Pubblicato il saggio di filosofia “Estetica della partecipazione”
Il realismo ontologico di Pavel Florenskij” di Mauro Beltrami, con prefazione di Enzo Concardi, II edizione, Guido Miano Editore, Milano 2021.
L’approccio alla filosofia – intesa proprio nel senso etimologico, ovvero amore del sapere – dovrebbe riguardare tutti gli individui del pianeta e non essere solo riservato alle aule universitarie specializzate, né ai testi degli addetti ai lavori. Ciò perché il progresso della conoscenza ha bisogno del contributo di tutti per costituire una vera emancipazione che conduca l’umanità sempre più lontano dalla condizione della famosa caverna platoniana. Purtroppo c’è poca sensibilità su tale aspetto della divulgazione negli ambienti accademici ed affermare che molti individui oggi viventi siano ancora più vicini alla suddetta dimensione ipogea che a quella dei liberi pensatori e dei filosofi naturali – cioè che si sono costruiti una propria filosofia di vita – è affermare un dato di realtà che ci deve indurre a muoverci verso uno sviluppo del pensiero e dell’intelligenza sotto ogni forma. Illuminante a proposito il recente libro del celebre ed autorevole psichiatra Vittorino Andreoli: Homo stupidus stupidus. L’agonia di una civiltà (2018). È indubbio che esista nelle società occidentali una profonda crisi del pensiero e per affrontarla occorre anche proporre dei modelli di riferimento attuali, vicini a noi. Come diceva Paracelso: “Chi non ama niente, non sa niente”, vale a dire che propedeutica è la sete di sapere oggi assente.
Un grande plauso va quindi all’autore (studioso di filosofia, epistemologia delle religioni, filosofia comparata del pensiero occidentale-orientale) e alla Casa Editrice di quest’opera, alla sua seconda edizione, per le finalità divulgative in essa insite. Estetica della partecipazione – il titolo – come sottolinea più volte lo stesso Mauro Beltrami, è un contenuto rilevante del pensiero di Pavel Florenskij, il filosofo, e non solo, russo al quale è dedicato lo studio e su cui si sviluppa la ricerca appassionata dell’intellettuale italiano, e che va nella direzione di un coinvolgimento cognitivo del soggetto pensante, vale a dire che la conoscenza, la comprensione sono veramente tali solo se partecipati. Già tale assunto pone Florenskij in rottura con la tradizione filosofica occidentale dominante, basata su un quasi assoluto razionalismo. E la rottura si fa ancora più profonda se pensiamo allo sviluppo realizzato oggi dagli strumenti creatori delle cosiddette ‘realtà virtuali’, che allargano a dismisura distanze ed assenze invece che favorire partecipazioni, vicinanze e prossimità esistenziali, relazionali, culturali.
È ciò che in fondo aveva intuito Socrate con la sua ars maieutica, sostenuto Heidegger con il dasein (esserci, ontologia esistenziale), proposto Kierkegaard con la sequenza della sua triade ascensionale: vita estetica, vita etica, vita religiosa. E a questo vertice si aggancia Florenskij: “Soltanto il Signore Gesù Cristo è l’ideale di ciascun Uomo … modello, idea di ogni persona con tutto il suo contenuto vivo” (da La colonna e il fondamento della Verità, 1914). Non si renderebbe un tributo completo allo stesso Florenskij (Evlach, 1882 – Leningrado,1937) se non ricordassimo la sua missione sacerdotale, la sua vocazione cristiana, il simbolismo della Grande Madre Russia come mistica della patria culturale e religiosa.
Dopo più di mezzo secolo di silenzio dalla sua morte – a partire dal 1991 con l’apertura degli archivi del KGB – il mondo occidentale e la Russia hanno iniziato a rendersi conto del suo contributo alla cultura e alla scienza contemporanee: si deve all’editoria italiana la prima traduzione mondiale, avvenuta con l’opera La colonna e il fondamento della Verità nel 1974. Pavel, dopo anni di detenzione nel campo di Solovki, venne fucilato per ordine del regime sovietico. Era un tempo in cui i detenuti oppositori del regime staliniano raggiungevano la ragguardevole cifra di due milioni in tutta l’Unione Sovietica, paese in cui il rapporto tra il potere politico e gli intellettuali liberi è sempre stato conflittuale: basta ricordare, tra le più note, le successive vicende di Aleksandr Solzenicyn – che svelò l’esistenza dei gulag – e di Andrej Sacharov – che lottò per i diritti civili e la libertà di pensiero. O tutta l’attività dei samizdat, pubblicazioni clandestine dei dissidenti diffuse in copie ciclostilate per sfuggire alla censura.
La statura e la grandezza di Florenskij sono ormai indubitabili: in un incontro tenuto al Ravenna Festival nel giugno 2017 è stato definito il “Leonardo da Vinci russo” per l’eclettismo dei suoi interessi: “Filosofo della scienza, fisico, matematico, ingegnere elettrotecnico, teologo, teorico dell’arte e di filosofia del linguaggio, studioso di estetica, simbologia e semiotica”. Mauro Beltrami gli dedica la sua tesi di laurea, che poi trasforma in questo libro. Accattivante, suggestiva e originale mi sembra la suddivisione dei vari aspetti del suo pensiero in tre stanze di diverso colore che si possono visitare a piacere per rendere la lettura anche più gradevole e meno pesante. Se entro nella stanza verde trovo natura e scienza; quando passo dalla stanza oro posso deliziarmi di arte ed estetica; se metto il naso dentro quella azzurra allora posso viaggiare tra metafisica, etica, cultura. E posso anche andare da una stanza all’altra liberamente. Perché la filosofia deve sempre avere un volto arcigno?! Infatti, se mi chiedete qual è il punto del pensiero di Florenskij che preferisco, tra gli altri, vi direi quello che riguarda il compito attribuito alla filosofia: essa non deve solo interpretare il mondo, ma tentare anche di cambiarlo e per attuare ciò oggi è necessario un incontro tra Umanesimo e Scienza (bella la sua immagine del mistico che bussa alle porte della scienza per chiedere di collaborare…). Altri, in varie epoche, lo avevano detto, ma ciò spesso era finito nel dimenticatoio.