Un’irrinunciabile presenza…! (2a parte)
Come narrato a conclusione della prima parte, il Prefetto Giovanni Bolis, nel 1879, modificò radicalmente la struttura amministrativa della Pubblica Sicurezza, con una lunga serie di avveniristiche riforme. Volle, altresì, estendere sul territorio nazionale la presenza dei Carabinieri Reali, nelle piccole località, e le Guardie di P.S., nei grandi centri urbani. Nel mese di dicembre del 1890, istituì le Guardie di Città che assorbirono tutto il personale appiedato; due anni dopo fu la volta di quello a cavallo, di stanza in Sicilia. In realtà, quest’ultimo fu un cambiamento solo nominale, poiché rimasero inalterate tutte le finalità di impiego, come la salvaguardia dell’osservanza delle leggi, dell’ordine pubblico, di prevenzione e repressione dei reati, un impiego che venne esteso anche al territorio municipale, addossando gli oneri economici alle autorità locali. Corretto ricordare che le Guardie di Città si distinsero nelle operazioni di soccorso alle popolazioni colpite dai tragici sismi di Messina, nel 1908, e di Avezzano, nel 1915.
Nel 1897, sempre a dicembre, il Ministro dell’Interno Antonio Starrabba di Rudinì, con un provvedimento speciale, rimodulò la Polizia di Roma in Corpo delle Guardie della Capitale, formato da uomini che avrebbero dovuto operare sia in uniforme che in abiti civili. Il provvedimento venne poi revocato nel 1901. Nell’ottobre del 1902, Giovanni Giolitti, Ministro protempore, affidò a Salvatore Ottolenghi, Docente universitario (fondatore, nel 1906, del primo Istituto di Medicina Legale nazionale, presso l’Università di Roma), lo studio per l’impianto di un corso formativo di “Polizia Scientifica Applicata”, rivolta ai soli funzionari. Ottolenghi, partendo dai principi del sistema antropometrico, ideato a sua volta dal funzionario della polizia francese Alphonse Bertillon, pensò di istruire una meticolosa biografia del “sospettato”, che abbracciasse non solo i dati anagrafici ma anche quelli antropologici e psicologici. Tra le più significative innovazioni introdotte, la redazione del “Formulario pel segnalamento descrittivo dei connotati più salienti e contrassegni [lett.]”. Con un decreto ministeriale, esattamente un anno dopo, il Governo riconobbe e sancì l’attività della Scuola, che divenne un passaggio obbligatorio ed essenziale, nella complessa struttura della formazione degli appartenenti alla Pubblica Sicurezza.
Nel corso della Prima Guerra Mondiale, il Corpo delle Guardie di Città proseguì la propria attività di gestione dell’Ordine e della Sicurezza interna dello Stato. Accanto alle riconosciute finalità istituzionali, emerse la necessità di professionalizzare adeguatamente l’attività di polizia investigativa, che si concretizzò nell’istituzione del Corpo degli Agenti di Investigazione, nell’agosto 1919. In ottobre, nacque il Corpo della Regia Guardia di P.S., nel quale confluì il personale del disciolto Corpo delle Guardie di Città, posto, per le attività di polizia, alle dirette dipendenze del Ministro dell’Interno. Struttura efficiente, militarizzata, adeguatamente armata e motorizzata, sostituì il Regio Esercito, nella conduzione dei servizi di Ordine Pubblico.
Assunto il potere, dopo la Marcia su Roma del 1922, Benito Mussolini volle fortemente riformare i Corpi Armati di Polizia, unificandoli, con un’operazione che, di fatto, soppresse le Regie Guardie e gli Agenti Investigativi, trasferendo le loro mansioni all’Arma dei Carabinieri, in quello che venne chiamato Ruolo Specializzato, gerarchicamente dipendente dal Ministero della Guerra, anche se ai Funzionari di Pubblica Sicurezza rimase il diretto controllo operativo del personale. Fu una manovra politica atta ad eliminare, nell’arco di due mesi e senza particolari traumi, coloro che in passato si erano manifestati contrari al regime ed alla sua ideologia, primo passo per la realizzazione di un sistema particolare di controllo, denominato “Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale” (MVSN), cioè un corpo di gendarmeria a ordinamento militare, che da 1924 divenne un’autonoma Forza Armata dell’Italia fascista. Ma lo scioglimento della Guardia Regia non fu “senza particolari traumi”, né tantomeno indolore. I suoi appartenenti vi si opposero con la forza e con l’uso delle armi. Scontri e conflitti a fuoco avvennero in molte città del paese. Mussolini, per sedare la rivolta, dovette far ricorso ai Carabinieri ed all’Esercito. Ritornata la normalità, parte del personale fu inviato a seguire dei corsi di formazione scientifica ed investigativa, presso la Scuola Tecnica di Polizia, a Roma. L’Arma dei Carabinieri rimase, in ogni caso, l’unico ente di polizia, sull’intero territorio nazionale. Nel 1925, il Duce soppresse il Ruolo Specializzato dei Carabinieri e ricostituì il Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza, militarmente organizzato. Nello stesso anno, prese vita il Corpo Speciale di Polizia per la Capitale, strutturato come Divisione Speciale, del quale, in un secondo momento, furono fornite anche Napoli e Palermo.
