A Palazzo Strozzi Jeff Koons presenta “Shine”

“Il lavoro dell’artista consiste in un gesto con l’obiettivo di mostrare alle persone qual è il loro potenziale. Non si tratta di creare un oggetto o un’immagine; tutto avviene nella relazione con lo spettatore. È qui che avviene l’arte”.
Jeff Koons, una delle figure più risonanti dell’arte contemporanea a partire dagli anni Settanta, ha inaugurato il 2 ottobre scorso la mostra fiorentina “Shine”, a cura di Arturo Galansino e Joachim Pissarro, in programma a Palazzo Strozzi fino al 30 gennaio 2022.
Jeffrey Koons, nato in Pennsylvania il 21 gennaio 1955, si è avvicinato al mondo dell’arte in giovane età attraverso gli studi all’Art Institute di Chicago e successivamente al Maryland Institute College of Art di Baltimora. Ha debuttato come artista nel 1980 a seguito dall’esposizione al New Museum di New York dell’installazione “The New”.
Definito erede di Andy Warhol e prosecutore del fenomeno artistico della Pop art, Koons ha spiegato la chiave di lettura delle sue opere spaziando dai raffinati riferimenti alla storia dell’arte sino ad arrivare al mondo del consumismo: una produzione rivolta alla massa e non al singolo individuo.
Creatore e dissacratore, Koons attraverso il concetto di “shine” (lucentezza) ha rimodulato il divario tra essere e apparire: spesso le sue opere pongono lo spettatore dinanzi a forme sferiche e superfici riflettenti facendo sì che l’osservatore diventi parte integrante dell’opera grazie al proprio riflesso. Tra le opere più famose troviamo in ampia parte le sculture, in particolare la serie delle “Celebration Sculptures” (Balloon Dog, Balloon Rabbit, Balloon Swan, Balloon Monkey), realizzate in acciaio inossidabile e ricoperte da lacca colorata. Attraverso tali installazioni l’artista intende riscoprire il proprio “fanciullino” interiore in occasione di particolari eventi celebrativi quali compleanni, festività e simboli d’infanzia.
La concezione artistica e creativa di Koons sembra scavare nel passato della storia dell’arte passando in rassegna svariati artisti come Giorgio de Chirico, fautore dell’incontro tra passato e presente che ritroviamo nella serie degli “Archeologi”. Questi ultimi secondo l’artista sarebbero coloro che scoprono le epoche pregresse simboleggiate da templi, capitelli e colonne antiche; individui rappresentati come manichini che descrivono l’uomo-automa del suo tempo. Proseguendo la scia dell’eterna querelle tra passato e presente, un ulteriore esempio ci è dato dalla “Venere di Milo con cassetti”, scultura realizzata da Salvador Dalí raffigurante una statua classica con il corpo ricoperto di cassetti apribili grazie a pomelli. I cassetti rappresenterebbero metaforicamente le zone più profonde del nostro subconscio, oltrepassando i canoni di bellezza ideale dell’arte classica.
Come gli artisti del passato Koons ha un approccio prosaico verso l’arte: da una parte la cultura di massa resta una fonte d’ispirazione, dall’altra le sue opere esprimono una critica verso la banalità e la superficialità del consumismo, andando oltre gli schemi artistici predefiniti e i canoni dell’arte classica.
“Mainstream, volontà comunicativa trita e ritrita” sostengono alcuni; “He is so lit” (è così illuminante, di moda, insomma d’ispirazione) affermano altri.
A chi lo definisce l’artista delle iperboli (il più famoso, il più ricco, il più influente), Koons risponde così: «Cerco di essere un artista sincero e cerco di mostrare un livello di coraggio. Mi piace questo. Io sono un messaggero».

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