Dinamismo di un cavallo in corsa + case

Il Sestriere di Dorsoduro è la zona dell’antica città dei Dogi di Venezia dove sorge Palazzo Venier dei Leoni dell’Architetto Lorenzo Boschetti: tra le opere ivi conservate della “Peggy Guggenheim Collection”, parte integrante della “Fondazione Solomon Robert Guggenheim”, è da annoverare l’opera polimaterica “Dinamismo di un cavallo in corsa + case” dello scultore reggino Umberto Boccioni, scomparso a Verona il 17 agosto 1916. Lo scultore fu uno dei rappresentati più autorevoli del “Futurismo”, una corrente intellettuale che influenzò ogni forma estetica e culturale della prima parte del XX secolo, determinando studi e ricerche sulle manifestazioni dinamiche nell’arte come velocità, movimento e sincronismi visivi, e le “linee-forza” e i “punti focali” rappresentano le chiavi di lettura introspettiva per comprendere la realtà immutabile dell’opera futurista. “Dinamismo di un cavallo in corsa + case” è considerata il canto del cigno della sua arte scultorea, e fu realizzata dal Maestro un paio d’anni prima della sua dipartita. La scultura è una “summa” energica di materia, una combinazione vitale di sostanze che vede il draft di un destriero al galoppo in osmosi con alcune abitazioni, il tutto poggiato su un puntello fatto di metallo. La dinamicità stereoscopica del sistema mostra la celerità dell’agire del cavallo che, a spron battuto, galoppa tra le case: l’artista esamina l’esperienza sensoriale dell’osservatore attraverso cui percepisce la realtà e, in questo caso, plasma la percezione di un uomo che osserva una cavalcatura in movimento sovrimposta ad un corpo inerte, annullando il dato sensoriale dello spazio che intercorre tra il piano del corsiero e quello delle dimore. La fusione delle due immagini porta quindi da una nuova raffigurazione e ad un rifacimento dei piani realizzato per astrazione, ad una forma appiattita e ad una diminuzione dei volumi, generando tuttavia una scultura figurativa in 3D che si espande dinamicamente nello spazio e appartiene ad un’unica identità vitale. La composizione polimaterica vede l’uso di materiali cartacei, oro rosso (rame), legna, leghe metalliche e stagno, come da assunti artistici del movimento d’avanguardia sanciti nel “Manifesto Tecnico della Scultura Futurista” dell’11 aprile 1912: “anche venti materie diverse possono concorrere in una sola opera allo scopo dell’emozione plastica”. Dunque, concludendo, l’opera non è una figurazione artistica del mondo sensibile, bensì una rievocazione utopica della realtà nello spazio ordinario: il veemente palafreno e gli alloggi portano alla rivelazione di ispirazioni e principi che generano “il ponte tra l’infinito plastico esteriore e l’infinito plastico interiore” di boccioniana memoria.

Condividi questo articolo qui:
Stampa questo post Stampa questo post