Matteotti e il petrolio, il giudice e Mussolini. Nel racconto di Raffaele Vescera
Sarà per la necessità più pressante di ancorare vita e ragionamenti a qualcosa di solido che, i libri della storia, in tempi precari di fake news e di memoria (corta) del digitale, divengono sempre più spesso piccoli approdi di tanti lettori. Così, anche io, dopo un po’ che l’emergenza da Covid mi aveva reso inane, ho trovato fortunato ormeggio in un libro che, alla forma del romanzo, dà consistenza l’inchiostro dello storico. La penna è quella di un ispiratissimo Raffaele Vescera che traspone nel suo “Il giudice e Mussolini” il risultato di un lavoro di recupero, non solo documentale ma anche di intelligenza e memoria collettiva, che restituisce il valore che merita la figura dell’integerrimo giudice di Cassazione, Mauro Del Giudice, al quale fu affidata l’istruttoria del processo per l’omicidio del deputato socialista Giacomo Matteotti.
La dirittura morale con la quale il magistrato dà seguito alle prove della corruzione del regime, raccolte da Matteotti e relative a tangenti versate dalla compagnia petrolifera Sinclair che coinvolgono persino Vittorio Emanuele III; Il coraggio con cui affronta gli inganni, le pressioni, i tradimenti, gli adescamenti e le delusioni, compreso quella di vedersi sfilare il processo attraverso la consueta “rimozione per promozione”; fanno vacillare seriamente i vertici del regime fascista, e costituiscono la trama attorno alla quale viene resa al lettore la tensione, e il senso, di tutto il periodo infame del ventennio che è stata l’Italia di Mussolini.
Sembra farlo senza intenzione, eppure seguendo le indagini di Del Giudice, Vescera ci fa conoscere l’appassionato meridionalismo di un, troppo poco conosciuto, grande uomo del Sud secondo il quale la questione meridionale nacque con l’unità d’Italia per “…l’abbandono completo, in cui i governanti di allora, quasi tutti piemontesi e lombardi, avevano lasciato quelle infelici popolazioni senza ferrovie, senza scuole sufficienti, prive financo di acqua potabile, mentre si profondevano centinaia di milioni nell’alta e media Italia”.
Con discrezione l’autore ci accompagna dapprima per le strade di una Roma spaventata e piegata alla scaltrezza degli opportunisti, poi tra i paesaggi e le case della tenace gente garganica. Dedica pagine intense al feroce bombardamento col quale Foggia venne rasa interamente al suolo, e non manca di tratteggiare in maniera vivida le eroiche quattro giornate durante le quali il popolo di Napoli seppe “scarcerarsi” da solo, dall’occupante tedesco, prima di ogni altra città europea.
Inquietante e non privo d’ironia il “fuori scena” conclusivo che, seguendo le tracce lasciate dagli interessi internazionali che ruotano attorno al petrolio, mostra la continuità delle vicende italiane che legano il delitto Matteotti ad altre misteriose morti eccellenti, da quella di Enrico Mattei fino a quella di Aldo Moro … d’altronde Rose Bloom aveva avvisato di chiedere “Lumi al petrolio”.