Paracadutisti: la carta mancante
Se capita di sorvolare, ad esempio in elicottero ed a bassa quota, il territorio delle Ardenne, una regione collinare coperta da foreste, che si trova principalmente in Belgio ed in Lussemburgo, ma che si estende fino in Francia, compresa tra i fiumi Mosa e Mosella e se, per di più, si è appassionati di storia, non si può fare a meno di ricordare e riflettere su quello che fu, durante la Seconda Guerra Mondiale, il teatro di un’importante Battaglia, a cavallo tra il 1944 ed il 1945, determinante per le sorti del conflitto.
Osservandolo dall’alto e riflettendo poi su quegli avvenimenti, ci si rende conto che le possibilità di movimento dei mezzi cingolati, in quelle aree, erano maggiori di quanto non venne allora supposto in generale, soprattutto da parte dell’alto comando francese, dominato da una mentalità troppo convenzionale. In realtà, le strade, che si muovono ancora oggi inalterate lungo i due fiumi, incassate dentro valli dai ripidi pendii, se difese energicamente, avrebbero potuto costituire, come fu, ostacoli molto seri per l’avanzata tedesca.
Quindi, anche alla luce di una certa esperienza professionale, viene da pensare che la risposta offensiva, da parte dei nazisti, a quel problema difensivo, poteva essere fornita solo da un lancio di paracadutisti che, a presidio di quelle strettoie di grande importanza strategica, avrebbero spianato l’arrivo dei propri carri armati. Ma non avvenne. Hitler non volle assolutamente giocare quella carta, fondamentale e così stupidamente bruciata.
Hasso von Manteuffel, General der Panzertruppen (Generale delle Truppe Corazzate), a cui venne affidato il compito strategico dell’Offensiva delle Ardenne, confessò in un’intervista, sul finire degli anni ’60, che sarebbe stata un’idea eccellente impiegare i paracadutisti per forzare l’ingresso. All’epoca questo argomento non venne mai trattato, anche perché, in ogni caso, le aviotruppe erano numericamente molto scarse e paralizzate dalla mancanza di aerei da trasporto. La pericolosa situazione sul fronte orientale aveva indotto il leader nazista ad utilizzarle in massa come fanteria ordinaria, per rimpiazzare le tante Divisioni inviate in Italia. La conseguenza fu che solamente novecento paracadutisti abilitati sarebbero stati disponibili per quell’offensiva, tutti già impiegati, altresì, nello schieramento della VI Armata Corazzata.
La conquista di Creta, terminata il 1° giugno 1941, fu il sensazionale successo delle unità aviotrasportate tedesche, ma le elevatissime perdite indussero Adolf Hitler a porre di fatto termine alle loro operazioni, tanto che, per tutto il prosieguo della guerra esse furono sfruttate quasi esclusivamente come unità di fanteria ordinaria. In realtà, nell’entusiasmo del momento, erano state destinate a compiere, subito dopo, un rapido colpo di mano su Malta, impresa che sfumò sul nascere.
Il Generale della Luftwaffe, Kurt Student, che si era recato in Russia, nel 1935, per assistere ad una esercitazione di parà sovietici, l’anno seguente volle a tutti i costi creare, a Stendal, una scuola di paracadutismo (Fallschirmspringerschule), con l’intenzione di proporre il nascente corpo speciale per un impiego, proprio nella campagna di Russia. Il suo intento venne però frustrato dalla tendenza del Führer a tenerla in riserva per qualche missione particolare, sprecandola, alla fine, in mansioni non consone ai suoi compiti specifici. Nella succitata intervista, Manteuffel aggiunse anche che: “A mio parere, ancora oggi, non può esservi nulla di meglio di una combinazione di truppe corazzate e di paracadutisti”.
Già dal 1937, il Generale Heinz Guderian, considerato il padre delle truppe corazzate germaniche, aveva iniziato a collaborare in maniera piuttosto fattiva con Student che, per l’appunto, era intento ad addestrare quelle paracadutiste, ma Hermann Goering, il principale luogotenente del Reich e Comandante dell’Aviazione, bloccò ogni proposta di azione combinata. Egli voleva mantenere sempre alto il livello numerico ed operativo della Luftwaffe e, pertanto, fu sempre molto avaro nella gestione dei mezzi di trasporto da fornire alle truppe aviotrasportate.
