Ventata di cambiamento con le elezioni in Colombia: la speranza arriva da Petro e Marquez
“Questo è il giorno del popolo”. Con questa affermazione il neoeletto Presidente della Colombia, Gustavo Petro festeggia la vittoria al ballottaggio sul candidato Rodolfo Hernández, magnate populista.
Dopo aver ottenuto il 50,47% dei consensi, Petro entrerà in carica a luglio e al suo fianco come Vicepresidente avrà Francia Márquez, prima donna di colore a svolgere questa funzione.
E’ una vittoria storica quella del Senatore Gustavo Petro, economista 62enne ex Sindaco di Bogotá e leader della coalizione Pacto Historico, che per la prima volta nella storia del Paese sudamericano, vede un politico di sinistra ricoprire la più alta carica dello Stato.
Non è un compito facile quello che attende i nuovi eletti, la Colombia dal 1948 è devastata da tumulti sociali e guerriglie che hanno portato il Paese all’attuale scontro tra il Governo e gruppi paramilitari da un lato e potenti trafficanti di droga e gruppi guerriglieri comunisti dall’altra. Le conseguenze sono decine di migliaia di morti e persone scomparse, sfollati e perseguitati che hanno reso la Colombia uno dei Paesi più violenti e meno sicuri al mondo.
Anche queste elezioni si sono svolte in un clima sociale esasperato tra minacce di morte, omicidi, intimidazioni e violenze di vario genere e proprio Petro è scampato ad un attentato da parte del gruppo paramilitare Cordillera. Gli elettori colombiani, sfiniti dalla crescente disuguaglianza sociale, da un’inflazione che sembra inarrestabile e dalla violenza quotidiana, hanno punito con il loro voto i partiti di centro e di destra che governavano il Paese da tanti anni, affidandosi alla promessa di cambiamento della coalizione di sinistra.
La povertà sta mettendo in ginocchio il Paese, nonostante la Colombia possa vantare significative esportazioni di caffè, di fiori, di carbone e di petrolio. La maggior parte delle risorse del bilancio dello Stato sono assorbite dalle spese militari, che devono sostenere l’esercito più numeroso del continente, in relazione al numero di abitanti, impegnato contro forze e guerriglie armate.
Altra ventata di cambiamento di queste elezioni è rappresentata dalla nomina a Vicepresidente di Francia Marquez, 40enne femminista, madre e attivista ambientale che, dopo essere scampata a un attacco armato perché contraria all’estrazione mineraria nel Paese, ha incentrato la sua campagna elettorale sullo slogan “In nome di nessuno”, impegnandosi a dar voce ai chi fino ad ora non l’aveva mai avuta, a “coloro che non sono niente, coloro la cui umanità non è riconosciuta, coloro i cui diritti non sono considerati”.
Sarà la prima Vicepresidente afroamericana e molto fiera di esserlo. Il 10% dei colombiani è di discendenza africana, ma pochissimi di loro, nel tempo, hanno ricoperto cariche di potere e ancor meno le donne. Nel Governo uscente c’è una sola donna afroamericana e in tutto il Parlamento, su 300 fra Senatori e Deputati, le rappresentanti di colore sono solo due.
Ecco perché l’elezione di Francia Marquez alla vicepresidenza assume un significato anche simbolico importantissimo dal punto di vista politico, sociale e culturale in un Paese dove il razzismo appare forte e radicato.
Durante il discorso seguito alla vittoria, Petro ha fatto appello all’unità e ha invitato critici e oppositori a collaborare per ridare un nuovo slancio alla Colombia. Ha promesso che non ci saranno più persecuzioni politiche, né legali, che tutto sarà basato sul dialogo e sul rispetto e che saranno ascoltati tutti, anche quella maggioranza silenziosa di contadini, indigeni, donne e giovani che fino ad ora è stata considerata solo poco più che un numero. Sembra buona questa aria di cambiamento in Colombia. Davvero buona.