Da Bologna a Palermo, gli straordinari hotel storici italiani colpiti dalle bombe angloamericane
Se il territorio del Bel Paese rappresenta solo lo 0,5% della superficie terrestre, la concentrazione di storia e cultura che conserva lo rende uno dei luoghi più ricchi al mondo. Con circa 5.000 musei, quasi 300 aree archeologiche, oltre 500 complessi monumentali e la “bellezza” di ben 58 siti Patrimonio Unesco, l’Italia è un vero unicum di cui andare orgogliosi, un tesoro globale ben conosciuto già dal secolo scorso nonostante il crescente clima di follia bellicistica dell’Europa autoritaria degli anni ’30 e ’40.
Tra l’altro, va ricordato che grazie al fervore industriale, artigianale, sportivo, del commercio e delle arti, come pure in virtù di una prima strutturata modernizzazione della ristorazione e dell’accoglienza turistica, già da inizio ‘900 s’era avviata l’importante evoluzione del concetto di patrimonio culturale che, da nord a sud, non poteva più limitarsi alle sole antiche testimonianze stratificatesi lungo lo stivale nel corso dei millenni, ma doveva necessariamente iniziare ad includere le più recenti espressioni dell’esistenza umana. E di fatto, proprio durante la Seconda guerra mondiale, come previsto da tanti intellettuali e politici coevi, oltre ai più noti classici monumenti, i temuti bombardamenti aerei avrebbero deturpato o cancellato diversi simboli di un’Italia da tempo in movimento verso il futuro. In Campania, ad esempio, sparirono per sempre il famoso Caffè Vacca ed il moderno Stadio Ascarelli a Napoli, alcuni dei più recenti patrimoni culturali che completavano le antichissime bellezze urbane con le innovative espressioni “immateriali” delle neonate religioni ludiche e sportive. Tra questi nuovi gioielli italiani alcuni oggi testimoniano la propria presenza con l’assordante assenza della cancellazione o della profonda deturpazione.
È il caso dello storico Hotel Isotta & Genéve dello svizzero Aurelio Item e dell’italiano Salvatore Cappuccio, una rinomata struttura d’accoglienza diretta evoluzione del bellissimo Hotel de Genéve aperto a Napoli nel 1875 dalla famiglia Isotta. Un’architettura che dava lustro ad un’intera zona cittadina, quella di Via Medina, sconquassata dalle bombe e parzialmente trasformata, potremmo dire trasfigurata, nell’immediato dopoguerra anche a causa dell’abbattimento di quell’albergo di lusso che aveva visto tanti personaggi facoltosi fare passerella nel centro di Parthenope. Non solo in Campania, però, la cultura dell’accoglienza fu colpita al cuore. A Ferrara, infatti, un altro storico hotel, per fortuna oggi ancora “vivo e vegeto”, fu sfiorato dalle bombe cadute dal cielo da aerei a stelle e strisce. Parliamo dell’Hotel Europa, un antico palazzo nobiliare del XVI secolo nel cuore della città estense, sulla nota direttrice di Corso della Giovecca. Sorto a metà Ottocento nella sua più antica “forma”, dal genio del locandiere Luigi Parmeggiani, dopo poco tempo e con l’Unità d’Italia divenne anche un conosciuto ristorante. Un passato illustre da vero bene culturale, una residenza d’accoglienza arricchita da affreschi e pavimentazione tipica ferrarese in cotto. Come accaduto per l’Hotel Isotta & Genève di Napoli, anche l’Hotel Europa vide passare nei suoi saloni e camere i più importanti personaggi della scena politica e artistica dell’800 e del ‘900, tra cui si possono citare nomi del calibro di Verdi, Toscanini, D’Annunzio ed i Savoia. Ferito durante i bombardamenti del ’44, quelli che a Ferrara sfregiarono pure il Castello Estense ed il Palazzo dei Diamanti, l’Hotel Europa è per fortuna sopravvissuto alla furia bellica ed oggi permette un’esperienza unica di soggiorno che ricorda ai visitatori più attenti ciò che non si è perduto ma anche ciò che, in altri luoghi, è sparito. Tra questi anche lo storico Hotel Pedretti di Casalecchio del Reno, ridente cittadina della cinta metropolitana bolognese in cui nel 1907 la famiglia Pedretti, dopo aver avviato poco più che un ristorante a fine ‘800, approfittando della vendita di lotti edificabili da parte del Genio cittadino, realizzò una struttura d’accoglienza destinata a diventare uno dei riferimenti del circondario della “Turrita”, Bologna appunto. Distrutto dai tremendi attacchi aerei angloamericani del 1944, che trasformarono Casalecchio in un’altra Cassino, il Pedretti era luogo di ritrovo di menti del calibro di Giosue Carducci e Guglielmo Marconi, ma pure della squadra calcistica del Bologna, che aveva identificato in quella ridente struttura la dimora preferita per i ritiri di preparazione delle proprie partite casalinghe. Sorte più benevola, ma altalenante, per l’Hotel Palazzo di Livorno, una delle più belle strutture ottocentesche sorte dalla vivacità turistica interna e, localmente, dalla frequentazione della facoltosa borghesia nazionale ed internazionale nella terza città toscana. Inserito nel contesto dell’affascinante passeggiata che porta all’altrettanto nota architettura ottocentesca dell’Accademia Navale, l’hotel fu inaugurato nel 1884 e dato in gestione al facoltoso imprenditore Spatz, ma dopo circa dieci anni fu chiuso per fallimento. Riaperto nel 1904, subì danni gravi all’ala sud durante i primi “strike aerei” del 1940 ed anche dalla crisi commerciale dovuta alla guerra.
Anche in Sicilia furono sfregiati tanti simboli della bellezza italiana. A Palermo, per citare un episodio, il noto albergo di lusso Villa Igea, capolavoro architettonico in stile liberty, un piccolo castello delle fiabe affacciato sul mare, fu rovinosamente colpito il 25 settembre del 1941. Adagiata sul porto di Acquasanta, inaugurata il 19 dicembre del 1900 e poi diventata regno della famiglia Florio, la Villa fu curata maniacalmente da Donna Franca, la cosiddetta “baronessa” che trasformò tale luogo in iconica piazza del jet set internazionale. Nell’affascinante Salone degli Specchi, come pure nel suo ristorante di lusso, la baronessa fu capace di attirare personaggi del calibro di re Edoardo VII d’Inghilterra, dello zar di Russia, del Kaiser Guglielmo II, del Duca d’Orléans, della famiglia Rothschild, dei reali spagnoli e di quelli del Principato di Monaco, ma riuscì anche ad attrarre le più note stelle dello star system hollywoodiano tra cui ricordiamo Paul Newman e Greta Garbo.
Una storia, quella degli hotel storici italiani, da inserire di diritto tra le righe dei nostri più noti beni culturali distrutti o feriti dalle bombe, episodi da ricordare perché le eccellenze del Bel Paese non sono tutte fatte di marmo antico e colori sbiaditi. Alcune, signori miei, hanno i colori e gli odori della modernità e delle nuove tradizioni umane.