Cognitive-Behavioural Therapy

La locuzione “Cognitive-Behavioural Therapy”, la terapia cognitivo-comportamentale, è un iperonimo che denota pratiche terapeutiche della psiche messe in atto per problemi patologici. Questo tipo di procedura ha il vantaggio di poter essere utilizzato per terapie collettive, per due persone o per il singolo individuo, in più, il trattamento ha un arco temporale limitato. Qual è lo scopo della psicoterapia? L’obiettivo è la diminuzione dell’alterazione psichica, fino ad arrivare, nel migliore dei casi, alla rimozione dello stato patologico: lo specialista tende a correggere i pensieri alterati, gli stati mentali artefatti e le azioni inadeguate. Attraverso le cosiddette “strategie di adattamento”, il “coping”, il dipendente affettivo riesce a distinguere e a rettificare il raziocinio snaturato. La “Cognitive-Behavioural Therapy” utilizza il “Modello ABC” di Ellis, acronimo di “Antecedence, Belief e Consequence”: 1) per “Antecedence” si intende lo stato del dipendente affettivo prima della manifestazione del turbamento emozionale. 2) per “Belief” si intende l’archetipo, la percezione con la quale si genera l’evento emotigeno. 3) per “Consequence” si intende la condizione mentale dell’individuo. Lo psicoterapista favorisce il “cognitive restructuring”, cercando di demolire il meccanismo di difesa errato assunto dal dipendente affettivo, il cosiddetto “evitamento”, ma ovviamente l’incisività dell’intervento, oltre che dalla capacità del professionista, è condizionata moltissimo dalla persuasione che il paziente ha di voler guarire. La CBT, unendo il cognitivismo e il behaviorismo, usa il know-how di altri modelli come (https://www.istitutobeck.com/terapia-cognitivo-comportamentale/dipendenza-affettiva): 1) “Problem solving”: questa tecnica tende a separare le condizioni scatenanti del problema dal contesto logico-razionale individuando il fulcro specifico del problema. 2) “Decision making”: l’opzione decisionale che segue un processo di cogitazione tra più possibilità e che porta all’alternativa più idonea. 3) “Behavioral experiments”: efficaci esperienze nella dinamica evolutiva emozionale che hanno l’obiettivo di denaturare le anomalie funzionali dei problemi emotivi. 4) “Focus and distraction”: la concentrazione viene indirizzata, attraverso abilità acquisite, in maniera organica e come metodo di cura. 5) “Relaxation techniques”: diverse le tecniche possibili, che vanno dalla meditazione al “rebirthing”, dal training autogeno alla respirazione. 6) “Coping cards”: sono delle asserzioni di contrasto costruttive e positive che vengono utilizzate e ripetute per rimpiazzare i pensieri dannosi del soggetto. 7) “Role playing”: il “gioco dei ruoli” che serve a rafforzare e valorizzare i comportamenti deficitari intersoggettivi della sfera sociale. 8) “Systematic desensitization”: affonda le radici nel riflesso pavloviano, ma è il contro-condizionamento dello psichiatra Joseph Wolpe di Johannesburg: la desensibilizzazione si basa sul concetto stimolo-risposta, vale a dire che il soggetto viene sollecitato da un basso elemento ansiogeno e, quando l’ansia è sotto controllo, gli viene posto uno stimolo maggiore, fino a quando, a sollecitazione imposta, l’ansia non compare. 9) “Cognitive restructuring”: la tecnica mira al cambiamento dei pensieri alterati e anomali in attività mentali che agevolano i procedimenti di adattamento. Un buon percorso psicoterapico si basa sull’assunto della presa d’atto da parte del soggetto della condizione anomala del proprio sé e sul desiderio di voler cambiare tale situazione patogena: a tali presupposti vanno accostati gli esiti, le ripercussioni e gli effetti del cambiamento stesso. Lo specialista deve far rivivere gli aspetti salienti della storia evolutiva del soggetto, individuando i presupposti che hanno compromesso e logorato l’“amor sui”, stabilendo gli intenti e le modalità. Il riattamento delle idee problematiche sulle proprie qualità e sul sé è il passo successivo, seguito dal controllo sul pathos, sugli impulsi ansiogeni, sui turbamenti e sugli affanni emotivi. Il training assertivo è un fattore determinante del trattamento, che permette di ristabilire la sovranità emozionale: il punto focale della cura è accettare le esperienze emotive anguste e controllare le reazioni emozionali penose come contrizione, rimpianto, fallimento.

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