Johann Wolfgang von Goethe e l’antropologia: i dolori del giovane Werther

“Un giovane che, dotato di vera penetrazione e di un sentire puro e profondo, si perde in folli sogni e si distrugge con le sue elucubrazioni, finché, per il sopraggiungere di una passione infelice e in particolare di un amore senza limiti, si spara una pallottola in testa”. Con queste parole Johann Wolfgang Goethe (lettera del 1° giugno a Friedrich Ernst Schönborn) delineava il personaggio da lui creato per quel romanzo epistolare che segnerà la storia della letteratura mondiale, I dolori del giovane Werther.
La pubblicazione nell’anno 1774 non è un caso: il panorama socioculturale tedesco presentava infatti numerose innovazioni in ambito antropologico e psicologico. Con la pubblicazione di Ernst Platner “Antropologia per dottori e saggi del mondo” (1772), nasce infatti l’antropologia letteraria, lo studio dell’essere umano attraverso la letteratura. In un’epoca in cui non esisteva ancora la psicologia, l’idea alla base di questi studi era il punto d’incontro tra la medicina, che esamina il corpo dall’esterno, e la filosofia, che lo esamina dall’interno.
Diede un enorme contributo a queste tendenze il Pietismo luterano, che stimolò ulteriormente la rinascita interiore dell’individuo attraverso la scrittura, in particolare con la stesura di diari, un mezzo con cui il credente poteva osservare se stesso e accostarsi lessicalmente e concettualmente a un nuovo vocabolario basato sull’umore e sull’affetto.
1. Goethe risentì profondamente di questi impulsi culturali in un momento in cui l’Europa passava dall’età moderna all’età contemporanea (Basti pensare al Congresso di Vienna, alle guerre napoleoniche, ai vari tentativi d’unificazione della Germania che conosciamo oggi, alla Rivoluzione francese), dagli impulsi neoclassici e dall’illuminismo allo Sturm und Drang e al romanticismo. Nelle sue tragedie, nei suoi romanzi, nelle sue poesie, era ed è ancora possibile immergersi nella meditazione di sentimenti umani profondi e universali, ancora oggetti di studio.
2. L’interesse di Goethe per l’indescrivibile, per l’astratto e per la sfera mentale individuale non significava che lui fosse iperemotivo o sensazionale. Al contrario, predicava la moderazione e sosteneva che gli eccessi rappresentassero nell’insieme una malattia, un taedium vitae, una condizione mentale caratterizzata da instabilità nelle relazioni interpersonali, nell’immagine di sé e nell’umore, e difficoltà nell’organizzare coerentemente i propri pensieri. In effetti il giovane Werther – e con esso una parte di Goethe – ne diventò vittima: l’autore stesso confessò di aver ucciso il suo personaggio per salvarsi (Conversazione con Johann Peter Eckermann del 2 gennaio 1824).
Il romanzo è diviso in due libri. L’arco temporale delle vicende va dai primi giorni del maggio 1771 al dicembre 1772.
Werther, un giovane intellettuale, decide di trasferirsi in un villaggio di campagna, Wahlheim, per ristabilire il suo equilibrio interiore. Qui conosce la giovane Charlotte, detta Lotte, e se ne innamora perdutamente. Purtroppo la ragazza è promessa sposa del giovane borghese Albert. In seguito, conoscerà anche lui, ma fra Werther e Lotte si instaura fin dal primo incontro un legame platonico. Nel secondo libro, il giovane protagonista lavora nell’ambasciata, un mondo altolocato. Il suo struggimento per Lotte arriva al culmine appena viene a sapere del suo matrimonio. Infine chiede ad Albert delle pistole per un viaggio, ma in realtà si suicida.
In seguito alla pubblicazione, si sviluppò rapidamente la sintomatica tendenza wertheriana: giovani vestiti con frac azzurro e panciotto giallo e, in più, un alto tasso di suicidi, specie tra i ragazzi. Ma la bellezza del romanzo non consiste di certo in queste mode del tempo. Leggendo l’opera al giorno d’oggi, un lettore sensibile prova facilmente una forte empatia e vede in Werther una parte nascosta di sé, che ne sia consapevole o meno.

Condividi questo articolo qui:
Stampa questo post Stampa questo post