Il caso Eatherly
Nel 1968, dopo anni di discussioni, gli Stati Uniti d’America e l’Unione Sovietica presentarono al Comitato per il Disarmo dell’ONU, riunito a Ginevra, una proposta di trattato di non-proliferazione, destinato a congelare il numero dei paesi possessori di ordigni atomici a quello esistente in quel momento. Per le proteste di numerosi governi “non-nucleari”, che non vedevano sufficientemente garantita la propria autonomia, il trattato, modificato il 1° luglio di quell’anno, venne firmato a Mosca, a Washington ed a Londra. Francia e Cina, al contrario, notoriamente favorevoli, si rifiutarono di sottoscriverlo. Fu allora che, improvvisamente e dal nulla, spuntò la figura di Claude Robert Eatherly. L’opinione pubblica americana si servì del suo nome, come simbolo dell’era postbellica, per lanciare e, soprattutto, per giustificare la nascita di già latenti movimenti di resistenza e di contestazione, alla guerra in generale ed a quella atomica in particolare. La storia di quell’uomo, una come tantissime altre, divenne, per ironia del destino, un condensato di fama, di ammirazione e di propaganda. Quando la Casa Bianca decise di dare una drastica e definitiva svolta al conflitto, con un intervento nucleare sul Giappone, Eatherly venne scelto per la missione. Il 6 agosto 1945, ai comandi del Boeing B-29 “Superfortress”, battezzato per l’occasione “Straight Flush” (scarico diretto), fu incaricato di verificare se, sul cielo di Hiroshima, vi fossero le condizioni di assoluta visibilità, tali da permettere il rilascio dell’ordigno. Il suo bombardiere, scortato da due velivoli da ricognizione, si alzò in volo, dalla base di Tinian, un’ora prima dell’altro, il più tristemente noto “Enola Gay” (dal nome della madre del suo comandante Paul Tibbets), che avrebbe dovuto sganciare la bomba “Little Boy”, con venti chili di uranio all’interno. Eatherly, dopo un sorvolo di quindici minuti, trasmise il fatidico messaggio: “Stato del cielo su Kokura coperto. Su Nagasaki coperto. Su Hiroshima sereno, con visibilità dieci miglia sulla quota di tredicimila piedi” e si allontanò come gli era stato ordinato. Convinto che quella fosse una missione di routine, rimase accecato e sbalordito nell’osservare dall’alto, lungo la rotta di ritorno, l’immensità ed il bagliore dell’esplosione ed attonito nel vedere scomparire, quella città, in una densa nube gialla. Ed una volta rientrato alla base, si rese conto dell’immane catastrofe, causata dalla deflagrazione.
In un’epoca ancora rigidamente divisa su due schieramenti contrapposti, Eatherly rappresentava per molti il “primo americano” a dire di no alla guerra ed al ricatto atomico. Il suo rifiuto acquistava una particolare risonanza, perché pronunciato da uno dei piloti, che avevano preso parte alla “missione Hiroshima” e che ora dichiarava pubblicamente di pentirsi di ciò che aveva fatto. L’interesse su di lui era, altresì, accresciuto dagli aspetti patologici e clinici della sua travagliata vicenda personale. A farne una figura emblematica, contribuì l’antitesi ideale creatasi con il criminale di guerra Otto Adolf Eichmann, che proprio in quel periodo veniva processato a Gerusalemme. Fu soprattutto lo scrittore e filosofo di origine tedesca, vissuto per molti anni in America e, all’epoca residente a Vienna, Günther Anders, che entrò in rapporto epistolare con lui nel 1959, quando il suo caso incominciava già a far parlare di sé, continuando a seguirlo ed a occuparsi di lui, anche nel corso degli anni successivi. Il carteggio tra Anders ed Eatherly, nel periodo 1959/1961, fu pubblicato, a cura dello stesso scrittore, in Germania e nei paesi anglosassoni, con una traduzione in italiano, dal titolo “La coscienza al bando”, del 1962. Più tardi l’ex pilota venne avvicinato anche dallo scrittore William Bradford Huie, giornalista e romanziere statunitense, autore di diversi reportages su problematiche politiche e sociali, al fine di ottenere il consenso alla consultazione di documenti personali, per ricostruirne la biografia. Il suo libro, del 1964, “The Hiroshima Pilot: The Case of Major Claude Eatherly”, dalla copertina italiana “Il pilota di Hiroshima”, voleva sfatare la leggenda che si era andata creando su quel personaggio, mettendo a nudo le debolezze ed i limiti personali dell’uomo Eatherly. Huie poté appurare e rettificare alcune inesattezze nella storia del pilota, inserendo un critico cuneo psicologico, relativamente ampio, tra il personaggio reale e la figura ideale che gli si era sovrapposta, non riuscendo però a provare, come avrebbe voluto, che quella conversione al pacifismo era fondamentalmente falsa e forzatamente costruita. Eppure, la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica americana, e non solo, riteneva che l’orientamento morale e politico in cui Eatherly, sotto la guida e la collaborazione di Anders, si stava muovendo, nella partecipazione al movimento antinucleare e pacifista, fosse di fondamentale importanza per il positivo raggiungimento dello scopo, nonostante un suo passato non propriamente limpido e lineare. Era nato, il 2 luglio 1918, nella cittadina texana di Van Alstyne. Figlio di agricoltori, era il più giovane di sei fratelli. A diciassette anni, volle iscriversi al “North Texas State Teachers’ College”, a Denton, ma non terminò mai gli studi. Aveva altre ambizioni e, nel dicembre del 1940, decise di arruolarsi