Bistrattate ad ogni costo! (2a ed ultima parte)
Si è detto, nella prima parte, che la propaganda russa a sfavore degli uomini della “Tagliamento” fu spietata. Essi rappresentavano il fanatismo fascista ed erano considerati acerrimi nemici, sia sul piano bellico che ideologico.
Nel dicembre del ’41, quando la 63a Legione CC.NN. raggiunse Mikailowka, un unanime grido d’allarme correva tra i pochi rimasti. “Arrivano la Camicie Nere!”, le quali si erano ormai assuefatte all’idea di essere accolte come diavoli in carne ed ossa. In giro non si vedeva anima viva. Quei soldati, stanchi, spossati dalla fatica, che avevano bisogno solo di un po’ di riposo, al coperto, si trovarono di fronte a piccoli gruppi di anziani, donne e fanciulli, tutti assorti in preghiera, tutti con gli occhi sbarrati dal terrore, come se fosse giunta la loro ultima ora. Non ci misero molto, in verità, a convincere quella povera gente che non avevano invaso le loro terre e le loro case per violentare le donne, sgozzare i bambini e spellare i vecchi. Sapevano come trovare velocemente le vie per giungere al cuore del prossimo. Dai loro portafogli incominciarono ad uscire fotografie di madri, di spose, di figli che li aspettavano in terre molto, troppo lontane. E l’amicizia, allora, nasceva immediatamente.
Il fatto che una parte della popolazione fosse rimasta in paese, a dispetto degli ordini ricevuti, e che avesse accolto quelle truppe non come dei nemici, aveva esasperato gli animi degli ufficiali e dei commissari politici sovietici. Le donne avevano aperto le loro isbe, li avevano accettati ed avevano stretto amicizia con loro. Forse, molte erano andate anche oltre, concedendo all’invasore anche qualcosa di più. Per questo, il comportamento di quelli che dovevano essere i liberatori, si rivelò subito brutale ed aggressivo.
A documentazione di alcuni eclatanti fatti accaduti, il Comando del C.S.I.R. si preoccupò di redigere, in seguito, un processo verbale, sottoscritto da una certa Lina Slepzowa e controfirmato dai testimoni che assistettero al suo interrogatorio. I Commissari setacciarono ogni angolo della sua casa e vollero sapere le più minuziose notizie sulle CC.NN., quante erano, di che armi erano dotate, in quale direzione si erano ritirate. Fin qui non ci sarebbe stato nulla di male, se le domande non fossero state seguite da minacce e percosse. Un intenso nervosismo attanagliava quei funzionari, quando non riuscivano ad ottenere dagli interrogatori quelle informazioni, che avrebbero potuto fornire esca preziosa alla propaganda: gli Italiani erano dei barbari, dei nemici accesi dall’odio più feroce. Perché quelle notizie dovevano assolutamente trovare comprovate conferme. Specialmente in Ucraina, dove serpeggiavano da tempo velleità indipendentistiche ed antisovietiche. La resistenza partigiana era basata sul principio “che se non mi difendo, sarò ridotto in schiavitù o eliminato”.
Lina fu minacciata di fucilazione, se non avesse confessato crimini commessi dalle Camicie Nere. Poiché non riuscì ad inventare nulla, fu accusata di essersi prostituita al nemico. Anche questo faceva parte della politica fascista? Corteggiare le donne dei vinti, per minare il morale dei combattenti e rifornire le loro estemporanee case di tolleranza?
La morte era troppo poco, per una russa che aveva tradito la propria patria, in maniera tanto vergognosa. La Slepzowa, con un folto gruppo di prigionieri italiani ed un altro molto più nutrito di donne, fu avviata verso le retrovie. Ma il convoglio, a causa della nebbia, deviò dal suo percorso ed andò a finire proprio nel mezzo di una formazione di carri armati tedeschi. I russi della scorta se la dettero a gambe ed i prigionieri furono liberati.
Tutto ciò accadde all’inizio della spedizione, prima di importanti combattimenti. Il primo vero contatto a fuoco con il nemico, la 63a Legione lo ebbe la notte del 25 dicembre 1941, in quella che fu chiamata l’offensiva di Natale, a Nowaja Orlowka. I russi mostrarono chiaramente di voler perseguire due scopi, secondari forse, ma non per questo meno importanti: offendere il sentimento cristiano e battere il settore tenuto dalle Camice Nere. Erano truppe scelte, nemiche due volte, perché italiane e perché fasciste, col bando di ogni pietà, di ogni rispetto, una lotta senza quartiere, uccidere o essere uccisi.
Nowaja Orlowka era l’ultimo baluardo difensivo della “Tagliamento” e la sua caduta avrebbe messo in serio pericolo tutto lo schieramento. L’urto dell’assalto sovietico, di gran lunga più consistente, venne bloccato.