Quando il fronte germanico in Francia crollò e gli Alleati fecero un balzo in avanti fino al Belgio, ai primi di settembre, Kurt Student venne inviato ad organizzare una nuova linea, in Olanda meridionale. A tale scopo, gli venne affidato il comando di truppe raccogliticce, battezzate pomposamente I Armata Paracadutisti. Essa consisteva di un certo numero di divisioni di fanteria, incomplete ma con l’aggiunta di alcuni reparti di aviotruppe, composti da quelli che erano in addestramento ai suoi ordini. Costituito il nuovo sbarramento ed arrestata l’avanzata nemica, le forze naziste in Olanda vennero a formare il Gruppo di Armate H, comprendente la I Armata Paracadutisti e la XXV Armata, di creazione ancor più recente, agli ordini di Student, in aggiunta alle sue funzioni (solo sulla carta!) di Comandante in Capo delle Truppe Paracadutiste.
L’8 dicembre, il Generale venne informato della progettata offensiva nelle Ardenne, con il compito di racimolare tutti i paracadutisti addestrati reperibili, tanto da formare un grosso battaglione. Questo avvenne una settimana prima che l’offensiva cominciasse. Il Battaglione, Fallschirmjäger-Battalion, comprendeva circa mille uomini al comando del Colonnello Friedrich von der Heydte e fu inviato nel settore della VI Armata Corazzata, gioiello personale del Generale Josef “Sepp” Dietrich. Messosi in contatto con il Comando della Luftwaffe, Von der Heydte scoprì che più della metà degli equipaggi degli aerei assegnatigli non avevano esperienza di lanci e che mancavano, anche, delle necessarie attrezzature. Soltanto il 13 dicembre riuscì a vedere Dietrich, il quale gli disse, senza troppi preamboli, che non avrebbe adoperato i suoi uomini, per timore di mettere sull’avviso il nemico, tanto più che il Führer aveva insistito in tal senso.
Con un ripensamento del giorno dopo, “Sepp” informò Von der Heydte che il compito assegnato ai suoi non sarebbe stato quello di impadronirsi di una delle difficili strettoie obbligate, che si trovavano sul cammino dei carri armati, ma di atterrare vicino all’incrocio stradale Malmédy-Eupen-Verviers, per ritardare quanto più possibile il passaggio dei rinforzi alleati provenienti da nord. E non solo. Gli ordinò di effettuare l’operazione di notte, anziché all’alba, per evitare di dare l’allarme al nemico. Ma la sera prima dell’attacco, il 15 dicembre, non arrivarono i mezzi promessi per trasportare le compagnie sui campi d’aviazione e la missione venne rimandata alla notte seguente, quando l’offensiva era già cominciata. Inoltre, soltanto un terzo degli apparecchi riuscì a raggiungere la zona esatta di lancio ed il forte vento trascinò i paracadute fuori area, cosicché in molti, feriti o uccisi, atterrarono sulle alture boscose e coperte di neve.
Le strade erano già percorse da colonne anglo-americane, in marcia verso sud. Von der Heydte, che era riuscito a raccogliere soltanto un paio di centinaia di uomini, non ce la fece a raggiungere l’incrocio stradale e posizionare un posto di blocco. Per parecchi giorni molestò le rotabili con scorrerie di piccoli gruppi e poi, non essendovi segno che le forze di “Sepp” Dietrich arrivassero a rilevarlo, il colonnello tentò di spingersi ad est per ricongiungersi con esse ma, durante il trasferimento, venne fatto prigioniero con i suoi uomini. Quella fu l’ultima operazione dei parà tedeschi.
Il giorno dello sbarco in Normandia, il 6 giugno 1944, cioè cinque mesi prima, i nazisti disponevano di 150.000 paracadutisti, inquadrati in sei Divisioni organizzate. Di questi, solo 50.000 erano addestrati, gli altri ancora impegnati nel corso di istruzione. Non riuscirono a completare il loro addestramento, perché continuamente impiegati in battaglia come fanteria ordinaria. Quando sarebbero dovuti servire per l’offensiva delle Ardenne, solo un manipolo era rimasto disponibile.
Il Generale Kurt Student, scomparso nel 1978, come il collega ed amico Hasso von Manteuffel, scrisse con rammarico tempo dopo, nel suo memoriale: “E’ stata un’insana pazzia distogliere quei ragazzi dal corso ed utilizzarli come fanteria, anziché impiegarli nel loro compito specifico e particolare. Le sorti di quell’offensiva, non si sarebbero di certo tramutate in un’amara disfatta!”.