I limiti entro i quali le FF.AA. possono agire in qualità di agenti di Pubblica Sicurezza nel contrasto alla microcriminalità e terrorismo
L’elemento che caratterizza la qualità di Pubblico Ufficiale, dalla definizione legislativa, è l’esercizio di una “funzione pubblica”, intesa come ogni attività che realizza i fini propri dello Stato.
Tuttavia, ad oggi, la dottrina pubblicistica non ha ancora fornito una univoca e sicura nozione di pubblica funzione, in dottrina ed in giurisprudenza, c’è ancora qualche incertezza circa l’esatta definizione del “Pubblico Ufficiale”, soprattutto per particolari funzioni richieste da alcuni lavori.
Rimanendo nella sfera “militare”, la Cassazione Penale, Sez. I, con sentenza n. 5986 del 10.03.1986, ha stabilito che: “I Militari in servizio presso le caserme ed inquadrati in unità organiche operative possono considerarsi Pubblici Ufficiali soltanto nel caso in cui, all’interno dell’organizzazione militare diretta ad adempiere uno dei compiti essenziali dello Stato, svolgono funzioni alle quali è annesso un pubblico interesse, un potere di coazione, che si sovrapponga al vincolo gerarchico, od un potere di certificazione”.
I Militari in servizio presso le caserme, svolgendo compiti di disciplina e di polizia militare esercitano una funzione amministrativa ed hanno perciò la qualità di P.U. ai sensi dell’art. 357 comma 2 c.p. (Cass. Pen. Sez. VI, 10.3.75/20.10.75 n. 9468, CED Cass. 130935).
I Militari in servizio di ronda, che esplicano funzioni di disciplina e polizia militare, esercitano una pubblica funzione nel campo dell’amministrazione ed hanno perciò la qualità di P.U. ai sensi dell’art. 357 comma 2 c.p. Né ha rilievo la circostanza che le funzioni dei militari che si trovano fuori dalla caserma, giacché la qualità di P.U. è un attributo spettante a determinati soggetti in ragione delle funzioni che essi esercitano, indipendentemente dall’ambito di estensione delle funzioni stesse (Cass. Pen. Sez. VI, 7.5.73/30.11.73 n. 8630, CED Cass. 125615).
Con la promulgazione della legge 24 luglio 2008 n. 125, è stato autorizzato, per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, l’impiego di un contingente militare, posto a disposizione dei Prefetti delle Province.
Una delle principali misure dell’impianto normativo tesa a garantire alle unità operative l’adeguata flessibilità, è l’assegnazione al personale dell’Esercito Italiano della qualifica di Agente di Pubblica Sicurezza.
I militari in possesso di tale status rappresentano Pubblici Ufficiali e, nell’espletamento delle loro funzioni, possono procedere all’identificazione sul posto di persone, alla perquisizione sul posto di persone e mezzi di trasporto al fine di prevenire o impedire comportamenti che possono mettere in pericolo l’incolumità di persone o la sicurezza dei luoghi e delle infrastrutture vigilate e, infine, accompagnare, ai fini dell’identificazione e per completare gli accertamenti, le persone indicate presso i più vicini uffici o comandi della Polizia di Stato o Arma dei Carabinieri.
La minaccia di un terrorismo diffuso, pervasivo e delocalizzato ha suggerito l’avvio, ormai più di dieci anni fa, dell’Operazione Strade Sicure, nella quale, oggi, sono impiegati più di 7000 militari. La prevenzione necessita di una risposta integrata e di una maggior interazione tra le strutture deputate alla sicurezza esterna e interna del Paese, tra le Forze Armate e le Forze di Polizia.
L’Esercito ha saputo adattare mezzi e materiali già nelle proprie disponibilità alle mutate esigenze dimostrando di essere Pronto, Efficiente e Funzionale.
L’Esercito, infatti, dispone di un’organizzazione estremamente ramificata sul territorio nazionale composta da Comandi (con competenze operative, logistiche, infrastrutturali e territoriali) permanentemente collegati che adeguano costantemente il dispositivo al fine di soddisfare tempestivamente le esigenze di sicurezza ovunque si manifestino.
Le unità che operano sono peraltro formate appositamente per l’impiego nel contesto urbano e conducono, a premessa dell’impiego, attività addestrative specifiche per massimizzare l’efficacia nell’operare a fianco delle Forze dell’Ordine.
Così, il processo costante di adeguamento, recependo i concetti di resilienza e dual use, sviluppa un dispositivo che si inserisce senza sovrapposizioni nel sistema di sicurezza paese assicurando la pronta disponibilità di tutte le capacità esprimibili per garantire un output operativo adeguato alle aspettative del Paese.
L’uso delle forze armate a supporto delle necessità di ordine e sicurezza pubblica è un passaggio inevitabile nella gestione di crisi nazionali.
I militari impiegati in queste funzioni acquisiscono formalmente lo status di agente di pubblica sicurezza e – pur se si deduce in via interpretativa – quello di pubblico ufficiale.
Questo significa che, nell’esercizio di queste funzioni, attribuite dal R.D. 31 agosto 1907, n. 690 (Testo unico della legge sugli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza) i militari possono e devono: “vegliare al mantenimento dell’ordine pubblico, all’incolumità e alla tutela delle persone e delle proprietà, in genere alla prevenzione dei reati, raccolgono le prove di questi e procedono alla scoperta, ed in ordine alle disposizioni della legge, all’arresto dei delinquenti; curano l’osservanza delle leggi e dei regolamenti generali e speciali dello Stato, delle province e dei comuni, come pure delle ordinanze delle pubbliche autorità; prestano soccorso in casi di pubblici e privati infortuni; informare prontamente, per iscritto, gli ufficiali di sicurezza, nella cui circoscrizione si trovano di ogni reato, e di ogni avvenimento importante che accada nei luoghi dove prestano servizio, fornendo oralmente, nei casi urgenti, le informazioni salvo poi verbalizzarle anche osservando le prescrizioni del codice di procedura penale; verbalizzare e fare rapporto di quanto hanno eseguito o potuto osservare in servizio”.
Nel caso specifico delle Forze Armate, poi, la norma prevede che: “esse rimangono sotto il comando dei loro capi militari, che, nella esecuzione del servizio per cui furono richieste, sono a disposizione degli ufficiali di pubblica sicurezza, ai quali ne spetta per intero la responsabilità; quando intervengono sul luogo di un reato sono specialmente incaricate, salvo i soccorsi che siano necessari, di impedire che, sino all’arrivo dell’autorità competente, venga alterato lo stato delle cose”.
L’effetto principale dell’essere anche pubblici ufficiali, fa sì che i militari, da un lato, rispondano penalmente dei reati che il codice penale tipizza per questa categoria di soggetti ma, nel contempo, che si applica anche ai militari la scriminante dell’uso legittimo delle armi.
In altri termini, i militari-agenti di pubblica sicurezza-pubblici ufficiali, possono sparare negli stessi casi nei quali questo è consentito alle forze di polizia.
A riprova del caos che a il quadro normativo dell’ordine e della sicurezza pubblica, infine, sta il fatto che, da un lato, i militari non possono procedere all’arresto o al fermo di polizia giudiziaria perchè non hanno questa qualifica, ma nello stesso tempo, come detto, ai sensi dell’art. 34 RD 690/07 possono “arrestare i delinquenti” nell’esercizio delle loro funzioni di pubblica sicurezza. Allo stesso modo, non possono compiere gli atti probatori urgenti, ma, sempre ai sensi dell’art. 34, “raccolgono le prove dei reati”.