10 febbraio, giornata dedicata alle Foibe… per non dimenticare
Le Foibe, abissi di origine naturale che sprofondano per decine di metri nel sottosuolo del Carso, l’altipiano che si estende alle spalle di Trieste e di Gorizia.
Questo fenomeno geologico tipico del carsismo ipogeo si manifesta pure nei dintorni, in Istria e nel Carnaro, sicché le popolazioni agricole locali hanno tradizionalmente utilizzato questi inghiottitoi come una sorta di discarica.
Nel Novecento nell’area della Venezia Giulia, di Fiume e della Dalmazia, si scatenarono gli opposti nazionalismi e giunse a compimento un percorso di contrapposizioni che a partire dalla metà dell’Ottocento aveva sconvolto i tradizionali equilibri sociali ed etnici.
Fu così che questi inghiottitoi vennero utilizzati per uno scopo ben diverso nella fase finale della Seconda guerra mondiale: nel settembre-ottobre 1943, durante il vuoto di potere conseguente all’armistizio dell’8 settembre, e nella primavera 1945, a conflitto ormai concluso.
Non più gli scarti del lavoro dei campi ed i rifiuti, bensì gli oppositori o presunti tali del regime comunista del dittatore jugoslavo Tito vennero scaraventati nelle foibe, spesso ancora vivi.
Vittime di questi omicidi di massa furono soprattutto gli esponenti di spicco della locale comunità italiana, da sempre presente sulle coste dell’Adriatico orientale e fiorita in epoca romana all’ombra dell’Arena di Pola e successivamente sotto le insegne del Leone della Serenissima Repubblica di Venezia.
È però solamente da pochi anni, grazie all’istituzione del Giorno del Ricordo con la legge 92 del 30 marzo 2004 che cominciano a diventare patrimonio comune le storie di uomini, donne, anziani e bambini che furono travolti dalla furia del progetto espansionista della Jugoslavia di Tito, poiché l’esercito partigiano che stava liberando la Jugoslavia dall’occupazione tedesca si dedicò anche ad espandere i propri confini, avanzando pretese sino al fiume Tagliamento, al confine tra Veneto e Friuli.
Oggetto di queste politiche imperialiste erano Trieste, Gorizia, l’Istria, Fiume e la Dalmazia, in cui la comunità italiana costituiva la maggioranza della popolazione, ma vi erano minoranze slovene e croate. Il rapporto fra i diversi gruppi etnici venne rovesciato attraverso migliaia di uccisioni, ancor più numerosi casi di deportazioni e di violenze anche nei confronti di ex partigiani italiani che si opponevano al progetto “titino”, sicché 350.000 istriani, fiumani e dalmati abbandonarono in diverse fasi le terre in cui vivevano da generazioni e generazioni.
Ostentando l’ideologia comunista, l’Esercito popolare di Liberazione della Jugoslavia portò a compimento un progetto ultranazionalista che vedeva negli italiani il nemico da annientare.
Si calcola che, in oltre 100 foibe, siano stati ritrovati seimila corpi, altrettanti sono gli italiani scomparsi o morti nei campi di concentramento e 350.000 gli esuli…
Una storia italiana che l’Italia ha, per anni, stentato a ricordare.
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