17 gennaio – Sant’Antonio abate, il fuoco e gli animali
Sant’Antonio abate è festeggiato in tutta Italia, dall’estremo nord al profondo sud, con fiere di animali, benedizione degli stessi e l’accensione di falò.
Sant’Antonio abate, uno dei più illustri eremiti della Chiesa, nacque a Cona, Egitto, nel 250 e ventenne abbracciò la vita eremitica vivendo sulle rive del Mar Rosso per più di 80 anni, morì ultracentenario nel 356. Accorsero da lui, durante la sua esistenza terrena, pellegrini bisognosi da tutto l’Oriente e si narra che anche l’imperatore Costantino e i suoi figli si siano rivolti a lui per ricevere consigli. La sua vita, non comune, è stata narrata da un suo discepolo, Sant’Atanasio, che contribuì a farlo conoscere in tutta la Chiesa. Soltanto due volte lasciò il suo eremitaggio, la prima volta per portare conforto ai cristiani di Alessandria e la seconda, su sollecitazione di Atanasio, per incitare i fedeli al rispetto dei dogmi emanati dal Concilio di Nicea. Il Santo, in vita, nel deserto riuscì a resistere sempre ai continui e perfidi attacchi del demonio; i suoi discepoli lo trovarono, investito dalle fiamme e dal fuoco, quasi morente e con delle gravi ferite e ustioni su tutto il corpo e per il suo legame con “quel grande Spirito di fuoco che io stesso ho ricevuto” riuscì a raggiungere la santità e ad occupare un posto rilevante nella storia delle gravi affezioni dell’umanità.
Il fuoco, legato da sempre al suo culto, va collegato al racconto che vede il Santo scendere all’inferno per contendere al diavolo le anime dei peccatori. Per restare nelle nostre realtà territoriali si cita la cittadina di Macerata Campania, 10.500 abitanti e 7,63 chilometri quadrati, distante dal capoluogo di provincia, Caserta, 6 chilometri e 30 dal capoluogo di regione, Napoli, che nella giornata odierna, festività di Sant’Antonio abate, era solito riproporre l’antica tradizione delle “Battuglie”: botti, tini e falce che vengono utilizzate come veri strumenti musicali per produrre l’originale sonorità maceratese, chiamata comunemente “Pastellessa/Pastellesse”. Una testimonianza concreta la si trova nel locale rinomato complesso “I Bottari” che si esibisce non solo nei centri urbani casertani ma anche in quelli napoletani e delle province limitrofe.
Sant’Antonio abate spesso è raffigurato con accanto una fiamma e un maialino e, non a caso, è il Santo della devozione dei contadini e patrono dei porcari e di molte altre professioni. Bisogna anche evidenziare che è noto anche per le sue capacità curative tanto da essere considerato il Santo taumaturgo per eccellenza e dal Medio-evo al XIX secolo veniva invocato in presenza di malattie contagiose che colpivano l’umanità e, in modo particolare, quelle più devastanti, denominate “Fuoco di Sant’Antonio”, termine di diverse malattie, completamente diverse tra loro, ma che avevano un solo comune denominatore: un dolore fastidioso e intollerabile e tra queste l’ergotismo, l’erisipela e l’herpes zoster.
A ulteriore conferma di ciò è “storia” che quando le sue spoglie arrivarono in Europa, dopo l’XI secolo, tutte le persone affette da malattie dolorose e urenti lo implorarono affinché le facesse guarire da quel “fuoco” tanto doloroso e tormentoso. Ancora oggi viene invocato come protettore dei campi, degli animali e contro le malattie contagiose. In tempi, non molto recenti, nelle località dove si festeggia il Santo egiziano, nella giornata odierna, giungevano persone provenienti anche da località alquanto distanti per benedire gli animali e anche il sale. Malgrado il dissolversi della civiltà contadina, la devozione a Sant’Antonio abate continua a mantenersi vivace; oggi il Santo viene presentato ai devoti come modello per la ricerca del silenzio, della preghiera e della penitenza.
Quest’anno a cause del protrarsi delle restrizioni anti Covid-19 non ci saranno esibizioni folcloristiche, musicali, non saranno allestiti stand e “bancarelle” e accesi “fuochi”. Si spera nel 2022, chissà!