Recensione al libro: “L’avvocato ribelle” di Monica Maggiori

Mi capita spesso di affrontare la lettura di un libro con la convinzione che non ne trarrò alcun beneficio, proprio come immaginavo avendo tra le mani il libro che ho appena finito di leggere.
Si tratta di un libro che parla di come è amministrata la giustizia in Italia. Il titolo recita: “L’avvocato ribelle”, l’autrice è un avvocato penalista, Monica Maggiori, ed è stampato in proprio. Inizialmente pensavo che si trattasse della semplice storia della protagonista, in cui avrei trovato l’elogio della sua professione e l’esame di un caso da lei brillantemente risolto. Chissà perché mi ero fatto quell’idea, probabilmente la causa potrebbe risiedere nei tanti film prodotti dalla cinematografia americana sulla figura degli avvocati di quel paese e di quel sistema giudiziario. Ne sono stati prodotti tanti di alto livello e di gran successo anche apprezzati dal sottoscritto. Invece, leggendo il libro, mi sono imbattuto nella storia, ben raccontata, con un linguaggio asciutto ma efficace e comprensibile anche a un pubblico di non addetti ai lavori. Di ciò devo darne grande merito all’autrice, che ci conduce per mano nei meandri delle storture della giustizia italiana con assoluta maestria. All’inizio siamo messi di fronte ai sogni e alla ferma volontà di una giovane laureata, che nello studio di un noto avvocato penalista di Milano si fa le ossa piena di slancio giovanile verso una professione a difesa dei clienti incappati nelle maglie della giustizia, in verità quasi sempre colpevoli, ciò nonostante, essi hanno diritto alla migliore difesa possibile finché siamo in uno Stato di diritto. Lei fa pratica forense in questo studio partendo da un livello morale inoppugnabile e raggiungendo un grado professionale di eccezionale levatura. La professionista attraverso l’esame di alcuni casi da lei affrontati, dapprima come praticante presso il noto avvocato, poi aprendo un proprio ufficio, ci mette davanti agli occhi tutti i difetti del sistema giudiziario italiano, analizzato con precisione e chiarezza di intenti, sia da parte della difesa degli imputati che di quella dell’accusa, oltre che del collegio giudicante. E’ inutile dire che ne viene fuori uno spaccato niente affatto edificante di come viene amministrata la giustizia in Italia a tutti i livelli. Si nota, anzi, si tocca quasi con mano, quello che non funziona nel complicato e complesso organismo giudiziario del paese che ha dato al mondo occidentale l’idea stessa e l’organizzazione di un sistema per amministrare la giustizia, cioè l’impianto giudiziario in vigore nell’antica Roma. Ciò che rende il libro molto interessante, non è solo l’impietosa analisi delle distorsioni e del mal funzionamento di una notevole parte del nostro dispositivo giudiziario ma, la professionista si concentra anche nel suggerire soluzioni apparentemente non di difficile praticabilità, su come migliorare e risolvere, se non in tutto, almeno in parte, l’amministrazione della giustizia in Italia. I suggerimenti riguardano sia gli organi della giustizia penale che quella civile e amministrativa. Ciò che appare evidente è l’amore e l’autentica passione che la scrittrice delle terrificanti storie narrate nel libro ha profuso nella sua professione, lei non ha mai derogato alla sua missione: difendere i suoi assistiti dai soprusi che l’organizzazione giudiziario fornisce a chi amministra la giustizia con negligenza e a volte, anzi troppo spesso, in malafede. Attenzione, il fatto che l’autrice ci racconti i casi da lei affrontati e risolti, non riguardano solo i clienti che si sono rivolti a lei, ma sono emblematici per ognuno di noi. Ciò che capita alle persone che incappano nelle deformazioni del nostro complesso apparato giudiziario riguardano tutti noi! Il libro è illuminante proprio per questo: ognuno di noi potrebbe un giorno trovarsi nelle identiche situazioni e subire i soprusi di una giustizia male amministrata. Ringrazio l’autrice per avermi dato la possibilità di riflettere su un argomento che è di vitale importanza per uno Stato che voglia considerarsi civile. A mio parere, per essere considerato tale, una nazione deve implementare un sistema giudiziario che funzioni, che amministri la giustizia a garanzia di tutti nel modo migliore e imparziale possibile secondo le umane capacità. Sappiamo che noi essere umani siamo fallibili, non possiamo rifarci al concetto di giustizia infallibile, per quella ci rivolgiamo all’Essere supremo! Dopo la lettura del libro mi sento di consigliarne la lettura a qualsiasi cittadino, però, in special modo lo consiglierei a tutti i giovani avvocati che vogliono intraprendere la professione forense, ma non mi fermo qui, lo consiglierei in modo particolare a quanti hanno intenzione di entrare in magistratura. Consiglierei questi ultimi di avere sempre in mente di operare al meglio delle loro capacità, pensando che dalle loro decisioni dipendono le sorti delle persone e delle loro famiglie affidati al loro giudizio. Ai magistrati dico: operate sempre con profondo senso di giustizia, a voi è affidato il duro compito di elargire la giustizia umana! Auspico che l’autrice voglia continuare in una prossima opera a illuminarci su cosa voglia dire “Amministrare la giustizia!” Questo da tutti i punti di vista, a cominciare dall’accusato, agli avvocati che li devono difendere per finire ai giudici che li devono giudicare. Per chi volesse approfondire le tematiche affrontate nel libro, esso è acquistabile su Amazon, su qualsiasi piattaforma online che vende libri, oppure direttamente dall’autrice sul suo profilo Facebook.

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