Dopo aver proclamato, la sera del 9 maggio 1936 alle ore 22,30, dal balcone di Piazza Venezia, “la riapparizione dell’Impero sui Colli fatali di Roma”, Mussolini dovette mettere mano alla riorganizzazione dei domini in Eritrea, Somalia, Libia ed Etiopia, compresa la pubblica sicurezza. Nominò, a capo del Ministero delle Colonie, Alessandro Lessona (che ne cambiò quasi subito il nome in Ministero dell’Africa Italiana), con l’incarico di riorganizzare la polizia coloniale, riunendo in un’unica struttura le già operanti in quelle terre. Il nuovo Corpo di Polizia dell’Africa Italiana (P.A.I.), posto alle dirette dipendenze dell’omonimo Ministero, aveva mansioni analoghe a quelle espletate sul territorio nazionale. Organizzato militarmente e costituito da elementi scelti tra i Carabinieri Reali e gli Ascari (soldati indigeni) di Polizia, era parte integrante delle Forze Armate. La sede della sua Scuola di Addestramento era a Tivoli, vicino a Roma.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, sia la P.A.I. che il Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza nazionale parteciparono, in maniera attiva, a tutte le operazioni belliche nelle quali furono chiamati. Nel 1941, vennero costituiti, il Battaglione Agenti di Polizia Motociclisti ed il Battaglione Specializzato “Fiume”, che combatterono sul fronte greco-albanese. La P.A.I. intervenne su quello nordafricano. Entrambi, dopo l’8 settembre del ’43, presero parte alla difesa di Roma, contro le forze tedesche di occupazione.
Con la caduta del fascismo, il 25 luglio, il Primo Ministro Pietro Badoglio dispose che il Corpo degli Agenti di P.S. fosse una realtà delle Forze Armate, a difesa del territorio nazionale. Il personale indossò, per la prima volta, le stellette a cinque punte (unico simbolo della “militarità”) sul bavero della propria uniforme, stellette che rimasero nonostante il ritorno alla vecchia denominazione, nel novembre del ’44, di Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, operativamente posto sotto la guida del Ministero dell’Interno, nella tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. Con l’avvento della Repubblica, le Guardie di P.S. divennero uno strumento di garanzia della nascente democrazia, contribuendo sensibilmente al ripristino della legalità.
Adeguandosi alle nuove esigenze, dettate dalla veloce ed inarrestabile evoluzione, sia sociale che tecnica, la struttura venne snellita ed articolata in reparti territoriali ed in reparti mobili, dipendenti dalle Questure. I primi, suddivisi in Raggruppamenti, con attività di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza; i secondi, dotati di un equipaggiamento, di un armamento e di una motorizzazione nel tempo sempre più evoluti, dovevano intervenire in gravi ed imprevisti frangenti di ordine pubblico. Sorsero, le specialità della Polizia Ferroviaria, Stradale, di Frontiera (marittima, terrestre ed aerea) e Postale. Nel 1959, fu introdotta, con mansioni ausiliarie, la Polizia Femminile, nel 1968, venne alla luce la Direzione Centrale della Polizia Criminale (Criminalpol), così come, via via, tante altre Direzioni Generali, miranti, ciascuna settorialmente, a contrastare la criminalità.
Nel 1981, con un’eclatante riforma che puntò alla smilitarizzazione ed alla unificazione dei ruoli, la neonata “Polizia di Stato” è divenuta un “organismo civile ad ordinamento speciale”. In essa è transitato tutto il personale del Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, del Ruolo dei Funzionari di P.S. del Ministero dell’Interno e del Corpo di Polizia Femminile. I suoi obiettivi, nonostante le tante differenti denominazioni, sono rimasti, immutati nel trascorrere del tempo, quelli cioè della difesa dei diritti di libertà e di sicurezza dei cittadini e, naturalmente, la prevenzione dei reati. Per fare ciò, la polizia ha costantemente dovuto “scrutare i bisogni delle moltitudini, conoscerne gli interessi morali ed economici, indagare il grado della loro educazione e studiarne le vere condizioni sociali”.
La Bandiera della Polizia di Stato sintetizza il senso più alto dei propri valori, della propria identità e della propria tradizione.