Dal Lazio fino alla Sicilia, passando per Napoli, lo straordinario mito della Madonna della Catena
Durante i complicati anni della Seconda guerra mondiale, come già evidenzio da tempo con i miei testi, l’Italia ha perso interamente o parzialmente molti significativi beni culturali, luoghi in cui le varie tradizioni religiose e laiche da secoli hanno svolto la funzione di collante della nostra società. Tanti, troppi di questi luoghi sono stati persi nel centro sud, soprattutto a Napoli, città italiana più bombardata di quel disumano conflitto, sventrata soprattutto dai micidiali ordigni lanciati dalle aquile d’acciaio americane, da velivoli entrati prepotentemente nei nostri cieli dal dicembre del 1942. Da segnalare che alcune architetture religiose colpite nel capoluogo campano, come la Chiesa della Madonna della Catena, anche conosciuta come Santa Maria del Porto nella bella zona di Santa Lucia, erano e ancora oggi sono custodi di una speciale unità nazionale che si condensa in particolari e secolari miti urbani, un miscuglio di religione, superstizione e folklore popolare. Proprio in questa chiesa partenopea, colpita duramente il 4 agosto del ’43, il bombardamento a tappeto più pesante mai subito da una città italiana, quello che spinse l’avvio delle trattative per il cosiddetto Armistizio dell’8 settembre, si custodisce una particolarissima storia che trova le sue massime espressioni addirittura in Sicilia, ma tante diramazioni anche in altri luoghi d’Italia tra cui, ad esempio nella bella e marinara Gaeta.
Se nel corso dei secoli numerosi rifacimenti hanno cambiato il suo profilo architettonico, gli avvenimenti e le presenze leggendarie ne hanno da tempo immemore caratterizzato l’aspetto folkloristico e religioso rispetto alle altre chiese del territorio partenopeo. Gli elementi più noti sono sicuramente la presenza della tomba dello sfortunato Ammiraglio Francesco Caracciolo, ivi sepolto dopo la condanna a morte del 29 giugno 1799 per ordine di Nelson, l’Ammiraglio inglese arrivato a Napoli per sedare la rivolta filo francese contro i Borbone, come pure la strana scomparsa dell’originario quadro della Madonna della Catena, ma giacciono un po’ più in disparte i motivi che legano questo luogo di culto a Palermo, e, ancor più, ad una tragica storia d’amore locale.
La leggenda originaria di questo culto mariano narra, in modo particolare, della condanna a morte di due o tre pescatori a Palermo, nel lontano 1390, interrotta per una tempesta, poi miracolati dall’apparizione della Vergine Maria che li avrebbe liberati spezzando le catene prima dell’impiccagione mentre si trovavano in arresto presso la Chiesa della Vergine del Porto. Dalla Sicilia, quindi, i marinai salvati dal provvidenziale intervento mariano avrebbero poi iniziato la diffusione del culto esportandolo in altri porti della Trinacria ma anche e soprattutto a Napoli, Gaeta e in diverse città calabresi, pugliesi e abruzzesi. A questa versione, però, fa concorrenza la più toccante e suggestiva leggenda napoletana della giovane Teresa e dell’amato Ricciulillo, un pescatore sommozzatore allontanato dalla ragazza con diversi malefici e sotterfugi, fino al più tragico e classicheggiante degli epiloghi con la morte congiunta dei ragazzi, consacrata dall’improvvisa apparizione di un quadro della Vergine avvolto da una luccicante catena, da cui sarebbe poi partita la volontà dei popolani di creare il luogo di culto a memoria del significativo evento.
La simbolica rappresentazione di una Madonna con la catena possiede da secoli un profondo significato spirituale, teologico e non meno “sociale”, potremmo dire di speranzoso riscatto. Esso è presente proprio nella particolare iconografia evidenziata in quadri e arazzi dove la Vergine è rappresentata con una catena in mano, elemento messianico che vuole moralmente testimoniare la pietà divina e la speranza che la pochezza umana non deve mai perdere. La catena, quindi, si trasfigura non solo nel miracolo della liberazione dei marinai palermitani condannati ingiustamente, o nella ferma condanna a chi osteggia amori come quelli di Teresa e “u Ricciulillo” per mero divario sociale, ma anche e soprattutto nelle pene, problemi e pericoli quotidiani che caratterizzano la vita umana ma che il Signore, con la benevola intercessione di Maria, può riuscire a sciogliere. La Madonna della Catena, le cui chiese e celebrazioni partono da Palermo e si diffondono sempre più sentite anche in provincia di Catania, Messina, Agrigento, Enna, esportate dai siciliani addirittura in Australia, a Mareeba nella Diocesi di Cairns (Our Lady of Chain), la troviamo come importante culto di speranza anche in Calabria, nelle province di Vibo, Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria, oltre che perfino nel Lazio a Gaeta, in una chiesetta costruita intorno al 1635 nei pressi della spiaggia di Fontania nel luogo anticamente denominato “Santa Fortunata”. Ma la potenza di questo messaggio, che arriva addirittura a Roma in una delle cappelle della Chiesa di San Silvestro al Quirinale, come detto si lega simbolicamente al riscatto, alla rinascita, perfino alla liberazione dalla malattia. Proprio questo è il significato della rappresentazione romana, iconografia che a prima vista sembra non aver nulla di attinente con tale culto vista l’assenza della simbolica catena tra le mani della Vergine, qui più conosciuta come Virgo lactans (Madonna che allatta). Ma l’attento visitatore può scoprire che la leggenda romana narra di un giovane incatenato per due anni a causa di una problema mentale, poi guarito e “liberato dalle catene della malattia” proprio per intercessione della Madonna raffigurata a San Silvestro al Quirinale.
Una credenza religiosa che l’anno scorso, in piena pandemia, è stata diffusa a Milano e in altre aree del nord attraverso il recupero della sua antica preghiera e la viralizzazione attraverso i social nel chiedere, ovviamente, l’intercessione per rompere le catene di questa triste situazione mondiale. Che ci crediate o meno, la narrazione di questo mito è molto presente nella nostra cultura, tanto da esser stata ferita dalle bombe durante la Seconda guerra mondiale. Andate a far visita ad una di queste chiese, non ve ne pentirete!