Canto di Natale tra arte e letteratura
“Ho sempre pensato al Natale, quando arriva, come ad un tempo di bontà; tempo di gentilezza, di perdono, di amore; il solo tempo che io conosca nel lungo calendario dell’anno in cui gli uomini e le donne sembrano concordi ad aprire i loro chiusi cuori liberamente, ed a pensare agli uomini al di sotto di loro come se fossero davvero dei compagni nel viaggio verso la tomba, e non un’altra razza di creature dirette ad altri lidi”.
Così scriveva Charles Dickens in “A Christmas Carol”, breve romanzo di genere fantastico del 1843, tra i più famosi racconti presenti negli scaffali delle librerie durante il periodo natalizio.
L’attesa della notte di Natale è da sempre vissuta con magia da piccoli e grandi, tra doni, dolciumi e varie leccornie da consumare insieme attorno al focolare domestico.
Il tepore del Natale ha scaldato nel corso dei secoli l’animo di numerosissimi artisti e pittori nel dipingere alberi di Natale (usanza tipica delle feste religiose a partire dai popoli residenti nel nord Europa) alla realizzazione di immagini di figure umane (si pensi alle Natività di Giotto, del Beato Angelico, di Piero della Francesca, di Tintoretto, di Caravaggio) e di vedute paesaggistiche.
Tra i più bei quadri dedicati all’albero di Natale vi è sicuramente “Girotondo attorno all’albero di Natale” di Viggo Johansen (1851-1935), artista danese che pone come fulcro dell’opera un suggestivo albero di Natale addobbato, sinonimo del cerchio vitale caratterizzato dall’amore, dalla famiglia e dalla speranza di pace duratura per l’umanità; con la sua “Natività di Gesù”(1303 – 1305 circa), d’altro canto, Giotto rivoluziona l’iconografia religiosa occidentale, ritraendo una levatrice nell’atto di aiutare Maria a deporre Gesù e modificando il taglio prospettico dell’architettura statica bizantina.
Tra le rese paesaggistiche di maggiore bellezza troviamo “Mercatino di Natale” di Carl Wenzel Zajicek (1860-1923), pittore viennese specializzato in vedute ad acquarello che riproducono la propria città ricoperta da una sottile coltre di neve mentre tutt’intorno si svolgono mercatini natalizi.
Eppure, non sempre è così facile accogliere lo spirito natalizio e far sì che quest’ultimo rianimi i cuori di ognuno di noi.
Dickens narra la storia di un vecchio e avaro uomo d’affari, Scrooge, che detesta il Natale e trascura la famiglia essendo incapace di apprezzare i piccoli gesti d’altruismo e l’atmosfera natalizia, un “Grinch moderno” a tutti gli effetti.
La sera della Vigilia, inaspettatamente, dopo la morte del suo socio Jacob Marley, riceve la visita del suo fantasma che gli preannuncia l’incontro con i tre spiriti del Natale passato, presente e futuro.
Inizia, così, un percorso catartico per Scrooge dal cuore inaridito, una notte colma di emozioni che lo porteranno a comprendere come il Natale non sia l’avvento del consumismo, la corsa ai regali, la sfarzosità degli addobbi e la scelta dei cibi migliori, ma rimandi al contrario all’umiltà e alla semplicità degli affetti più cari.
Accomunato alla figura di Scrooge, Ron Howard nel film “Il Grinch” arrivato nelle sale cinematografiche nel 2000 ha suggerito una figura dai tratti mostruosi e verde del colore dell’invidia.
Forse è questo ciò che spaventa i cuori più deboli: l’invidia. Provare un sentimento di repulsione nei confronti della felicità altrui.
Ebbene la lettura che propone Howard è molto profonda: provare sentimenti negativi pensando di disfarsi delle proprie mancanze e ritirandosi nella propria “comfort zone” fa più male di provare a fare del bene!
Oggi, come nei classici della letteratura, arte e cinema, ci troviamo a combattere con dei mostri dal cuore “di due taglie più piccolo” per dirla alla maniera del Grinch che sia la pandemia, che siano ferite provocate da una società in cui apparire è più importante che essere, dove felicità fa rima con ostentazione.
Come direbbe Dickens “Felice, felice Natale, che possa ripagarci delle delusioni dell’infanzia; che possa ridare al vecchio i piaceri della giovinezza; che possa trasportare il marinaio ed il viaggiatore per migliaia di miglia lontano, di nuovo al focolare domestico della sua tranquilla casa!”