“Realismo magico” a Milano, l’autunno dipinto di magia

Una lucida follia. Forse in tal modo è possibile interpretare l’essenza del Realismo magico, corrente artistica diffusasi tra gli anni Venti e Trenta del Novecento e che, dal 19 ottobre prossimo al 22 febbraio 2022, sarà protagonista della rassegna presso Palazzo Reale di Milano “Realismo magico: dipinti, sculture, disegni e materiale documentario in una mostra innovativa”. A cura di Gabriella Belli e Valerio Terraroli, l’evento ha il compito di riportare nella cittadina milanese opere di “pittori che servendosi di una perfetta tecnica realistica cercano di rendere plausibili e convincenti le loro visioni improbabili, oniriche o fantastiche” a detta di Alfred Barr, critico statunitense primo direttore del Museum of Modern Art di New York a cui si deve anche il termine “espressionismo astratto”, coniato dopo la visione delle composizioni di Kandinsky. Quando ci riferiamo al Realismo magico potremmo parlare di post-espressionismo o di un’appendice a una sezione ben più ampia trainata da Magritte e Dalí, ma si tratta probabilmente di una resa artistica e una tendenza percettiva della realtà più vicina alla metafisica di De Chirico. In effetti il critico d’arte Franz Roh ha descritto il Realismo magico come una corrente “algida, tersa, talmente realistica da rivelarsi inevitabilmente inquietante e straniante”; un enigma, magari come “quello dell’ora” e il tempo dell’inconscio di bergsoniana memoria, eppure c’è qualcosa che va oltre la connotazione metafisica o surrealista; ovviamente ogni rigida differenziazione risulterebbe fine a se stessa, ma è inevitabile sottolineare la presenza di un elemento: la magia stessa. Osservando le opere di Felice Casorati, Carlo Carrà o di Gino Severini noteremo numerosissimi influssi a partire dalla classicità rinascimentale italiana del Trecento e del Quattrocento, valori plastici e prospettici da Giotto a Piero della Francesca, sino ad arrivare ad un “particolarismo regionale artistico” che per Casorati guarda a Klimt, gli anni della Secessione viennese (si notino Il sogno del melograno, La preghiera) e talvolta le rigide geometrie cézanniane presenti nel dipinto Lo straniero; Carrà strizza l’occhio al Futurismo di Boccioni, Marinetti e Balla specie con Il funerale dell’anarchico Galli e Manifestazione interventista, quest’ultima in particolare definibile un “Braque-papier collé centripeto”. Con il suo Pino sul mare Carrà riflette abilmente il desiderio dell’attesa, l’uomo forse come il panno bianco disposto quasi al centro della scena. Abbiamo infine Severini, già esponente del Divisionismo italiano, per il quale “il punto” di Seurat necessita di brio e, come uno stormo di rondini, prende vita. Ad ascrivere Severini nel Realismo Magico certamente l’opera La famiglia del povero Pulcinella che annuncia la scissione tra vita e forma, maschera e anima, snaturamento e disumanizzazione. “Precisione realistica di contorni, solidità di materia ben poggiata sul suolo e, intorno, come un’atmosfera di magia che faccia sentire, traverso un’inquietudine intensa, quasi un’altra dimensione in cui la vita nostra si proietta. E più di fiaba, abbiamo sete di avventura”, così Massimo Bontempelli identifica chirurgicamente la “chiave di volta” del Realismo magico, quasi un ossimoro che sembra riportarci, come per il Bellucca protagonista della novella pirandelliana, “in Siberia o nelle foreste del Congo”, verso una realistica magia.

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