San Lorenzello, il mio posto del cuore… nato da un bacio
Ciò che accumuna “…questo benedetto assurdo bel Paese…” come canta il Maestro Guccini, è anche la moltitudine di piccoli borghi sparsi sul suo territorio. Da Nord a Sud, dalle valli alle montagne, dalle pianure fino ad arrivare alle coste, bellissimi e caratteristici piccoli paesi collocano la nostra bella Italia ai primissimi posti delle classifiche mondiali riguardo le bellezze del territorio. Di borghi meravigliosi e particolarmente interessanti ce ne sono tanti, ma oggi vi porto a scoprire “il mio posto del cuore”, il mio adorato San Lorenzello. Geograficamente, San Lorenzello in provincia di Benevento, è esposto a Mezzogiorno e rientra nella fascia collinare del Massiccio del Matese. Gode di un clima differente rispetto ai paesi vicini grazie al torrente Titerno e alla protezione dalle intemperie garantita da Monte Erbano alle sue spalle. A San Lorenzello la storia e la leggenda si fondono con la bellezza del territorio, con l’arte, la cultura e la ricca tradizione ceramica. Ma la leggenda narra che San Lorenzello nacque grazie ad un bacio. L’anno era l’864 d.C. e orde di spietati pirati Saraceni arrivarono a Telese e in tutta la Valle Telesina perpetrando saccheggi e violenze di ogni tipo. Per scampare alla furia dei Saraceni, gli abitanti della valle scapparono cecando un rifugio più sicuro sui monti vicini e dopo aver risalito la collina di Cancello e Serre si ritrovarono difronte il rigoglioso Monte Erbano con il Titerno, che scorreva placido ai suoi piedi. Molte famiglie trovarono riparo sul monte e la famiglia Lavorgna si stabilì nella Grotta di Futa. Per la famiglia, al procacciamento del cibo, costituito per lo più da cacciagione ed erbe, provvedeva il più piccolo, Filippo. Era un giovane fiero e bello, dai lineamenti gentili e dagli occhi vispi e malinconici e con un cuore grande e generoso. Una mattina decise di scendere a valle, a “La Cupa” con il fratello Elodìa. Lì si era accampata una famiglia di zingari e all’arrivo dei due fratelli, una giovane ragazza si avvicinò a Filippo invitandolo a farsi leggere il destino in una mano. Il giovane dapprima riluttante, acconsentì conoscendo l’insistenza propria delle zingarelle. “Nobili sono i tuoi natali, belli i tuoi lineamenti, forte il tuo braccio e generoso il tuo cuore; hai fuggito la patria e ti sanguina l’anima; i tuoi dolori non sono finiti, però risplenderà su te la stella, due stelle, due occhi di profuga sventurata come te, ma dolce come il miele e bella come il sole. Sarai con lei il fondatore di una città e il tuo nome rimarrà immortale”. Questa fu la profezia della zingara che suscitò un sorriso al giovane Filippo prima di incamminarsi sulla strada del ritorno. Arrivò l’autunno. Un pomeriggio Filippo e i fratelli tornarono alla grotta particolarmente felici: avevano preso una lepre e raccolto molti funghi. Dopo qualche ora, mentre si accingevano alla cena, arrivò alla grotta una ragazza che urlando chiedeva aiuto per il padre che era stato colto da malore. Il suo nome era Rosita. Filippo seguì la ragazza fino al rifugio che condivideva con il padre, ma purtroppo trovarono il vecchio Aniceto già cadavere. Dopo aver cercato invano di consolare Rosita distrutta dal dolore, Filippo fece ritorno alla sua famiglia. Quello che gli apparve, arrivato alla grotta, fu terrificante: i suoi adorati familiari erano tutti morti! I funghi raccolti erano velenosi e tutti i componenti della sua famiglia, mangiandoli, erano morti in preda a lancinanti dolori come appariva dai cadaveri scomposti che recavano ancora i segni della lenta agonia provata. Filippo pianse, pianse tanto senza riuscire a pensare, in quel momento, che Rosita gli aveva salvato la vita chiedendo il suo aiuto. Passarono molti giorni, Filippo rimase solo e Rosita trovò accoglienza presso una famiglia amica. Una sera d’estate, mentre Filippo era seduto malinconico, davanti alla grotta che aveva condiviso con la sua famiglia, sentì dei passi avvicinarsi… Era Rosita! Non aveva visto più la ragazza dalla tragica sera in cui entrambi erano rimasti soli, senza gli affetti più cari. In quel momento, il giovane sentì il cuore sobbalzare, non aveva smesso un solo giorno di pensare a quella ragazza disperata e adesso era lì, davanti a lui. Sedettero insieme a parlare a lungo in quella notte d’estate e a Filippo tutto sembrò chiaro: si stava avverando ciò, che tanto tempo prima, gli aveva predetto la zingara. Filippo attirò a sé Rosita, la strinse forte e la baciò, mentre una stella lasciò una scia nel cielo: era la notte di San Lorenzo! E insieme avrebbero fondato una città! Questa è la leggenda custodita nel cuore di ogni laurentino. Ma si sa, le leggende oltre a ad essere “magiche”, recano sempre in sé qualcosa di vero. In effetti, per fronteggiare gli attacchi continui dei Saraceni, le popolazioni sannite furono costrette a lasciare le valli e a costruire torri e castelli in luoghi alti, sia per sentirsi più sicuri sia per poter vedere in anticipo l’arrivo del nemico. Intorno a queste fortezze ben presto si organizzarono villaggi rurali e ciò spiega la presenza, anche a San Lorenzello, dei resti di due torri fortificate (una dietro l’antica chiesa parrocchiale e l’altra in via Cesolle) e delle “Mura Filippo”, mura di cinta a difesa di dell’insediamento urbano. Attualmente, San Lorenzello, continua a conservare gelosamente la storia di Filippo e Rosita e ogni laurentino non perderà occasione per raccontarla a chi verrà a passeggiare nel bellissimo centro storico per poi ritrovarsi difronte ai resti delle già citate Mura Filippo o scorgere, in Largo Avanti Santi, i resti della antica Chiesa Parrocchiale, crollata in seguito al devastante sisma del 1805. Ogni laurentino sarà lieto di accompagnarvi presso le tante botteghe dei Maestri Ceramisti che hanno fatto conoscere la loro arte e San Lorenzello al mondo intero, magari gustando i famosissimi taralli, altra eccellenza del Paese. E ogni laurentino saprà poi raccontarvi di aneddoti, di personaggi e storie di paese, molte legate anche a San Lorenzo, protettore di San Lorenzello e considerato da ogni laurentino un vero e proprio “Membro della Famiglia”. L’aria buona, il buon cibo, la storia, l’arte e la cordialità dei Laurentini sapranno farvi conoscere “un posto del cuore” che vale davvero la pena visitare. Sarà che sono di parte, ma un posto più bello non c’è!