Continua la crisi dei migranti al confine polacco-bielorusso: muore di freddo e stenti un bimbo di un anno
Un bimbo di un anno morto di freddo e stenti. Disperati usati come “pedine” per le politiche e i ricatti internazionali.
Stavolta succede nella Vecchia Europa, quell’Europa dalle radici cristiane che dovrebbe essere garanzia di libertà e terra di accoglienza. Al confine tra Polonia e Bielorussia si sta vivendo una nuova crisi migratoria e umanitaria, con più di 3000 persone, per lo più curdi iracheni, che tentano di varcare i confini militarizzati polacchi per arrivare finalmente in Europa e iniziare così una nuova vita lasciandosi alle spalle la disperazione e la fame del proprio Paese di origine.
Ma il confine polacco è chiuso dall’otto novembre scorso quando un gruppo di migranti ha cercato di attraversarlo illegalmente. Dopo l’episodio, il Governo di Varsavia ha dichiarato lo stato di emergenza e ha accusato il presidente bielorusso Lukashenko di aver creato una “rotta migratoria innaturale” per ricattare l’Unione Europea e indurla a ritirare le sanzioni precedentemente imposte per l’autoritarismo sempre più duro e la violazione dei diritti umani in Bielorussia, soprattutto dalla contestata rielezione proprio di Lukashenko, nell’agosto 2020.
La risposta di Lukashenko non si era fatta attendere molto e aveva accusato l’Unione Europa di interferire negli affari interni del suo Stato dichiarando che non avrebbe più contribuito alla lotta contro l’immigrazione clandestina e anzi che avrebbe lasciato transitare liberamente sul suolo bielorusso i migranti diretti a ovest. In realtà, proprio “liberamente” no: video raccolti dalle autorità polacche, raccontano di soldati del governo di Minsk che “scortano” armati migranti al confine.
La presidente della Commissione europea, Ursula Von Der Leyen, ha parlato di “attacco ibrido” e ha chiesto ai 27 Stati membri di approvare l’inasprimento delle sanzioni contro Minsk, affermando che “Le autorità bielorusse devono capire che fare pressioni sull’Unione Europea in questo modo, attraverso una cinica strumentalizzazione dei migranti non li aiuterà a raggiungere i loro scopi. L’uso dei migranti per scopi politici è inaccettabile” e che l’UE è pronta “a colpire tutti gli individui e le entità che organizzano e contribuiscono all’attività del regime di Lukashenko per l’attraversamento illegale delle frontiere europee”.
Ma mentre le autorità discutono, sono i disperati al confine a pagare le conseguenze di politiche internazionali scellerate e autoritarismi sempre più frequenti.
Nei boschi tra la Polonia e la Bielorussia è già arrivato l’inverno e le temperature soprattutto di notte si avvicinano già allo zero. L’aria delle foreste bielorusse appare densa per le decine di piccoli fuochi accesi per riscaldarsi, si tossisce, si fa fatica a respirare ma è l’unico modo per sopravvivere alle rigide temperature. Nei prossimi giorni sono previsti ancora cali termici e nemmeno la tempesta geopolitica che avvolge quelle latitudini accenna a passare.
Forze di sicurezza polacche nei giorni scorsi hanno usato idranti contro i migranti accampati dal lato bielorusso del confine e alcune fonti parlano anche dell’utilizzo di gas lacrimogeni.
Le notizie arrivano frammentarie e “rubate” perché il governo di Varsavia ha vietato la presenza di giornalisti e fotografi ai suoi confini.
Intanto la crisi fra l’Europa e la Bielorussia, appoggiata dal Cremlino iniziata tre mesi fa, prosegue e alimenta quel malcontento nei confronti dei migranti che da mesi serpeggia sempre più forte anche nella vecchia Europa. Paesi come l’Ungheria, la Danimarca e quelli dell’area baltica hanno chiesto all’Unione Europea già mesi addietro, sovvenzioni e aiuti per la costruzione di muri anti-migranti e seppur abbiano ricevuto un no secco, sono pronti ad innalzarli.
Qualche giorno fa infatti, anche il governo polacco ha annunciato la costruzione nel mese di dicembre di un muro al confine che verrà terminato nella prima metà del 2022 e che il ministro degli interni considera come “un investimento assolutamente strategico e prioritario per la sicurezza del Paese e dei suoi cittadini”. L’Europa quindi mantiene il pugno duro contro Minsk, accusata di aver creato anche ponti aerei con Paesi come l’Iraq per lo spostamento dei migranti da usare quasi come merce di scambio per l’annullamento delle sanzioni. Intanto dalla Bielorussia fanno sapere che il governo iracheno ha organizzato ponti aerei per il rimpatrio dei migranti, ma che i voli sono andati deserti perché i migranti vogliono raggiungere la Germania e non tornare nel loro Stato falcidiato da guerra, fame e terrorismo.
Qualche spiraglio sembra essersi aperto dopo la telefonata della Cancelliera Merkel al presidente bielorusso, che ha determinato lo spostamento di un gruppo di migranti in un’area coperta a qualche centinaio di metri di distanza dall’accampamento, ma non basta.
Non può bastare. Non deve bastare.
Intanto, il dispiegamento di militari al confine continua da parte di entrambi gli Stati. E sembra di ritornare indietro ad un tempo nemmeno troppo lontano, solo qualche decina di anni fa quando L’Europa diventò campo di battaglia e terra di sofferenza e morte.