Ercolano e le sue bellezze
Ercolano con le pareti affrescate e gli splendidi pavimenti a mosaico della Casa del Bicentenario, la passeggiata sull’antica spiaggia dove quarant’anni fa vennero scoperti i resti di tantissimi fuggiaschi colpiti dal vulcano mentre aspettavano un soccorso dal mare, il piccolo museo con la superba collezione degli ori e nuove statue mai esposte prima è di particolare importanza. Ercolano, racconta all’ANSA il suo direttore Francesco Sirano, è pronta a riaprire le porte al pubblico, tutto il parco archeologico che raccoglie le testimonianze della cittadina campana vicina a Pompei, con la quale ha condiviso la tragica sorte, sarà aperto e visitabile. Del resto, l’attività qui non si è mai fermata, dice Sirano, anche a porte chiuse hanno continuato a lavorare e ad organizzare, in modo da rendere facile lo switch dal digitale alla presenza e viceversa. Per cui chi varcherà i cancelli del parco troverà tutto a posto e il personale presente, dai custodi al bookshop fino alle guide. Anche se chi volesse godersi un tour in solitaria lo può fare contando sull’aiuto dei nostri contenuti in digitale, assicura appassionato il direttore. Tutto questo mentre il Parco, dopo un 2020 difficile nel quale i visitatori sono stati in tutto 100 mila e le entrate sono scese del 73%, si prepara ad un 2021 ricco di progetti, di novità e di possibili scoperte, con l’avvio finalmente delle mostre che erano previste per il 2020 e la partenza di importanti restauri per sei nuove domus la cui apertura è prevista entro il 2022. Non solo, perché a giorni e proprio nei luoghi dell’antica spiaggia, si darà il via ad una nuova campagna di scavi a distanza di quarant’anni dai primi ritrovamenti. Un progetto, chiarisce Sirano, dal quale ci si aspetta grandi sorprese. Gli archeologi torneranno a scavare per finire il lavoro cominciato nel 1981 quando seguendo l’intuizione di Giuseppe Maggi, si intervenne sul lato sud ovest del sito riportando alla luce i fornici per il ricovero delle imbarcazioni con gli scheletri di tanti ercolanesi che vi avevano cercato riparo. E persino i resti di un’imbarcazione incredibilmente conservata, come è stato per tanti altri oggetti e arredi in legno che qui, a differenza di Pompei dove la tragedia ha avuto caratteristiche diverse, si sono mantenuti quasi ovunque. L’antropologo Pier Paolo Petrone dell’Università Federico II di Napoli, spiega Sirano, è già al lavoro sugli scheletri ritrovati negli anni ’80. Grazie alle tecnologie e alle conoscenze che quarant’anni fa non si avevano a disposizione, ci aspettiamo nuove scoperte sul DNA di questi resti e quindi nuova luce sulle condizioni, la vita, le storie di queste persone. Dagli scavi ai restauri, che coinvolgono anche la Casa dell’Atrio a Mosaico, la più grande della città con un piano terra che si estendeva per 1300 metri quadrati e una sala da pranzo che non ha eguali in tutta l’area vesuviana, con il suo impianto a basilica che la divide in tre navate sulla quale si affaccia una sorta di loggia che durante i banchetti ospitava probabilmente i musici o le donne che non erano state ammesse al convivium.