Ricordo di Silvio Laudisio: i suoi classici latini e la sua napoletanità
Santa Maria Capua Vetere – Il 23 agosto scorso si è spento all’età di 72 anni il Prof. Silvio Laudisio, già Docente del Liceo Classico “Nevio” di Santa Maria Capua Vetere, giornalista de “Il Mattino” e vivace scrittore. Per quanto può valere un articolo di giornale, lo voglio ricordare anche come amico, amante della poesia, della storia, del calcio e della napoletanità. Ricordo le sue partecipazioni ai Concorsi di poesia, alle Lecture Dantis, alle partite del Gladiator di Santa Maria, i suoi libri di storia locale, i suoi articoli di giornale. Ma c’è un libretto che mi stupì quando me lo regalò. Il libretto, pubblicato a cura dello staff del Commissario Straordinario della Città di Santa Maria Capua Vetere il 4 maggio 2011, si intitola “Che peccato che non sei napoletano”. Sono tanti i motivi di interesse in questo libretto, perché Silvio, docente di Latino e Greco nel Liceo Classico sammaritano riusciva a tradurre in napoletano Svetonio., Catullo, Cicerone, Orazio, Virgilio, Tito Livio, Ulpiano Digesto e Sant’Agostino. Traduceva in napoletano le poesie di Catullo, le lettere di Cicerone, il Carmen Saeculares di Orazio, le Bucoliche e l’Eneide di Virgilio, le storie di Tito Livio, i Sermoni di Sant’Agostino e tanti altri autori. Il libretto è dedicato alla madre che gli aveva trasmesso la sua integrità morale e la sua grande gioia di vivere. Da lei aveva tratto “l’abito fiero” e “lo sdegnoso canto”. “Il dialetto napoletano, diceva, è una lingua viva, il dialetto più conosciuto, non solo in Italia, ma anche oltre Oceano, in America, in Argentina, Canada, Australia per il gran numero di napoletani che hanno dovuto lasciare l’Italia in cerca di fortuna. Negli ultimi tempi però, la poesia e la letteratura napoletana stanno subendo una flessione che rischia di far isterilire anche il dialetto. Da qui la necessità di dar vita a questo lavoro che cerca di coniugare, forse percorrendo una strada ancora non toccata da nessuno, dei pensieri latini con divagazioni e riflessioni in veste napoletana. L’impresa è stata tutt’altro che agevole, soprattutto per la scelta dei termini napoletani. Un “labor limae”, talvolta sofferto, un paziente lavoro di cesello che alla fine mi ha obbligato ad usare delle espressioni “colorite”, proprie del vernacolo napoletano, che se non usate, non avrebbero potuto rendere nella sua interezza e vivacità il linguaggio napoletano che per la sua ricchezza e policromia, non ha eguali nel vasto scenario della lingua dialettale italiana”. Grazie Silvio.