Il Montemaggiore devastato dall’azione “criminale” dell’uomo

Nelle prime ore del pomeriggio di sabato 14 agosto u.s. un vasto e violento incendio è divampato lungo il versante occidentale del Monte Grande, sulla catena del Montemaggiore, nel territorio del Comune di Rocchetta e Croce. Le fiamme in pochissimo tempo si sono estese e si sono levate altissime e tutta la zona è stata avvolta da una coltre di fumo asfissiante. Circa duecento ettari di macchia mediterranea e di bosco sono stati aggrediti e divorati dalle fiamme, inarrestabili e incontrollabili, in un vasto territorio tra i Comuni di Pignataro Maggiore, Giano vetusto, Rocchetta e Croce e Calvi Risorta.
Si fa non poca fatica a pensare alla casualità del “disastro ambientale” e la stampa locale e nazionale, che tempestivamente ha socializzato l’incendio, è stata concorde nel ritenere l’azione incendiaria dolosa e si è soffermata sul fatto non secondario che l’azione criminale viene messa in atto sempre nelle stesse aree e sempre con la stessa tecnica in punti diversi e ciò allo scopo di favorire l’allargamento del “fronte” per rendere più difficoltosi gli interventi di spegnimento. E’ opinione molto diffusa che gli interessi che spingono i piromani-criminali ad accendere la miccia sono molteplici in quanto, come riportato anche da organi di stampa, le colline comprese tra Calvi Risorta e Rocchetta e Croce nel periodo invernale costituiscono un importante punto di passaggio per gli uccelli migratori e al cacciatore che ama sparare a questi uccelli serve un suolo pulito e per molti cacciatori una montagna troppo folta non facilita l’azione venatoria e la riduzione del bosco porta anche i cinghiali ad ammassarsi. Non secondario è il “problema” della raccolta degli asparagi che diventa più facile e più prosperosa se il terreno è stato percorso dal fuoco.
Il vasto incendio che è arrivato a lambire il centro storico e ha interessato alcuni isolati fabbricati periferici ha indotto il Sindaco del Comune di Rocchetta e Croce, Salvatore Geremia, a emanare un’ordinanza di evacuazione del centro storico e, successivamente, a disporre la chiusura al traffico veicolare e pedonale dei tratti stradali che collegano Rocchetta a Giano Vetusto, Formicola e Pietramelara in quanto “i tratti di strada risultano esposti a rischio frane e caduta massi e/o altro materiale derivante dall’incendio stesso”.
Il Montemaggiore per la stupenda superfice boschiva, per la diversificata vegetazione e per la ricchezza della flora si colloca (si collocava) tra i luoghi più suggestivi della Regione Campania e delle Regioni limitrofe e si eleva al centro della provincia di Caserta fino ad un’altezza di 1037 metri e la diversificata vegetazione del territorio costituisce un complesso insieme di habitat che favorisce una rilevante e varia presenza faunistica (il tordo, la peppola, la quaglia, il fagiano, la beccaccia, la marzaiola, il pettirosso, il merlo, l’upupa, l’usignolo, la cinciallegra, lo zigolo giallo, lo zigolo nero, il fringuello, il cardellino, il rigogolo, la ghiandaia e il beccafico; schiere di uccelli roditori: il moscardino e il ghiro; insetti vari: i cerambici, le coccinelle, i maggiolini, le api; predatori naturali: le donnole, le faine, gli scoiattoli, i tassi, le volpi, le lepri e i cinghiali; uccelli rapaci: il gheppio, la poiana, la talpa, il riccio, la civetta, il gufo, l’allocco, il barbagianni; rettili: la vipera, la biscia, l’orbettino, la lucertola, il ramarro, il geco, la testuggine, il biacco e il saettone).
La flora del Montemaggiore è molto ricca per la diversità del terreno e dell’esposizione e vanta la presenza del leccio, della ginestra, del corbezzolo, dell’erica, del mirtillo, del biancospino, dello strame, del lentisco, del cisto, della rosa canina, degli ornielli, dei capini, del castagno, della quercia, del rovere, della farnia, del cerro e dell’acero.
Il Montemaggiore è anche impreziosito da alcuni eremi e tra questi quello di San Salvatore (metri 857) s.l.m. e quello della Madonna di Fradejanne (metri 895) ricadenti rispettivamente nel territorio dei Comuni di Rocchetta e Croce e di Pietramelara, entrambi “luoghi di culto, ma anche luoghi di meditazione e di riflessione personale per ritrovare pace ed equilibrio nonché riposo e ciò è reso possibile perché la natura tutt’intorno ha creato un habitat ideale per ritornare in contatto con se stessi, con la propria parte interiore più profonda”.
E ora del Montemaggiore, dopo la devastazione incendiaria, cosa resta e quanti anni ci vorranno per ricreare il suo habitat naturale? E’ di ieri l’allarme lanciato dal Sindaco di Rocchetta e Croce del timore del ripetersi di una nuova sciagura come quella di Sarno del 1998 a seguito dei primi sopralluoghi tecnici effettuati dai quali si evince “un serio rischio di dissesto idrogeologico a causa dell’orografia del territorio, con l’arrivo dell’autunno e delle prossime avversità metereologiche potrebbe verificarsi lo scivolamento a valle della copertura dello stato roccioso mettendo a repentaglio l’incolumità delle persone e dei luoghi sottostanti”.
La Dottoressa e Poetessa capuana (Sant’Angelo in Formis) Angela Ragozzino il 15 agosto (l’incendio si era propagato il pomeriggio del giorno precedente) ha composto una “amara” poesia della quale se ne riporta solo uno stralcio

“E un sogno infernale
si presenta ai miei occhi.
La Sacra Montagna è in fiamme,
brucia per mano assassina,
vanno in fumo
gli alberi d’olivo e le ginestre,
le querce nelle verdi vallate.
Cosa rimane dopo lo scempio?
Una sagoma scura, sbuffi di fumo
ed un nido con uova
che non schiuderanno.
Tutto è silenzio,
silenzio di morte.
La terra brucia…”

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