Le bombe dei miracoli
Da Venezia a Napoli, passando per Tropea e Roma, fino alla grazia di Genova.
Quando si pensa alle guerre, ai conflitti degli “uomini contro”, il pensiero vagabonda storicamente tra le tante tragedie che i popoli furono costretti a subire per cause spesso davvero incomprensibili. L’Europa, culla di civiltà, arte, scienza e grandi pensatori, è stata incredibilmente capace di generare due mostruose guerre mondiali, due discese agli inferi che hanno pienamente attinto alle nuove frontiere tecnologiche e militari del ‘900. Così, a partire dalla Grande Guerra del ’15-’18, per finire con la modernissima Seconda guerra mondiale, anche il nostro Bel Paese vide piovere schiere di bombe sulla testa dei cittadini e sui bei quartieri delle nostre millenarie città.
Ma per sopravvivere all’infamia della guerra, oltre al cibo, ad un riparo, al semplice stare lontano dai guai, in quel passato violento a volte si presero a riferimento simboli, speranze, superstizioni. Non a caso, già a partire dalla Prima guerra mondiale iniziò gradualmente la venerazione popolare, discreta ma quasi inconsapevole, di simboli miracolistici legati ai bombardamenti navali e aeronautici. Difficile a prima vista scorgere il nesso tra esplosivi e reliquie civili da venerare, eppure l’Italia oggi custodisce, da nord a sud, un patrimonio molto particolare che ricorda quotidianamente alle comunità locali l’inattesa sopravvivenza, la disperazione superata, semplicemente la grazia ricevuta. Non le possiamo citare tutte, ma andiamo per ordine.
A Venezia, città particolarmente massacrata dalle rozze bombe della Grande Guerra, si conserva dal 27 febbraio del 1918 una bomba che trapassò le mura della bella Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari e, apparentemente senza motivo, restò lì a terra inesplosa, placida e compassionevole tra bellissime cappelle e i tanti altari decorati. Penetrata dal tetto, oggi fa chiara mostra di sé sulla parete sinistra del famoso altare della Madonna di Ca’ Pesaro dove si erge l’affascinante tela di Tiziano che, giusto per ricordarlo, riposa proprio nella basilica insieme allo scultore Canova e al compositore Monteverdi. Lei, possiamo dire, la prima “bomba dei miracoli“, si fregia di stare tra i grandi per ricordare a tutti il senso della guerra.
Scendiamo rapidamente a Napoli, città italiana più bombardata della Seconda guerra mondiale, per scoprire che tra i numerosissimi beni culturali devastati o quasi completamente spariti, come la Basilica di Santa Chiara, ridotta ad uno scheletro fumante, durante il tremendo bombardamento del 4 agosto ’43 oltre alle penose distruzioni, fortunatamente, si verificarono anche miracolosi episodi come quello occorso alla Chiesa del Gesù nuovo. Nonostante i gravi danni subiti, la struttura fu risparmiata dal completo annientamento perché una bomba incendiaria penetrata all’altezza dell’altare di Sant’Ignazio, alle spalle del transetto di sinistra, rotolò senza innescarsi fino alla parete opposta, fermandosi davanti l’altare di San Francesco Saverio. Invece, va ricordato, una parte della sentita tradizione popolare, sorta intorno a questo episodio, rileva che l’ordigno rotolò fino a fermarsi davanti alla cappella del venerato San Giuseppe Moscati, ove i resti della bomba sono attualmente esposti, motivo per cui si attribuisce «’o miraculo» al famoso medico santo protettore degli ammalati.
Ma se in altri luoghi del Paese sono ugualmente presenti e custoditi questi iconici simboli della mano divina o della semplice fortuna, ad esempio citiamo il Duomo di Tropea o il Santuario di S. Francesco a Paola in Calabria, come pure il Santuario della Madonna della Speranza a Giuliano di Roma, la più famosa bomba dei miracoli è senza dubbio quella di Genova. La Superba infatti, città portuale particolarmente esposta alle poco amorevoli attenzioni dei britannici, il 9 febbraio del 1941 subì un colpo di mano navale tremendo, uno schiaffo che da Genova si sarebbe riverberato fino a Roma e Berlino, tanto da far crollare le trattative che Mussolini stava intrattenendo con il Generalissimo Francisco Franco per provare a far uscire dalla neutralità la Spagna e avere un nuovo alleato nell’Asse.
Forte della base a Gibilterra, l’Ammiraglio della Royal Navy James Sommerville decise di intimidire il regime fascista e la Liguria attuando l’Operazione Grog. Dopo aver avviato azioni diversive su La Spezia e Pisa per distogliere l’attenzione dal vero obiettivo, all’alba di una serena domenica mattina di febbraio le navi e gli aerei britannici bombardarono pesantemente tutto l’arco costiero. Oltre alle importanti strutture portuali, il peso della tragedia fu sopportato da edifici e civili del centro cittadino tra cui la storica Piazza Colombo, un vero e proprio shock di mezz’ora per i genovesi, un attacco dal mare durante il quale furono deturpati anche l’ottocentesco Ospedale Duchessa di Galliera, la Chiesa della Maddalena, il Palazzo dell’Accademia Ligustica di Belle Arti a Piazza De Ferrari, sede anche della Biblioteca Civica Berio, il Palazzo Vernazza e i tetti del Palazzo Ducale e del Teatro Carlo Felice. Ma di questa brutta storia, ad oggi, resta particolarmente vivo il ricordo della “bomba di San Lorenzo”, un proiettile navale da 381 mm che trapassò le mura della navata destra della Cattedrale di San Lorenzo, prima chiesa vescovile italiana colpita durante la Seconda guerra mondiale, restando poi miracolosamente inesploso sul pavimento. Un altro felice intervento divino, come sostiene la tradizione popolare locale, che oggi è religiosamente ricordato ed esposto con tanto di lapide d’accompagnamento nella chiesa, sebbene il grande proiettile d’artiglieria navale sia una copia dell’originale fatto brillare in sicurezza qualche giorno dopo.
Una storia, quella delle bombe dei miracoli, che pure fonda le sue ragioni nella speranza di un futuro migliore, nel tentativo di mettere sotto i riflettori i pochi fortunosi episodi in cui la morte fu battuta dalla mano divina, dal caso o, se vogliamo dirla scientificamente, dai difetti di costruzione degli ordigni degli Alleati.