Si richiude tutto? Tra negazionismi e confusione gestionale l’Italia stringe i denti
Altro autunno altro giro. Sembra una giostra e invece è la nostra vita, maciullata in modo “digital” esattamente come una guerra, ma con più charme o acume, come direbbe qualcuno. Il Coronavirus è là fuori, sta facendo danni da mesi, sebbene non sapremo mai se trattasi di pipistrello (non della famiglia Wayne!) o di arma batteriologica a scopo economico-sanitario. Il grave prezzo pagato in morti, che qualche cospirazionista (come si diceva una volta, altro che i termini moderni tipo complottista o terrapiattista!) vuole negare, è esistito ed esiste. Anzi, continuiamo a dimenticare che nel frattempo le “altre malattie”, surclassate dalla prima donna Covid-19, stanno facendo i propri porci comodi mietendo vittime senza alcun ritegno.
Come scritto in un precedente articolo, abbiamo da tempo superato la linea rossa, quel limite invalicabile che avrebbe dovuto far chiudere tutto per bloccare sul nascere nuovi focolai sottotraccia, quelli che sembrano fuochi spenti ma sono pronti a fare più danno di prima. «Si chiama economia baby», direbbe un Humphrey Bogart all’italiana, per cui in estate abbiamo cercato di salvare la compromessa stagione turistica a quelli con la prostata infiammata o ai facoltosi bamboccioni che non potevano restare nella troppo poco chic italica patria. Abbiamo riaperto con pizza, birra e patatine, con o senza calcio, con o senza nonni, con o senza soldi. Diciamocela tutta, lo sapevamo che il treno non poteva far altro che deragliare, ma abbiamo cercato una normalità talmente sospirata da farci chiudere non uno ma due, tre, quattro occhi, abundandum abundandis diceva il Principe della risata…
E così mentre la cartina geografica italiana diventa un Picasso a tre colori, giallo, arancione e rosso (alla faccia del Guernica in bianco e nero!), le testimonianze contrastanti impazzano sempre più. Ospedali intasati, mancanza di bombole d’ossigeno e file d’ambulanze un po’ ovunque che contrastano con calciatori super pagati e negazionisti da piazza che, assurdamente, rimangiano tutto appena beccato l’infausto virus!
Ma nel frattempo il gioco politico si fa sempre più strano, duro e incomprensibile se è vero che a Napoli il lungomare ieri era pieno zeppo di gente, addirittura a fare spiaggia e bagno, e nelle altre città la movida ora mattiniera pare impazzare comunque senza grandi problemi. Dov’è la vittoria? Come ribadisce il nostro Inno, la vittoria dovrebbe essere figlia anche del sacrificio, ma a quanto pare il vertice del nostro Bel Paese non trova una quadra unica e nel frattempo i morti tornano a salire, gli ospedali sono intasati e, tra l’altro, chi ha altre patologie non sa che pesci prendere. Vado? Non vado? Magari ci vado solo con l’infarto addosso o solo quando “il grande male del secolo” ti esplode in faccia senza più possibilità di ritorno.
Il caos, insomma, sta regnando sovrano e a me pare, indipendentemente da complottismi e negazionismi, o certezze scientifiche, che il “chi vive vive, chi more more” è oramai l’unico ragionamento e protocollo attuato in Italia.
Sarà un lungo inverno ed uno dei natali più bui della nostra storia. Ai nostri nonni sparavano contro e tiravano giù bombe senza ritegno, mentre a noi si chiede solo di “stare un po’ più isolati”. Davvero non si può fare questo sacrificio? Ci siamo davvero ridotti ad una società dove conta solo il “divertimento fine a sè stesso” o “finalizzato all’apparire”?
Mi raccomando, mascherina, distanziamento e magari più passeggiate in solitaria. Resistiamo ancora un po’ perché la vita è preziosa. Non solo la nostra…anche quella altrui!