La militarizzazione dell’ordine pubblico
Parlare di militarizzazione dell’ordine pubblico o di ordine pubblico ‘militarizzato’ significa identificare – innanzitutto – il Soggetto preposto alla sua tutela; in secondo luogo, vuol dire circoscrivere tutti gli interventi e le attività in ordine alla tutela penale dell’ordine e della sicurezza pubblica compiute dalle Forze Armate, in particolar modo dall’Esercito Italiano, il cui intervento, tra l’altro sussidiario, è dettato dalla necessità e urgenza della situazione nazionale.
I militari assolvono al sacro dovere di difendere la Patria, esprimendo così un atteggiamento di solidarietà politica imposto – quale dovere inderogabile – dall’articolo 2 della Costituzione; concorrono con la propria opera al progresso materiale e morale del Paese, con ciò adempiendo al dovere consacrato nell’articolo 4 della Costituzione.
Volendo soffermare l’attenzione su questi doveri – nonché obblighi – volontariamente sposati dai militari, emerge che il militare assume la veste formale e sostanziale di un pubblico dipendente, al servizio esclusivo della Nazione che, con la propria professionalità, contribuisce a garantire a tutti i civili le condizioni minime per concorrere alla vita democratica della Repubblica.
Il dovere di difesa militare è, come ha stabilito la Corte costituzionale, «presidio dell’indipendenza e libertà della nazione» (Corte Costituzionale, sent. n. 16/1973).
La difesa non è solo quella finalizzata ad impedire aggressioni dall’esterno, ma anche quella volta a inibire minacce interne al territorio nazionale.
Il bene giuridico tutelato dall’art. 52 della Costituzione è la «necessità fondamentale e suprema attinente all’esistenza e difesa dello Stato».
Concorrere alla difesa dello Stato significa, dunque, presidiare la democrazia contrastando le minacce, interne o esterne, che attentano al libero, pacifico, plurale confronto tra le molteplici visioni ideali e sociali vive nella società.
Questo è il motivo per cui le Forze Armate devono essere protagoniste nelle operazioni di ordine pubblico e sicurezza interna perché il loro intervento può dunque costituire una modalità essenziale di affermazione dello spirito democratico cui esse stesse debbono informarsi.
I corpi militari sono chiamati a svolgere un’azione di supporto e di collaborazione con le forze di polizia, alle quali compete la gestione dell’ordine pubblico.
Le forze di polizia non possono mai essere sostituite in tutto e per tutto nei loro ordinari compiti di prevenzione e repressione del crimine ma possono essere solo affiancate dall’Esercito Italiano.
L’art. 89 del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 “Codice dell’ordinamento militare”, dedicato ai compiti delle Forze Armate, al co. 3 recita “Le Forze Armate concorrono alla salvaguardia delle libere istituzioni e svolgono compiti specifici in circostanze di pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità e urgenza”.
L’art. 92 del citato Codice elenca ulteriori specifici compiti delle Forze Armate che, oltre alle funzioni istituzionali proprie, in occasione di calamità naturali e in altri casi di straordinaria necessità e urgenza, forniscono, a richiesta e compatibilmente con le capacità tecniche del personale e dei mezzi in dotazione, il proprio contributo nei settori della pubblica utilità e della tutela ambientale.
Per ultimo, l’art. 93 del D.Lgs. n. 66 del 2010 richiama il particolare impiego di contingenti di personale militare delle Forze Armate, in relazione a specifiche ed eccezionali esigenze, da impiegare per la sorveglianza e il controllo di obiettivi fissi al fine di consentire che il personale delle Forze di polizia venga impiegato nel diretto contrasto della criminalità.
Per l’Esercito, la Marina e l’Aeronautica militare tali attività costituiscono un compito secondario che negli ultimi decenni si è andato sempre più intensificando.
Storicamente mai s’è dubitato dell’afferenza alla potestà legislativa statuale della materia dell’ordine e della sicurezza pubblica. La previgente formulazione dell’art. 117 Cost., tipizzando i casi di competenza concorrente delle Regioni, ne escludeva qualsivoglia attribuzione in merito.
Il legislatore costituzionale del 2001, con la riforma del Titolo V, all’articolo 117, co. 2, lettera h), ha riservato alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la materia dell’ordine e della sicurezza pubblica.
Occorre precisare che, le questioni giuridiche che contraddistinguono in Italia il tema della “militarizzazione” dell’ordine pubblico, sono le stesse che si riscontrano in altre democrazie occidentali le quali, nell’affrontare la materia, fanno egualmente ricorso al principio di necessità ed urgenza.
Va comunque osservato, in proposito, che questo è anche l’approccio seguito dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali stipulata a Roma nel 1950 la quale, all’art. 15, dispone che “in caso di guerra o in caso di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione” le parti contraenti possano adottare misure in deroga agli obblighi pattizi – con l’eccezione dell’intangibilità del diritto alla vita – nella “stretta misura in cui la situazione lo richieda”.