BAYER condannata a risarcire il consumatore per le avvertenze generiche del bugiardino sui rischi del farmaco
Risarcito il consumatore se le avvertenze sui rischi del farmaco contenute nel bugiardino sono generiche. L’avvertenza, infatti, deve consentire al paziente di effettuare una corretta valutazione dei pericoli e dei benefici in conseguenza dell’uso del prodotto, nonché di adottare tutte le precauzioni necessarie per evitare l’insorgenza del danno. Lo ha ricordato la terza sezione civile della Cassazione con la sentenza 12225/21 del 10 maggio che ha respinto il ricorso della casa farmaceutica Bayer Spa. La corte d’appello aveva rideterminato in diminuzione l’ammontare del risarcimento corrisposto a un medico in seguito all’assunzione di un medicinale che gli aveva provocato una grave patologia. La controversia è così giunta in Cassazione dove la casa farmaceutica ha sostenuto che il problema della difettosità non può coincidere con la semplice possibile insorgenza di effetti collaterali nocivi, ma deve invece ricondursi al problema di un corretto bilanciamento del rapporto rischio/beneficio relativo alla somministrazione dello stesso. Inoltre la patologia lamentata dalla controparte non poteva costituire un “risultato anomalo”, essendo perfettamente conosciuta dalla classe medica come possibile effetto avverso del farmaco, chiaramente segnalata nell’informativa fornita con il prodotto, informativa che avrebbe consentito al medico di esporsi o meno ai remoti rischi di effetti indesiderati. La Suprema corte, nel respingere il ricorso, ha ricordato che viene definito difettoso non ogni prodotto insicuro bensì quel prodotto che non offra la sicurezza che ci si può legittimamente attendere in relazione al modo in cui il bene è stato messo in circolazione, alla sua presentazione, alle sue caratteristiche palesi, alle istruzioni o alle avvertenze fornite, all’uso cui può essere ragionevolmente destinato e ai comportamenti che in relazione ad esso si possono ragionevolmente prevedere al tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione. Ebbene, ha proseguito la Cassazione, spetta anzitutto al danneggiato dimostrare che il farmaco ha evidenziato il difetto durante l’uso, che ha subito un danno e che quest’ultimo deriva dal difetto. Fornita dal danneggiato questa dimostrazione, il produttore ha l’onere di dare la prova liberatoria, consistente nella dimostrazione che il difetto non esisteva quando ha posto il prodotto in circolazione, o che all’epoca non era riconoscibile in base allo stato delle conoscenze tecnico-scientifiche. La responsabilità da prodotto difettoso integra pertanto un’ipotesi di responsabilità presunta (e non già oggettiva), incombendo al danneggiato che chiede il risarcimento provare gli elementi costitutivi del diritto fatto valere, in particolare l’esistenza del “difetto” del prodotto e il collegamento causale tra difetto e danno. Né rileva, ai fini di esclusione della colpa del produttore, che per il farmaco sia stata concessa l’autorizzazione al commercio. Nel caso in esame, ha concluso la Cassazione, la corte di merito ha correttamente affermato che a escludere la responsabilità del produttore del medicinale non basta un’informazione che si sostanzi in una mera avvertenza generica circa la non sicurezza del prodotto, essendo necessaria un’avvertenza idonea a consentire al paziente di acquisire non una generica consapevolezza in ordine al possibile verificarsi dell’indicato pericolo in conseguenza dell’utilizzazione del prodotto bensì di effettuare una corretta valutazione, cosa che però non è avvenuta. Di qui il rigetto del ricorso.