Il non detto di Dante Alighieri

Ricordiamolo per quello che è stato, non per quello che volessimo che fosse.
Nel settecentenario della morte, il sommo poeta, dai più, viene ricordato come esempio di cristianità. Ma è stato veramente di etica cristiana, la sua morale era veramente cattolica? Un buon libro di Barbara Reynols, Dante la vita e l’opera, Ed. Longanesi 2007, getta un nuovo sguardo su Dante, inducendoci a riflettere sugli eventi significativi della sua giovinezza, sulla nobile cerchia di poeti ispirati da ardori estatici e contemplativi, noti come i Fedeli d’Amore, di cui fece parte.
“Vi sono indizi che Dante, forse in compagnia di altri poeti, potesse aver fatto uso di sostanze erboristiche capaci di produrre un acuito stato di coscienza”. Il sublime sentimento dello stereotipato amor cortese, ben distinto dalla concupiscenza, che omaggiava un’anonima dama maritata, dava origine a visioni mistiche. Uno dei suoi componimenti, che in seguito sarebbe diventato il primo testo poetico della Vita Nuova, ebbe una responsiva da parte di Dante da Maiano che in modo beffardo lo consigliava di andare da un dottore con un campione di urine, forse alludendo alla presenza di un residuo di sostanze narcotiche. Nel primo canto del Paradiso fa riferimento al sovrano babilonese Nabucodonosor che si nutriva di erba credendosi un animale e a cui fu dato di conoscere in sogno alcune verità divine, ma senza averne ricordo da sveglio, e a Glauco,

[..] tal dentro mi fei
qual si fè Glauco nel gustar de l’erba
che ‘lfé consorto in mar de li altri dei.
Transumar significar per verba
Non si poria; però l’essemplo basti
A cui esperienza grazia serba
[Paradiso, I, 67-69]

Glauco, pescatore della Beozia, osservò che i pesci appena pescati dopo aver mangiato una certa erba riacquistavano vitalità e così decise di assaggiarla. L’erba lo rese immortale ma lo trasformò in una divinità marina con il dono della profezia. Il poeta paragona il proprio <<trasumanare>> nell’ascesa celeste alla trasformazione di Glauco per effetto di un’erba magica.
Da questi due strani esempi è consentito suppore un’indiretta allusione a sostanze neurotoniche che producevano effetti simili a quelli del protagonista della Commedia?
La versione latina del trattato del medico greco Dioscoride, come ricorda nel limbo, era ben conosciuta da Dante e quindi anche il consumo della canapa (cannabis sativa) e di altri psichedelici. Nel Tractatus de Herbis, manoscritto risalente al Trecento, erano già attestati il consumo di tali sostanze psichedeliche, che, forse, in occorrenza di qualche ritrovo poetico dei Fedeli d’amore, potrebbero rendere, in parte, conto delle esperienze estatiche di acuita percezione della Vita Nuova.

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