Il Centurione (capitano nell’esercito) Mario Gentile, Comandante della Compagnia Mitraglieri, correva senza sosta da una postazione all’altra, per assicurarsi del funzionamento delle armi ed incoraggiare i suoi uomini. Sapeva quanto contava la sua presenza, in quel momento di estremo pericolo. Venne colpito mentre, dopo averla disinceppata, stava sistemando un’arma nella giusta posizione di tiro. “Non è niente ragazzi, continuate a sparare”, gridò ai suoi. E lo urlò a piena voce, perché tutti lo sentissero, nonostante il fragore dei colpi. Non era niente… ma, meno di un’ora dopo, morì al posto medicazione. Ed i suoi uomini, ignari, continuarono a far fuoco, convinti di vederlo riapparire da un momento all’altro.
Sulla destra del dispositivo, si andò all’attacco con la baionetta in canna, al grido di “Savoia”, per ben tre volte. Lo sbarramento del tiro avversario era tale che i morti si accumularono sui morti, senza poter fare un passo in avanti. Il Tenente Colonnello Nigra, Comandante del V Battaglione, cadde fra i primi. Poi lo seguirono tutti gli altri Comandanti, insieme ai propri militi. Una carneficina spaventosa, inutile. Il Reparto perse in pochissime ore di combattimento, il cinquanta per cento degli effettivi.
Il Centurione Pessina, si agitava come una furia in mezzo ai suoi legionari, per incitarli a resistere, a contrattaccare, a morire. “Siamo Camicie Nere, dobbiamo fare più degli altri!”, esclamò, sfinito, ferito e lacerato dalla rabbia. Finalmente, quando il fallito attacco russo terminò, fecero la loro apparizione, nel settore, i primi carri armati tedeschi ed in cielo aerei italiani. Si era preteso dagli uomini della 63a Legione CC.NN. “Tagliamento” l’impossibile, in condizioni semplicemente disastrose. Moltissimi pagarono con la vita, moltissimi con la prigionia. Pretendere di più sarebbe stato delittuoso, ammesso che fosse stato possibile.
Il Capo di Stato Maggiore della Milizia, Generale Enzo Emilio Galbiati, “dal suo comodo ufficio di Roma” (disse qualcuno), inviò, con un dispaccio, parole di elogio (lett.): “Il valore dimostrato dagli Ufficiali e dalle Camicie Nere di codesta Legione, nella battaglia di Natale ed in tutti i combattimenti, è motivo d’orgoglio per la Milizia. Invio all’eroica Legione “Tagliamento” il saluto di tutti i Legionari in armi”. Forse i Legionari avrebbero gradito molto di più ricevere notizie da casa, che mancavano da mesi, o i tanto sospirati “pacchi”, per calmare i morsi della fame.
Dell’intera 63a, mancarono all’appello 959 “eroi”. E’ necessario trovarsi d’accordo sul significato da dare alla parola “eroe”. Perché eroe non è soltanto colui che fa cose al di fuori della norma, spinto da un demone indefinibile ed incontrollabile, la cui azione appare, anche se spesso non è, il prodotto di una lucida coscienza individuale. Eroi sono anche coloro che cadono vittime di un sistema dal quale, sul piano pratico, rimane impossibile sfuggire.
Nell’immediato dopoguerra, ad un fuoriuscito antifascista che ostentava, tra orgoglio e recriminazione, di aver trascorso vent’anni in esilio, per sfuggire alla tirannia, venne seccamente risposto da un giornalista: “Caro signore, c’è voluto molto più coraggio a vivere in Italia, in quegli anni, che non a trovare un rifugio sicuro all’estero”. Chi aveva ragione? Forse tutti e due o forse nessuno dei due. Il giudizio sul bene o sul male, sul giusto o sull’ingiusto, si pronuncia sempre dopo che l’azione è stata compiuta. E dipende dal successo o dall’insuccesso dell’azione stessa.
Sta di fatto che la 63a Legione Camicie Nere “Tagliamento” venne successivamente promossa sul campo ad unità scelta “Emme” (“M” per Mussolini, unità d’èlite della milizia) e il suo Labaro decorato di una Medaglia d’Oro ed una d’Argento, al Valor Militare.
Alla data del suo scioglimento, l’8 settembre 1943, la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale contò 14.142 caduti. Alla Bandiera di Guerra vennero conferite 57 onorificenze, di cui 20 Ordini Militari di Savoia (l’attuale Ordine Militare d’Italia). Le ricompense individuali furono: 22 Ordini Militari di Savoia, 90 Medaglie d’Oro, 1.232 d’Argento, 2.421 di Bronzo e 2.658 Croci di Guerra, al Valor Militare.
Al di là del colore delle loro giubbe, più o meno discutibile, più o meno accettabile, le Camicie Nere fanno, comunque, parte di quella schiera di uomini che combatterono, a costo della loro vita, in nome del tricolore nazionale. Per questo vanno ricordati.