lo Stato non avesse purtroppo a disposizione strumenti legislativi ed uomini per sconfiggere la ‘ndrangheta. Se penso a quello che vedevamo in decine di caserme dei Carabinieri, commissariati di Polizia, procure, ma anche scuole, sembrava di voler svuotare il mare con dei secchielli, e peraltro bucati“.
Continua il fondatore del movimento antimafia: “Molto è cambiato, noi siamo cambiati. Abbiamo pagato prezzi altissimi per il nostro impegno, anche e soprattutto personali, ma sappiamo che ne valeva davvero la pena, come testimoniano le decine di operazioni delle Direzioni Distrettuali Antimafia calabresi, alcune davvero delicatissime e pervasive”.
“Ma – ammonisce Pecora – anche la ‘ndrangheta è cambiata, ha cambiato pelle, ma c’è. La pandemia ha costretto tutti noi ad adottare nuovi strumenti di lavoro, di pagamento di beni e servizi e di comunicazione, e i lockdown, il ‘restate a casa’, questa disintermediazione del tessuto sociale ed economico tende a rendere ogni giorno il singolo cittadino, lavoratore, imprenditore, operatore della sicurezza, politico, molto più facilmente tracciabile, individuabile e quindi vulnerabile”.
Il “business” del virus
“Torneremo a parlarne ed a farci sentire anche su questo – conclude il leader di ‘Ammazzateci tutti’ – a partire per esempio dai nuovi business attraverso i quali le mafie possono esercitare racket e controllo sul territorio, come le forniture degli igienizzanti e più in generale la fornitura di strumenti e servizi anti-Covid negli esercizi commerciali”.