Menzogne o crude verità? (Prima parte)
Una lunga serie di romanzi di avventura, racconti di cavalieri crociati, di Templari, di prodi fuorilegge che rubavano ai ricchi per donare ai poveri (come Robin Hood), sono stati ambientati in un periodo storico governato da un sovrano, la cui figura è stata costantemente citata, auspicata ed osannata.
Era nato ad Oxford, l’8 settembre 1157, quel bambino inglese, che non parlò mai la propria lingua, preferendo il francese e che la storia soprannominerà ben presto “Riccardo Cuor di Leone”, rivelando così i tratti principali del suo carattere indomito. Coraggio, valore, prodezza, ricerca della gloria e sete di celebrità, generosità in guerra ed in pace, senso dell’onore, unito ad una certa qual forma di superba dignità, sono racchiusi in un soprannome che traduce e riassume le sue virtù cavalleresche, ma ne adombra i vizi, innalzandolo comunque ad imperitura incarnazione di quel finire di Secolo, il XII, così come Guglielmo il Maresciallo lo era probabilmente stato per la generazione precedente, almeno stando ai suoi lodatori. Con una differenza di livello, però: Guglielmo il Maresciallo era un cavaliere “a tutto tondo”, che viveva della sua spada e della sua lancia. Riccardo I d’Inghilterra, il modello perfetto del “re cavaliere”.
Contemporanei e posteri hanno tanto scritto sulla sua persona, sul suo carattere, sulle sue virtù e sui suoi vizi, definendolo chi un principe valoroso, un grande stratega, un modello di cavalleria, una leggenda, chi un essere crudele e violento, un figlio sleale, un pessimo sovrano, un crociato fallimentare, un vizioso ed un temerario, che andò a morire, scioccamente, in un assedio senza importanza.
Negli ultimi decenni, scostandosi dal coro di voci narranti che giudicano, inventano e spettegolano, studiosi europei, e soprattutto britannici, hanno voluto mettere in evidenza delle pseudo verità, legate a certe supposte attitudini e comportamenti, che lo hanno caratterizzato ed accompagnato nel corso della sua turbolenta esistenza.
Cavalcando la forte liberalizzazione dei costumi, accentuatasi a partire dall’ultimo dopoguerra e notevolmente cresciuta sul finire del XX Secolo, costoro hanno riproposto la larvata, calda e contorta questione delle attitudini sessuali di Riccardo Cuor di Leone.
Hanno incominciato col chiedersi se la debole posizione occupata dalle donne nelle cronache che lo riguardavano, la sua riluttanza al matrimonio con la giovane Alice, la scarsa attenzione che sempre portò a sua moglie Berengarda, l’assenza di un legittimo erede ed alcune allusioni al suo “peccato”, non potrebbero tutte spiegarsi con l’omosessualità del monarca inglese.
Lo storico londinese James Gillingham, artefice di un abbondante dossier su questo tema, ha sottolineato il carattere relativamente recente di questa tesi. Nessuno studioso, prima del 1948, aveva mai affermato, o per lo meno supposto, con chiarezza l’omosessualità di Riccardo I d’Inghilterra. Essa, tuttavia, è ad oggi accettata dagli storiografi in modo abbastanza generico, sulla scia di una moda favorevole. Su cosa si basa questa ipotesi? Grosso modo, si possono prendere in considerazione alcuni elementi, non del tutto scontati.
Il primo, potrebbe modernamente chiamarsi “Affare Alice”. Il Re di Francia, Luigi VII e quello d’Inghilterra, Enrico II, avevano programmato di far unire in matrimonio i rispettivi figli, Alice e Riccardo, fin dal 1161, quando i due erano ancora bambini. Luigi VII, per agevolare la loro conoscenza, chiese ad Enrico II di accogliere la fanciulla, di soli nove anni, presso la propria corte, in Inghilterra. Ma con il passare degli anni, il monarca britannico incominciò, stranamente, ad opporsi al matrimonio, pur cercando di mantenere presso di sé la ragazza e la sua dote. Nemmeno Riccardo, ormai cresciuto, sembrava, altresì, particolarmente ansioso di sposare la ragazza, nonostante le sue promesse ufficiali di voler realizzare quell’unione, incessantemente prorogata ed alla fine accantonata, opponendosi anche ai successivi progetti di un matrimonio tra Alice e suo fratello Giovanni. Ciò, sicuramente, per motivi politici, poiché quel matrimonio lo avrebbe messo da parte, nell’ambito dell’alleanza francese.
