Andrea Rana torna alle sue origini con “Immagini dal mondo”
Tra le molteplici accezioni intrinseche alla Musica, vi è sicuramente quella di donare eternità alla fugacità dell’esistenza umana, rendendo inestinguibili esperienze, sentimenti ed emozioni che congiunti ad Essa valicano la transitorietà dell’attimo, per abbracciare il perenne. Caratteristica, questa, che unita al nutrimento dell’anima offerto dai sogni, consente all’uomo di alleggerirsi dal fardello della caducità del proprio percorso terreno.
Un tarlo molesto e costante che lo conduce spesso a rifugiarsi nei ricordi, utilizzandoli come unico appiglio nell’oceano delle incertezze su sè stessi e sul futuro e che il brillante cantautore lodigiano Andrea Rana ha scelto di raccontare nel suo come back alle origini “Immagini Dal Mondo” (ediz. Materiali Musicali) disponibile in due versioni – dalla matrice melodica completamente differente -, italiana ed ispanica.
Il brano, scritto e prodotto dallo stesso artista e arrangiato da Max Mungari, è un vero e proprio ritorno alle origini musicali di Andrea Rana, che dopo aver dimostrato eclettismo e minuzia autorale sperimentando sonorità e stili differenti, si avvale del suo carisma, della sua esperienza e della sua attitudine dirompente per regalare al pubblico un concentrato di rock, desideri e nostalgia, impreziosito dall’unicità della sua voce.
Composto, interpretato e realizzato anche in lingua spagnola, sotto il titolo “Ímagenes Desde el Mundo”, il pezzo rappresenta la chiave per aprire lo scrigno della nostra immaginazione, consentendoci di convertire l’amara consapevolezza che nulla è imperituro, in un coloratissimo patchwork in cui ricordi e speranze si fondono per costruire un rifugio, un luogo astratto e intangibile per occhi e mani, ma percepibile dallo spirito, per ripararsi dalle intemperie dello scorrere del tempo, lenire e cucire le ferite causate da tutto ciò che abbiamo perso e comprendere che, infondo, «per godere il senso di una vita basta un secondo».
«Come un vagabondo, più con la testa che coi piedi»: ciascuno di noi passeggia tra le alture e le discese della propria anima, molto spesso senza una definita meta, alla ricerca di un frammento che possa riportare un battito, emotivo oltre che meccanico, ad un cuore frammentato da quello che, inesorabilmente, il ticchettio delle lancette porta via con sé; un turbinare faticoso e continuo che ci distoglie dal valore più profondo della temporaneità: quello di godere pienamente di ogni istante, incontro, evento e situazione che la vita ci regala.
Ed è così che Andrea Rana identifica nei sogni, intesi più come benzina del motore dei nostri pensieri e delle nostre azioni che come fenomeni psichici frutto dell’inconscio, la soluzione ideale per avvalorare il nostro vissuto, quei trascorsi ormai lontani e perduti nel tempo, ma più vicini che mai al fulcro della nostra quotidianità, come un vero e proprio «rifugio fra le stelle» in risposta a «domande vuoti a perdere».
Un sereno equilibrio tra dimensione onirica e reale – «mi ricredo in quel che vedo e ti rivedo in quel che credi» -, in cui custodire tutto ciò che ha fatto parte della nostra maturazione personale, uno spazio sospeso in cui ci è concesso mettere in pausa affanni e tormenti, prendendo piena coscienza di noi stessi e di ciò che ci circonda, perché «la verità non è una poesia da recitare in piedi», ma, al contempo, ognuno di noi può dar sfogo a «sogni liberi nel petto che» lo «fanno respirare».