in aviazione, frequentando la “US Air Force Officer Training School”, a Montgomery, in Alabama, dove, con il massimo dei voti, vestì i gradi di sottotenente il 15 agosto 1941. Doppiamente decorato al valore, nel 1944 entrò a far parte di un’unità prescelta per l’eventuale impiego della bomba atomica, in corso di programmazione e sperimentazione nella base statunitense di Los Alamos. Nel giugno del 1945 venne trasferito, con il suo gruppo, nell’isola del Pacifico ed il 6 giugno ricevette il compito di sorvolare, come già accennato, la città giapponese, per verificare le idonee condizioni meteo. Aveva dato il segnale di via libera e poteva, di conseguenza, considerarsi responsabile, in una certa misura, di quella distruzione. Pochi mesi dopo la fine della guerra, rientrò negli Stati Uniti e l’anno successivo, prese parte agli esperimenti di Bikini, attraversando con il suo aereo la nube atomica, poche ore dopo l’esplosione, per prelevare campioni di polvere radioattiva. Dopo essersi congedato, nel 1947 prese parte ad un misterioso affare di contrabbando, uscendone indenne, dal punto di vista giudiziario, avendo egli ricoperto un ruolo di scarsissima importanza. La sua storia non fu diversa da quella di moltissimi altri, ufficiali e soldati reduci, che avevano trovato serie difficoltà ad inserirsi nella vita civile. Incominciarono, in lui, a verificarsi segni di crescente squilibrio psichico e morale. I rapporti con Concetta Margetti, un’attrice italo-americana, che aveva sposato nel 1943 e gli aveva dato tre figli, si deteriorarono progressivamente. Nel 1950 venne ricoverato per la prima volta nell’ospedale psichiatrico di Waco, in Texas, un ente gestito da un’organizzazione di veterani, che gli riconobbe una parziale infermità mentale, motivatamente dipendente da cause di servizio, cosa che gli permise di ottenere un’ottima pensione. Eatherly commise, in quegli anni, una serie di reati, prima lievi, poi di maggiore entità. Nel 1953 si separò definitivamente dalla moglie e dai figli ed entrò nuovamente in ospedale. I due anni che seguirono, li trascorse in carcere, a New Orleans e nel 1956 compì una serie di tentativi di furto con scasso, ai danni di uffici postali del Texas, con la complicità di due ex militari, che aveva conosciuto in manicomio. Una volta tornato in libertà, i suoi misfatti assunsero un aspetto decisamente più patologico. Un giorno, in una drogheria, armato, costrinse il proprietario a vuotare interamente la cassa e se ne andò, senza toccare un solo centesimo. La cosa si ripeté più volte ed i suoi ricoveri divennero sempre più frequenti. Al processo, che gli venne intentato per i mancati furti, un giornalista volle mettere a confronto la condizione attuale dell’ex pilota con quanto era accaduto dodici anni prima. Uno psichiatra, sentito come testimone, parlò di “complesso di colpa” di cui era afflitto, per il “traumatico bombardamento”. Nel 1957, la curva terminale della parabola di disgregazione psichica e morale dell’uomo, coincise con i primissimi tentativi popolari di uscire dal clima soffocante della guerra fredda, con la nascita e lo sviluppo, appunto, dei primi movimenti pacifisti. In realtà, la politica atomica del governo americano, era già stata messa in discussione una quindicina di anni prima, quando salirono alla ribalta gli studi del fisico statunitense Robert Oppenheimer e del suo staff, anche se quelle voci, allora, erano isolate e prive delle condizioni necessarie, su cui basare un processo più radicale di ripensamento e di autocritica. Ma nel ’57, la coscienza pubblica era pronta ad accogliere le notizie su quel “particolare” uomo, come un primo segno di ravvedimento e di inattesa speranza. Il contatto con quella corrente di fiduciosi ideali, si ripercosse su Claude Robert Eatherly e determinò, in lui, un processo di rinnovamento e di chiarificazione, specie a partire dal 1959 quando, come si è visto, iniziò la sua corrispondenza con Anders. Dichiarò, alcuni anni dopo, alla stampa: “Sono per la pace, per la coesistenza, se possibile. Ma non sono per la pace ad ogni costo. Credo che ci siano mali peggiori della guerra, peggiori della morte, peggiori della morte di una città o di una nazione. Non sono qui per discutere di politica nucleare. In generale, difendo la politica nucleare dei Presidenti Roosevelt, Truman, Eisenhower e Kennedy [lett.]”.
La notizia che uno dei piloti di Hiroshima aveva sconfessato la propria azione ed era disposto ad impegnarsi ed a lottare per tutto ciò, suscitò una grande speranza tra i pacifisti ed i comunisti di tutto il mondo. E quelle azioni, anche se non del tutto lecite, che potevano essere state precedentemente commesse, nulla tolsero all’importanza ed all’euforia dell’evento. Il nome di Eatherly era legato a quel particolare momento storico. Egli rimase, simbolicamente, sul limitare di quella lotta, forse più per una concatenazione oggettiva di circostanze, che per un atto deliberato e consapevole della sua volontà. L’importante era che, con l’aiuto di un uomo di altissimo spessore socioculturale, come Günther Anders, egli riuscisse a trasmettere, al mondo intero, il suo “messaggio”.
Il caso Eatherly non poteva, del resto, che sorgere e svilupparsi in quegli anni. Anni che furono, per tanti paesi, una volta acquisita una fisionomia autonome, l’inizio dell’imponente contestazione della seconda metà degli anni Sessanta.