Alla fine, nel febbraio del 1191 (trent’anni dopo l’inizio di questa avventura), Riccardo, che era salito al trono da due anni, riuscì a strappare al nuovo Re di Francia, Filippo Augusto, fratello della fidanzata promessa, il permesso di essere liberato dall’impegno. Immediatamente dopo, sposò Berengaria di Navarra e restituì la ragazza alla terra di Francia. E’ anche il caso di valutare il lungo celibato, che non avrebbe nulla di sconveniente, se non il fatto che Riccardo aveva già trentaquattro anni e che per un re esisteva l’incalzante obbligo di assicurare allo Stato una regale discendenza. Del resto, volendo spezzare una lancia a suo favore, alcune voci, che giunsero fino alle orecchie di Papa Alessandro III, attribuirono ad Alice colpevoli relazioni con il suo tutore Enrico II che, secondo lo storico gallese Giraldo Cambrense, avrebbe disonorato la figlia, ancora fanciulla, del sovrano francese, mentre ne aveva la custodia, attirando su di sé l’acceso odio della regina Eleonora e dei suoi figli, Riccardo compreso.
Secondo alcuni, dopo la morte della sua amante “ufficiale”, Rosamunda Clifford, nel 1176, Enrico II avrebbe voluto divorziare dalla propria consorte, per sposare ufficialmente Alice. Il monaco benedettino e cronista, Riccardo di Devizes (vissuto nella seconda metà del secolo XII, autore di “De Rebus Gestis Ricardi Primi), si limitò ad alludere velatamente alla “sospetta custodia del re”, ma Ruggero di Hoveden (biografo ufficiale di corte, al seguito prima di Enrico II e poi di Riccardo I) raccontò (lett.): “Il Re Riccardo II rispose [con una lettera a Filippo Augusto] che non poteva in nessun modo sposare sua sorella perché suo padre, il Re d’Inghilterra, l’aveva conosciuta ed aveva generato un figlio da lei. E produsse molti testimoni a carico, che erano pronti a provarlo in molti modi”.
In simili condizioni, è assolutamente concepibile che Riccardo Cuor di Leone abbia avuto una certa ripugnanza a sposare l’eterna fidanzata. In effetti, la “vicenda Alice” appare più come indice della dissolutezza di Enrico II, che come prova dell’omosessualità di suo figlio. Allo stesso modo, si spiega, in parte, il relativamente tardo matrimonio di Riccardo con Berengaria. Egli dovette, prima di tutto, disimpegnarsi dal giuramento fatto al sovrano di Francia.
Il poeta-giullare anglonormanno Ambrogio, costantemente presente nella vita di corte inglese, sia in tempo di pace che di guerra, sosteneva che Riccardo amava Berengaria da molto tempo e che l’aveva a lungo desiderata, mentre era ancora Conte di Poitou. Fu, comunque, l’unico ad insistere su questo amore intenso ed antico. Poiché, da subito dopo le nozze, il re non sembrò essere mai particolarmente premuroso con la sua giovane sposa. Non solo. Non ebbe figli da lei (anche se se ne ignora la causa), ma parve spesso desiderare di starle lontano. Il tenere separati i giovani sposi regali, durante una gravidanza della regina, era un’abituale necessità, a quei tempi, dettata dal timore che potessero essere assassinati insieme, perdendo così anche il frutto della loro unione. Ma non ci fu mai traccia di un erede. E nemmeno chiamare in causa la separazione per “purezza morale” durante una crociata, ad esempio, è cosa sensata, visto che, al contrario, Guglielmo di Newburgh elogiò la Regina Eleonora, madre di Riccardo, che tanto aveva insistito sulle nozze con Berengaria, per aver procurato al figlio l’unico vero rimedio contro le continue fornicazioni del figlio. Guglielmo aggiunse che, poiché era ancora giovane, la sua lunga pratica dei piaceri lo spingevano al vizio. Ma non accennò a quali piaceri ed a quale vizio era dedito il Cuor di Leone. Sicuramente si trattava di relazioni sessuali.
Ma la bella e saggia Berengaria, fu realmente un rimedio per il marito? E’ lecito dubitarne, dato che difficilmente si frequentavano. Dopo i lunghi anni di separazione, dovuti alla prigionia del re, sconfitto ad Aleppo dal Saladino, Berengaria fu assente anche ai festeggiamenti per ogni nuova incoronazione di Riccardo.
Alcune fonti parlano della bellezza di Berengaria, come di un qualcosa di assai poco eccitante. Riccardo di Devizes la definì “più buona che bella”. Ora, il disamore tra i due, va attribuito alla persona di Berengaria, incapace di stuzzicare il regale marito, oppure all’omosessualità di quest’ultimo? Qualcuno potrà mai, realmente, dirimere tale dubbio?