La Pino Daniele Opera infiamma il Trianon Viviani

Prendi una sera di metà marzo sferzata dal vento, un ovattato teatro quale il Trianon Viviani, dieci strumentisti, un cantante, un Direttore d’orchestra e cinque amici che hanno suonato con Pino Daniele.
Viene fuori un’eccellente opera che per quasi due ore emoziona, fa vibrare, trascina il pubblico rielaborando sedici tra i brani cantati e suonati da uno dei maggiori artisti della storia culturale napoletana di tutti i tempi. Sotto la sapiente direzione di Paolo Raffone, Alessandro de Carolis al flauto, Marco Patierno al clarinetto, Alessia Viti al violino, Marco Traverso alla viola, Giovanni Sanarico al violoncello, Cira Romano all’arpa, Lorenzo Traverso al pianoforte, Eduardo Robbio al mandolino e mandoloncello e Pasquale De Paola alla batteria hanno accompagnato il cantante Michele Simonelli, che con Raffone ha ideato il concerto, prodotto da Wing e Rocord M.E., in questo “viaggio” nel repertorio del “lazzaro felice”. Sul palco del Trianon Viviani si sono avvicendati anche artisti quali Rosario Jermano, Ernesto Vitolo, Antonio Onorato, Roberto Giangrande e Jerry Popolo, tutti in una maniera o in un’altra spesso al fianco del chitarrista nato a pochi passi dalla monumentale Chiesa di Santa Maria La Nova. In particolare Antonio Onorato ha fatto vibrare le corde della suo chitarra in una incomparabile “Terra mia” mentre Ernesto Vitolo al piano, Rosario Jermano alle percussioni, Popolo al sax e Roberto Giangrande al basso, tra un aneddoto e l’altro sul Pino nazionale hanno fatto rivivere tante atmosfere di concerti che hanno visto “il nero a metà” riempire piazze, stadi e palasport nella sua carriera. E’ così per i fans il tempo di ascoltare tra gli altri brani “Anna verrà”, “Gesù Gesù”, “Qualcosa arriverà” “A me me piace o’ blues” è sembrato troppo breve mentre “Napule è” , un vero e proprio inno, come lo ha definito Raffone, ha fatto sognare ed emozionare i presenti con l’inconfondibile chitarra di Antonio Onorato a far vibrare le corde del cuore, l’organo che tradì in vita il Pino nazionale. Chiusura inevitabile e trascinante con “Yes I know my way”.

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