Patrick Zaki finalmente libero
L’urlo liberatorio di una mamma. La mamma è quella di Patrick Zaki e l’urlo di felicità è quello che si è sentito dopo la lettura dell’ordine di scarcerazione di suo figlio emesso dal tribunale di Mansura, in Egitto, ieri 7 dicembre 2021.
Patrick Zaki era stato arrestato in Egitto il 7 febbraio 2020, appena sbarcato dall’Italia, con le accuse pesanti di minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento alle proteste illegali, sovversione, diffusione di false notizie e propaganda per il terrorismo. Al giovane egiziano, studente dell’Università di Bologna erano stati contestati alcuni post su Facebook, riguardanti le accuse al governo egiziano di Al-Sisi circa le mancate garanzie nei confronti della minoranza di religione copta del suo Paese a cui anche lui appartiene.
L’impegno politico di Zaki per i diritti civili è sempre stato intenso: membro dell’associazione per la difesa dei diritti umani del Cairo, in occasione delle elezioni presidenziali egiziane del 2018, era stato uno degli organizzatori della campagna elettorale di Khaled Alì, avvocato ed attivista nella difesa dei diritti umani, poi ritiratosi per il clima di intimidazioni, le torture e gli arresti di numerosi suoi collaboratori.
Nemmeno con il trasferimento in Italia, a Bologna, nel 2019 per il conseguimento di un Master universitario, la sua attività politica di protesta era cessata e proprio dall’Italia continuava ad accusare il suo governo di violare i diritti umani e di non tutelare le minoranze religiose.
Dopo l’arresto di febbraio, solo ad agosto aveva potuto riabbracciare la madre. In quei lunghi mesi erano arrivate dal carcere solo due lettere ai familiari, ma lo studente ha affermato che sono state almeno venti quelle da lui scritte per la famiglia e gli affetti e mai recapitate.
Nei quasi due anni di detenzione, Zaki, secondo quanto riportato dal suo avvocato è stato bendato e torturato per ben 17 ore consecutive, con colpi violenti allo stomaco e alla schiena e con l’utilizzo di scariche elettriche. E’ stato torturato anche per i suoi presunti legami con la famiglia di Giulio Regeni, giovane ricercatore friulano torturato e ucciso nel 2016 in Egitto per motivi ancora del tutto da chiarire e con indagini caratterizzate da lunghi silenzi e depistaggi da parte del governo del Cairo.
Contro la detenzione “politica” e ingiusta di Zaki si sono schierate diverse associazioni per la difesa dei diritti umani, molti governi e tante organizzazioni studentesche con a capo quella dell’università di Bologna.
Il governo italiano, più volte, ha fatto pressioni sul quello egiziano per la liberazione dello studente ormai “adottato” dall’Italia intera, tanto che il Senato ha approvato le mozioni presentate per la concessione della cittadina italiana al giovane egiziano, sottoposto fino a ieri a quella che veniva definita “detenzione preventiva” in Egitto, ma di fatto detenzione arbitraria nei confronti di un dissidente politico del regime di Al-Sisi.
Oggi, 8 dicembre, dopo 22 mesi di prigione dura, Zaki ha potuto riabbracciare i suoi affetti.
E’ apparso provato, ma in buone condizioni e come ha subito sostenuto “pronto a rientrare in Italia, nella mia Bologna, il prima possibile”.
Certo, la sua battaglia giudiziaria non è ancora finita perché Zaki è stato scarcerato ma non prosciolto dalle accuse e dovrà tornare in Tribunale, per una nuova udienza il prossimo primo febbraio, ma questa scarcerazione dona sicuramente speranza.
E forse, costituisce una buona notizia anche per i rapporti Italia-Egitto circa il “caso Giulio Regeni”. Dal giorno del ritrovamento del cadavere torturato di Regeni, il 3 febbraio 2016, i rapporti tra Italia ed Egitto si sono molto raffreddati, soprattutto per quella ricerca della verità sempre ostacolata dalla autorità egiziane.
Il governo egiziano ha sempre sostenuto che l’omicidio di Regeni fosse da attribuire solo ad un fatto di “criminalità ordinaria”, ma appare chiaro da diverse prove rinvenute e da depistaggi più o meno falliti, che si tratta “di un omicidio di stato” per le prove contro il regime del Cairo raccolte dal ricercatore italiano.
Forse il “caso Zaki” è arrivato ad una svolta e tutti sperano possa portare finalmente alla verità e ad una svolta anche del “caso Regeni”, con un’altra madre, che seppur senza poter riabbracciare suo figlio, potrà finalmente ottenere verità e giustizia.